Santi Pietro e Paolo Apostoli

At 12,1-11 Sal 33 2Tm 4,6-8.17-18 Mt 16,13-19

Clerus
29 giugno 2025

«Questi martiri videro quello che annunziarono,

per aver assecondato la giustizia,

proclamando la verità,

morendo per la verità»,

Sant’Agostino, Discorso 295, 1.1

Gli inizi

Ogni albero ha le sue radici, ogni costruzione poggia sulla sua base, ogni Tempio sulle sue colonne. Tutto comincia da qualche parte. Questo vale anche per la realtà divino-umana della Chiesa: Dio entra nella storia e opera attraverso l’umanità. In particolare oggi celebriamo l’umanità di Pietro e di Paolo, attraverso cui Dio ha posto le fondamenta della sua Chiesa.

Due storie diverse, due modi di vivere la relazione con Cristo, due personalità che hanno sperimentato anche il conflitto e la differenza di opinioni. Nella Chiesa ci possiamo stare proprio tutti con i nostri percorsi, con i nostri limiti e i nostri fallimenti.

Oggi contempliamo questi inizi della Chiesa perché è inevitabile che in quello che è fiorito ci sia il sangue di questi apostoli. In loro contempliamo anche tutti coloro che hanno dato la vita, lungo la storia, per nutrire la Chiesa e permetterle di crescere.

Dal fallimento all’amore

L’incontro di Pietro con Gesù è segnato dall’esperienza del fallimento: Gesù lo chiama proprio in quel mattino in cui sta sistemando le reti dopo che per tutta la notte ha provato inutilmente a pescare. Il suo cuore era vuoto come le sue reti, eppure Gesù è entrato in quel vuoto e lo ha riempito. Pietro ha cominciato a seguire Gesù pensando che con le sue forze poteva farcela, contava su di sé e sul suo entusiasmo. Tante volte ha frainteso le parole del maestro, a volte ha intuito, a volte ha sbagliato. Per arrivare a seguire veramente Gesù, ha dovuto fare l’esperienza della sua vulnerabilità, si è scoperto traditore e vacillante, si è lasciato andare al pianto per poter vedere meglio.

Una storia così potrebbe sembrare una storia sbagliata, che non doveva arrivare da nessuna parte. E invece, ancora una volta, Gesù lo ha incontrato nel suo fallimento e lo ha aiutato a ridare senso al suo cammino. Pietro si è sentito amato. Gesù risorto non ha indagato sui suoi cedimenti, ma lo ha invitato a ripartire dall’amore. Alla fine della sua vita, Pietro capisce che si può seguire Gesù solo quando ci si sente perdonati.

Decidersi per Cristo

Insieme a Paolo capisce che il Vangelo va annunciato a Roma, perché in quel momento quella città era il mondo, cioè il luogo a partire dal quale il Vangelo poteva diffondersi dappertutto. Quando Pietro tenterà di allontanarsi da Roma per sfuggire alla persecuzione, secondo un’antica tradizione, incontrerà Gesù lungo la strada. Pietro allora gli chiederà: quo vadis? Dove vai? La risposta di Gesù gli trafiggerà il cuore: «vado a morire ancora una volta». Pietro allora si deciderà finalmente a riconsegnare la sua vita e tornerà indietro verso il martirio.

Grazia e libertà

La storia di Paolo è molto diversa, prima di tutto perché non ha incontrato Gesù nella sua vita terrena. La cifra di Paolo è certamente la radicalità della conversione: da persecutore ad apostolo. È il segno che quello che siamo può essere messo a servizio di una causa diversa. Noi siamo sempre gli stessi, ma cambia lo scopo della nostra vita. Paolo è un uomo pieno di zelo, energico, sicuramente con qualche tratto di narcisismo, certamente nato per essere un leader. La sua storia dimostra che non c’è alcun determinismo nella nostra vita, ma si può sempre scegliere l’indirizzo che vogliamo dare al nostro percorso.

Cadere e rialzarsi

Paolo viene scaraventato a terra e quella caduta diventa l’occasione per accogliere la grazia. Può capitare a chiunque di essere buttato a terra dagli eventi della vita. Ci capita di cadere. La storia di Paolo ci insegna a non guardare solo in modo negativo a questi eventi, perché possono essere occasioni in cui Dio ci raggiunge. Accettare la verità, vedere come stavano veramente le cose, non era scontato per Paolo. Significava mettere in discussione una vita intera, la sua storia, le sue scelte. Significava ricominciare da capo. Imparare come un bambino, farsi accompagnare per mano. Dovrà affrontare la diffidenza di chi lo conosceva come un persecutore, dovrà sfidare il pregiudizio.

Il suo ministero lo porterà a costruire delle comunità che non sempre saranno riconoscenti nei suoi confronti. Comunità che non sempre daranno i frutti sperati. Ma Paolo ha imparato che il suo compito è seminare. Ci insegna cosa voglia dire veramente essere apostolo di Cristo in ogni tempo.

Celebrare queste due figure significa oggi contemplare le nostre origini, nella consapevolezza che in quegli inizi c’è molto di noi. Soprattutto ci insegnano l’amore per Cristo, un amore senza limiti, disposto a dare la vita.

Leggersi dentro

-             Qual è il mio compito a servizio del Vangelo?

-             Sono disposto a dare la mia vita per Cristo?