Dedicazione della Basilica Lateranense

Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 2 Ts 2, 16 - 3, 5; Gv 2, 13-22.

Clerus
09 novembre 2025

«E chi è divorato dallo zelo per la casa di Dio?

Colui che quando vede che qualcosa non va,

si sforza di correggerla, cerca di rimediarvi,

non si dà pace: se non trova rimedio,

sopporta e geme»,

Sant’Agostino, Omelia 10,9

 

 

La casa siamo noi

Una delle prime cose che i bambini disegnano è la casa, probabilmente perché ci si rivedono. È un’immagine su cui proiettano il modo in cui si sentono. La casa è il luogo dove vivono e quindi la identificano con la vita stessa. La casa è lo spazio delle relazioni e quindi essa stessa diventa il simbolo delle relazioni che vivono all’interno della casa.

Anche da adulti potremmo continuare a disegnare la nostra casa, pensandola come l’immagine della nostra vita: come sarebbe? Una casa col comignolo fumigante, segno che dentro c’è vita, oppure una casa dove le porte e le finestre non hanno aperture o maniglie, forse per dire che non vogliamo presenze estranee nei nostri confini? A volte il tetto della casa è sconquassato, ma non ce ne rendiamo conto, a volte c’è bisogno di realizzare qualche riparazione, ma non ne abbiamo voglia…

 

Una casa che unisce

Questa relazione tra la casa e il corpo ci può essere d’aiuto per entrare in questa festa della dedicazione della Basilica Lateranense, una festa antica che ricorda la consacrazione della Basilica a Cristo Salvatore, ma soprattutto è una festa che parla di unità, di un centro: la casa diventa segno di unità con il Papa. Proprio come un corpo che non ha delle membra isolate, ma unite.

 

La casa come un corpo

La casa è immagine del corpo. Il fondamento di questa immagine sta innanzitutto nelle parole che Gesù utilizza per parlare di se stesso: «Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”» (Gv 2,19). Il Tempio ricostruito da Erode, e che effettivamente sarà distrutto qualche decennio dopo dai Romani, diventa immagine del corpo di Gesù che si lascia distruggere per amore, ma che risorge dalla morte. È la dinamica pasquale che riviviamo ogni volta che la vita ci chiede di morire per amore: chi dona la vita, poi la ritrova.

Con questa immagine, Gesù ci invita anche a riconoscere il vero luogo del culto: la casa deve rimandare al corpo. È in Gesù che possiamo vivere il culto spirituale a Dio, è nel Figlio che incontriamo il Padre. Una basilica, per quanto bella, rimane vuota e inutile se non accoglie la presenza di Cristo. E, al di là, del luogo fisico, è in Gesù che possiamo pregare il Padre, quando cioè abitiamo la relazione con lui. È Gesù il vero Tempio che ospita e ci mette in relazione con il divino.

 

Casa o mercato

Casa è la Chiesa se e quando fa passare l’acqua che risana, cioè i sacramenti: «Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà» (Is 47,9). Quest’acqua che risana e dà vita è immagine dei sacramenti, attraverso cui la grazia arriva a ogni uomo. Ma la Chiesa è fedele a questa sua vocazione? Oppure viviamo la dinamica del mercato che suscita l’ira di Gesù?

Il mercato è il luogo degli affari, lo spazio che utilizziamo per curare i nostri interessi. Capita infatti che le cose sacre, il ministero, l’annuncio del Vangelo, vengano usati per i nostri interessi e non per portare Gesù Cristo. Anche oggi la Chiesa è occupata talvolta dai cambiavalute: al tempo di Gesù erano coloro che nel Tempio, quando bisognava acquistare gli animali per offrirli in sacrificio, erano a disposizione per sostituire le monete romane, che recavano l’immagine dell’imperatore e quindi erano impure e pagane, con monete provenienti da Tiro. Sebbene facessero passare la cosa come una questione rituale, in realtà le monete di Tiro avevano una maggiore quantità di argento e quindi i venditori ci guadagnavano. Dovremmo veramente interrogarci se anche noi non stiamo ingannando la gente, utilizzando le cose di Dio solo per guadagnarci.

Se arriviamo a trasformare la casa di Dio in un mercato, ciò è dovuto al fatto che prima di tutto abbiamo trasformato la nostra vita in un mercato, dimenticandoci che siamo noi stessi tempio di Dio e che lo Spirito abita in noi (cf 1 Cor 3,16): ci vendiamo, facciamo di noi una merce, offriamo prestazioni solo per poterci guadagnare…un po’ di visibilità, un po’ di considerazione, un po’ di affetto. Chi trasforma la propria casa in un mercato, non si farà certo scrupolo a trasformare in un mercato la casa di Dio!

 

Leggersi dentro

  • In che condizioni è la casa che rappresenta la tua vita?

  • Come vivi la tua appartenenza alla Chiesa?