XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Gn 18, 20-32; Sal 137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13.

Clerus
27 luglio 2025

«La preghiera è un grido che si leva al Signore; […].

Se si grida col cuore, per quanto la voce del corpo resti in silenzio,

il grido, impercettibile all'uomo, non sfuggirà a Dio».

Sant’Agostino, Discorso 29,1

 

Come bambini

Nella storia di ogni essere umano c’è un’esperienza di dipendenza e di accudimento necessaria per la nostra sopravvivenza che viviamo nei primi anni di vita e che rimane impressa nella nostra memoria affettiva.  Possiamo proseguire nei nostri giorni perché, in un modo o in un altro, qualcuno si è preso cura di noi. Ogni volta che dimentichiamo questa dimensione costitutiva della nostra esistenza, illudendoci di essere autosufficienti, ci costringiamo dentro un copione che ci impedisce di comprendere quello che siamo veramente. Diventiamo diffidenti, presuntuosi e incapaci di relazione. D’altra parte, è anche vero che questa dipendenza costitutiva rappresenta un rischio: se il bambino non può decidere da chi farsi accudire, l’adulto è, invece, colui che impara a gestire questa mancanza che rimanda continuamente a un altro.

Padre

Nella preghiera siamo ricondotti a questa esperienza inziale della nostra vita. Forse anche per questo Gesù ci invita a diventare bambini o a essere come loro (cf Mt 18,3), altrimenti sarebbe impossibile riconoscere la relazione con il Padre e lasciarsi amare da lui. Nella preghiera impariamo però anche a vedere i nostri desideri più autentici e ci educhiamo a metterli nelle mani di colui che può prendersene cura veramente. Nella preghiera decidiamo da chi dipendere.

Ecco perché la prima parola che Gesù ci invita a pronunciare nella preghiera è proprio il termine Padre. Questo vocabolo rimanda all’esperienza iniziale di accudimento, quindi alla dimensione del genitore: colui che mi ha generato e che si impegna a fare in modo che io possa vivere. Dio si presenta come Padre perché è colui che mi difende, permette che io cresca, mi conferisce un’identità. Sono figlio suo, gli somiglio, sono come Lui.

Le cose da chiedere

Gesù ci insegna a pregare, perché effettivamente in tale modo si impara a costruire e portare avanti una relazione. Come il bambino, anche noi abbiamo bisogno di essere educati. Gesù insegna ai discepoli a chiedere le cose più importanti, quelle essenziali. Nella preghiera, infatti, conosciamo meglio noi stessi, comprendiamo cosa ci manca veramente, scopriamo sempre di più la nostra identità di figli amati.

Prima di tutto chiediamo che il nome di Dio sia santificato, chiediamo cioè che Dio sia conosciuto e amato. Dunque, il primo passo della preghiera è quello di mettersi da parte, per riconoscere che noi non siamo Dio e non siamo il centro dell’universo, ma c’è un Padre che pensa e ama ogni uomo. In questa richiesta c’è anche la nostra vocazione, perché ogni uomo è chiamato a far conoscere Dio, anche semplicemente perché la mia esistenza parla di Lui: se Dio non ci fosse, io non sarei qui! La mia vita è quindi un continuo canto di lode a Dio. Egli è il Creatore che genera e benedice il mondo costantemente.

Anche la seconda richiesta riguarda Dio, ovvero il suo regno: chiediamo che la sua volontà si realizzi nel mondo, non perché siamo sottomessi, ma perché questa volontà è il bene per ogni uomo. Invocare il regno significa pregare per la giustizia, per la pace e per la misericordia, come anche chiedere una purificazione del potere, che nelle mani degli uomini può venire esercitato in maniera arbitraria e iniquo. Chiediamo allora che chi amministra il potere possa farlo secondo il cuore di Dio.

Le cose della vita quotidiana

Solo la terza domanda riguarda specificamente la nostra vita: chiediamo il pane che ci serve ogni giorno. Non reclamiamo che i nostri depositi siano pieni, in modo da garantirci il futuro, ma ci affidiamo alla provvidenza. Non c’è motivo di temere che il Padre non provveda a noi domani. Mettiamo davanti a lui i nostri desideri di oggi, quello che adesso mi manca, i bisogni di questo momento.

Anche se non sempre ne siamo consapevoli, l’altra cosa essenziale che dobbiamo chiedere per vivere è il perdono. Questa supplica ci aiuta a comprendere che siamo tutti vulnerabili, ma anche che tutti possiamo sbagliare. Le relazioni, la comunità, la Chiesa non possono andare avanti senza il perdono. La mancanza di perdono distrugge la vita, non solo quella degli altri, ma anche la nostra. Quando non perdoniamo ci togliamo l’ossigeno da soli e costringiamo la nostra interiorità a vivere dentro un ambiente tossico.

Infine, riconosciamo che la nostra vita è segnata dall’esperienza del male. Nella preghiera diventiamo ancora più consapevoli della nostra fragilità creaturale segnata dal peccato: da soli non ce la facciamo a combattere la lotta contro il male. Abbiamo bisogno della grazia. Come un bambino che sta imparando a scrivere, non può che tentare uno scarabocchio se la mano del maestro lascia la sua, così anche noi non possiamo fare nulla di sensato se la grazia di Dio non ci sostiene. Ogni volta che preghiamo, impariamo, dunque, chi siamo noi, da dove veniamo, e qual è nostro posto nel mondo.

Insistere

Potrebbe sorprenderci questo invito di Gesù a insistere nella preghiera, ma il testo della Genesi ci può aiutare a comprenderlo meglio. Anche l’ostinazione svela qualcosa di noi stessi. Dio a volte non risponde subito, non solo perché non è detto che quello che chiediamo sia il nostro bene, ma anche perché insistendo facciamo anche noi un cammino educativo: emergono i nostri desideri più autentici, la nostra richiesta viene in qualche modo purificata. Come scrive san Gregorio Magno: «Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l’oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri».

Uno spreco

In questo cammino interiore abbiamo tempo per riflettere meglio, per capire cosa vogliamo e per riconoscere se si tratta effettivamente di un bene. Anche se in apparenza la preghiera sembra uno spreco di tempo, in realtà, anche quando non accade niente, avviene comunque uno svelamento del cuore.

D’altra parte, la preghiera è il tempo per stare con la persona più importante della nostra vita. Quando stiamo con una persona a cui vogliamo bene, non ci interessa necessariamente di come impieghiamo il tempo. Ciò che conta è stare insieme. È la bellezza del tempo condiviso. Nella preghiera dovrebbe accadere lo stesso: ciò che conta è stare con Dio.

Leggersi dentro

-       Quali sono le domande presenti nella tua preghiera?

-       Con quali sentimenti e atteggiamenti vivi il tempo che dedichi a stare con Dio?