La formazione non finisce con l’ordinazione
Tanti preti sono «pastori generosi e fedeli, e non di rado anche eroi», ma molti «sono stanchi e scoraggiati, spiazzati dalle sfide della società odierna e dal carico che essi portano». Lo ha sottolineato il cardinale Lazzaro You Heung- sik, prefetto del Dicastero per il clero, aprendo stamane all’auditorium Conciliazione il convegno internazionale per la formazione permanente dei sacerdoti. Tema dei lavori, che si concluderanno il 10 febbraio, «Ravviva il dono di Dio che è in te (2 Tm 1, 6)».
Proprio partendo dalla realtà della vita e della missione presbiterale, il porporato ha evidenziato l’importanza di offrire al clero «sostegno e accompagnamento e quindi l’istanza della formazione permanente». Un’espressione che, ha riconosciuto, non sempre «incontra la simpatia» dei preti e che va riempita «di un contenuto più completo che dice attenzione a ogni sacerdote, accompagnamento e cura, a cominciare dai bisogni più concreti».
Nasce da queste considerazioni l’iniziativa del convegno, rivolto ai formatori che sono «già all’opera per aver cura dei sacerdoti». I partecipanti, ha specificato il porporato, non sono venuti «semplicemente per imparare, ma come costruttori e protagonisti». Ciascun relatore, ha osservato, «è un esperto e porta un’esperienza». Anche per questo l’incontro «segue il più possibile uno stile laboratoriale, partecipativo e sinodale»: non pensa di poter «dare risposte a tutte le domande e per tutte le situazioni, ma confida nella creatività della condivisione fraterna».
Il cardinale coreano ha spiegato la genesi dell’iniziativa, rivelando che il cammino verso il convegno «è cominciato già mesi fa con un sondaggio sulla situazione della formazione permanente», rivolto alle diocesi. Dall’indagine sono emerse «le criticità, le necessità, i punti di forza e le buone pratiche».
Il prefetto ha poi ricordato che ogni sessione dell’incontro inizia con la parola di Papa Francesco, il quale si fa presente attraverso un video che da il “la” ai lavori e al quale seguono due brevi relazioni. Non si tratta di «splendidi trattati presentati da relatori che pensano di avere la ricetta in tasca»; piuttosto esse partono «dal vissuto, dalle criticità», cercando «di offrire piste di ricerca e di azione». Per questo, dopo le relazioni iniziali, i partecipanti sono invitati a fermarsi per alcuni minuti di riflessione personale.
Si parla anche «di buone pratiche» ha aggiunto il porporato: non sono certamente «le uniche e forse neppure le migliori», ma sono quelle che «siamo riusciti a conoscere, cercando di dare spazio alle varie aree geografiche». È questa, ha puntualizzato, una via nuova che «stiamo cercando di percorrere: raccogliere e far circolare buone pratiche». Ed è quello che «ci proponiamo di fare anche attraverso il nuovo sito del Dicastero per il clero» che viene presentato nei giorni del convegno.
Convinto che ci siano «tante altre buone pratiche e magari anche più significative», il cardinale ha invitato i partecipanti a comunicarle, durante i lavori e anche dopo. Potranno essere condivise nel corso degli incontri per gruppi linguistici nella parte finale di ogni sessione o essere messe per iscritto e inviate all’indirizzo mail comunicazione@clerus.va.
Successivamente è intervenuto il cardinale Lui Antonio Tagle, pro-prefetto per la Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari del Dicastero per l’evangelizzazione. Esprimendo anzitutto compiacimento per il fatto che la parola “formazione” non venga «più identificata solo con gli anni trascorsi in seminario», ha spiegato come quest’ultima sia una tendenza che ancora oggi persiste e abbia creato «l’idea sbagliata che l’ordinazione segni il traguardo della formazione»: ciò erroneamente «significa niente più studio, niente più preghiera, niente più direzione spirituale, niente più guida, niente più stile di vita semplice, niente più disciplina».
La posta in gioco, dunque, è come si possono «condurre i ministri ordinati che pensano di non aver più bisogno di formazione a una sana accettazione» della necessità della stessa. Dato che si è al servizio di Dio e della Chiesa, ha ricordato Tagle, «abbiamo bisogno di essere continuamente formati». Questa umiltà, ha aggiunto, «aiuterà i ministri ordinati a recuperare nuova energia e ad evitare un falso senso di superiorità e di diritto»; al tempo stesso, la Chiesa «riceverà anche il servizio di qualità che merita».
Il porporato si è poi detto lieto che «oggi nel mondo ci sia stato un rinnovato apprezzamento dell’identità e della diversità culturale». In tal senso, il contributo delle «scienze sociali può aiutare nella comprensione teologica dell’unica Chiesa universale che esiste dentro e fuori le Chiese locali». E anche se nella società contemporanea si assiste alla «tendenza ad assolutizzare e glorificare la propria cultura, con la conseguenza di essere ostili e perfino violenti nei confronti» di quanti appartengono ad altre, va evidenziato il fatto che molti sacerdoti sono «vicini alle persone che soffrono, soprattutto alle vittime del pregiudizio, della discriminazione, della guerra, della tratta di esseri umani, e ai rifugiati».
In conclusione il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, ha salutato i presenti rivolgendo un caloroso saluto ai presbiteri di tradizione orientale e assicurando la vicinanza di Papa Francesco e il «profondo senso di affetto» per la difficile situazione che tanti di loro stanno vivendo nelle zone del mondo afflitte dalla guerra, strappati ai loro affetti e «sempre pronti con la valigia in mano» a dover migrare in terre lontane dove conducono una vita di disagio di fronte a culture e abitudini diverse. Ma è proprio nel dolore, ha ripreso il porporato, che paradossalmente si avverte la misericordia di Dio.
Il concetto di “paradosso” è spesso presente nei brani dei riti orientali, uno dei quali è stato letto dal cardinale proprio per spiegare come l’anima esacerbata accetti la sua sofferenza non «per masochismo» ma perché sa che da essa, dal suo grembo, si elabora la futura felicità. La povertà, il dolore sono infatti una vera e propria “grazia”, ha ribadito Gugerotti. E da essa «deve partire il nostro ministero di sacerdoti, in quanto siamo annunciatori di una buona notizia» che dallo sconforto fa poi passare a «cantare la grandezza di essere redenti in un afflato di vita». Pur nelle difficoltà, ha proseguito, si può comunque respirare un’atmosfera serena, data dal far parte di una comunità dove ognuno, nell’emergenza, aiuta l’altro: così si sconfigge la disperazione, come Gesù sconfigge l’Ade nel rito pasquale bizantino.
Il “paradosso”, ha rimarcato il cardinale prefetto, deve essere quindi la “bussola” che guida il cammino sacerdotale, secondo uno stile «che è quello dell’incontro, del buon samaritano», dove alle parole che convertono si unisce il «respiro nuovo di Dio». È Lui a salvare ogni giorno «ravvivando la nostra fede, il nostro fuoco sacro» che i sacerdoti tutti sono chiamati ad alimentare.
Al termine della sessione introduttiva, i partecipanti al convegno hanno raggiunto la basilica Vaticana per partecipare alla messa presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin.
(Dall'Osservatore Romano)