Ascensione del Signore - Anno C
At 1, 1-11; Sal 46; Eb 9, 24-28; 10, 19-23; Lc 24, 46-53.

«Tu che tutto questo hai sopportato per noi,
tu che hai dormito
e tuttavia non ti addormenti,
custode d’Israele;
tu infine che Giuda vendette,
i Giudei comprarono
ma non possedettero;
tu che sei stato preso,
legato, flagellato, coronato di spine,
sospeso alla croce, trafitto dalla lancia;
tu che sei morto e sei stato seppellito:
Innalzati sopra i cieli, Dio».
Sant’Agostino, Discorso 262, IV.4
Diventare adulti
Prima o poi dobbiamo diventare adulti, anche nella fede. Siamo stati accompagnati, custoditi, formati, ma poi arriva il momento in cui dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. La tentazione, anche oggi, è quella di non diventare mai grandi.
Anche la prima comunità cristiana si trova a vivere un passaggio verso la maturazione: Gesù, con la sua presenza fisica in mezzo a loro, li ha aiutati a crescere: hanno percorso la strada insieme al maestro, hanno fatto esperienza della potenza della sua parola. Adesso inizia un tempo nuovo, nel quale dovranno imparare a vivere la relazione con Gesù in un modo diverso.
Attesa e discernimento
I passaggi della vita non avvengono mai automaticamente. La prima indicazione che i discepoli ricevono dal Risorto è quella di non muoversi: devono fermarsi a Gerusalemme, perché devono attendere il dono dello Spirito Santo. È possibile infatti che in questi frangenti, nelle fasi di passaggio, siamo portati a reagire d’impeto, prendendo decisioni affrettate.
I discepoli hanno bisogno del dono dello Spirito, anche perché mostrano di essere ancora ampiamente condizionati dalle loro visioni umane: davanti alle parole di Gesù, continuano a chiedere se quello è finalmente il tempo in cui il Signore ricostruirà il Regno d’Israele! (cf At 1,6). Fanno ancora fatica ad aprirsi alla visione universale dello Spirito.
Figli che tornano
L’opera di Luca ci fa vedere come la fine (il racconto dell’ascensione nel Vangelo) sia sempre anche l’inizio di qualcosa di nuova (il racconto dell’ascensione negli Atti).
Sia nel Vangelo che negli Atti Luca insiste molto sull’immagine del ritorno di Gesù al Padre. Evidentemente questa immagine richiama una parabola tipicamente lucana, quella del figlio che ritorna nella casa del padre misericordioso, ma richiama anche la figura di Adamo che può ritornare nel Paradiso che Dio ha pensato per lui. In questa immagine possiamo rivederci anche noi: siamo noi i figli che finalmente possono ritornare nella casa del Padre.
La vita come lode
Questo passaggio che siamo chiamati a compiere nella nostra vita per mezzo dello Spirito che Gesù ci ha donato vuole farci entrare in un modo nuovo di vivere l’esistenza. Spesso infatti viviamo la vita come ripiegamento, come lamento e delusione. Se invece guardiamo al modo in cui Luca costruisce questo passaggio della prima comunità, ci accorgiamo che siamo invitati a vivere la nostra vita come una grande liturgia.
Gli ultimi versetti del Vangelo di Luca sono costruiti infatti sullo schema di una liturgia, proprio perché vogliono introdurci in un modo nuovo di guardare alla vita. In alcuni codici, questi versetti si concludevano con la parola Amen, proprio come alla fine di una preghiera. Leggiamo questi versetti alla luce anche dei capitoli nove e dieci della Lettera agli Ebrei, dove siamo invitati a entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù! (ct Eb 10,19).
L’annuncio
Il testo del Vangelo di Luca comincia con un annuncio: «Così è scritto…» (Lc 24,46). Le parole di cui ci nutriamo cambiano la nostra vita. Spesso ritorniamo su pensieri falsi e deprimenti. L’annuncio che apre questa liturgia è invece il ricordo di essere amati da Dio: non sempre è facile sentire questo amore, talvolta ci sentiamo abbandonati e soli. Proprio per questo è necessario ritornare continuamente ad ascoltare queste parole.
L’epiclesi
Da soli ci perdiamo. Facilmente dimentichiamo. Per questo, il momento dell’annuncio è seguito dall’epiclesi, l’invocazione dello Spirito Santo (cf Lc 24,49). All’inizio degli Atti degli Apostoli, Luca ricorda con insistenza che lo Spirito è su di noi. Come il Padre ha compiuto la promessa di mandare il Figlio, ora quella promessa si compie nell’invio dello Spirito. Il Figlio è il sacerdote che invoca su di noi questo dono: «abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio» (Eb 10,21).
La testimonianza
Questa epiclesi ci rende testimoni (cf Lc 24,48). Non saremmo capaci di annunciare l’amore in questo mondo di dolore se non fossimo sostenuti dall’azione dello Spirito. È il compito che Gesù affida ai discepoli (cf At 1.8).
Di cosa siamo testimoni? Ma soprattutto in che modo potremo testimoniare? La Chiesa nasce plurale. È una comunità che testimonia. E siamo chiamati a farlo prima di tutto e fondamentalmente attraverso le relazioni che viviamo tra noi. Non possiamo testimoniare un Dio che è comunione se tra noi imperversa la divisione, non possiamo testimoniare un Dio che è perdono se tra noi ha gioco facile il rancore e l’intolleranza, non possiamo testimoniare la piccolezza di Dio se tra noi ci divoriamo per conquistare briciole di potere.
La benedizione
E sulla nostra vita, così com’è, con i nostri fallimenti e le nostre ambiguità, Gesù dona la sua benedizione (cf Lc 24,50). È una benedizione che va accolta, occorre lasciare che quella benedizione entri e plasmi la nostra vita: i discepoli non solo si prostrarono davanti a lui per accogliere quella benedizione, ma tornano a Gerusalemme. C’è una conversione in atto, proprio come era avvenuto per i discepoli di Emmaus.
Questa liturgia di lode dunque non termina, perché i discepoli, dice Luca, stavano sempre nel Tempio lodando Dio (Lc 24,53). La vita si è trasformata e, nonostante le persecuzioni e le accuse, è diventata una permanente liturgia di lode.
L’Amen
Il Vangelo vuole dunque condurci qui, vuole portarci a trasformare la nostra vita in una permanente liturgia di lode. Nonostante le fatiche, davanti allo spettacolo del male che sembra trionfare, noi siamo invitati ad alzare lo sguardo. Amen, allora, così sia la mia vita, possa diventare lode perché il Signore, vincitore della morte, non mi ha mai abbandonato!
Leggersi dentro
- La tua vita è un lamento o una liturgia di lode?
- In che modo ti stai impegnando a vivere il tuo compito di testimone di Cristo?