IV Domenica di Quaresima – Anno C

Gs 5, 9. 10-12; Sal 33; 2 Cor 5, 17-21; Lc 15, 1-3. 11-32.

Clerus
30 marzo 2025

«Ma, come quel figlio minore, hai pascolato i porci;

ecco hai perduto tutto,

sei rimasto indigente e sei tornato tardi e sfinito.

Comprendi ora come quel che il Padre ti dava,

lo custodiva egli stesso con più sicurezza»,

Sant’Agostino, Discorso 177,9

Perduti e ritrovati

Tutti ci perdiamo. Succede. E ci perdiamo per lo più in modi diversi. La pecora, per esempio, si perde perché è stanca o perché si è fermata a brucare l’erba. La moneta invece si perde perché altri l’hanno dimenticata. Ma ci si può perdere anche perché si decide di andarsene da una relazione o, peggio, si può rimanere in una relazione sebbene il cuore sia altrove. La pecora però può belare per richiamare l’attenzione, la moneta deve aspettare che qualcuno la ritrovi. Chi si perde in una relazione può invece decidere di tornare.

La buona notizia del Vangelo è che in qualunque modo ci siamo perduti, c’è sempre qualcuno che ci sta cercando: un pastore, una donna, un padre. E Dio è così, è uno che non smette mai di cercare chi si è perduto.

Ribelli o servi

La parabola del Vangelo di Luca è raccontata per coloro che non si rendono conto di essersi persi. Il figlio minore somiglia molto a un bambino capriccioso che vede solo sé stesso. Vede le sue esigenze e i suoi bisogni. E alcuni stanno nelle relazioni proprio così. L’altro può anche morire: il padre divise tra loro le sostanze, cioè si divide, muore, pur di dare la libertà al figlio. Questi figli minori però si devono confrontare prima o poi con la loro fame d’amore e se ne accorgono soprattutto nei tempi di carestia, quando si ritrovano da soli e sperduti. E allora cominciano a elemosinare l’affetto, incollandosi al primo padrone che capita. Delle carrube misere diventano improvvisamente un cibo prelibato pur di potersi sfamare in qualche modo.

È così che alimentano la loro convinzione di poter stare in una relazione solo da schiavi. Si convincono di non meritare l’amore e pensano che nessuno sia disposto ad amare veramente in modo gratuito: prendimi come uno dei tuoi garzoni.

Solo una persona che ti ama veramente può liberarti da questa falsa convinzione. È vero, molte volte succede di vivere le nostre relazioni in una dialettica servo padrone, ma non deve essere necessariamente così.

 

 

 

Gesti concreti

Il padre lo vede da lontano: probabilmente non ha mai smesso di aspettarlo. Gli corre incontro e non pretende un periodo di recupero per verificare il cambiamento, ma fa dei gesti concreti per ricostruire la relazione che si è spezzata.

Gli dona una veste bianca per coprire la sua nudità, proprio come Dio all’inizio della creazione con Adamo ed Eva, è il segno di una dignità che non può mai andare perduta, qualunque sia il nostro errore. Gli rimette l’anello al dito, l’anello che contiene il sigillo. È il segno della fiducia restituita, perché è l’unico modo per permettere a una relazione di ricominciare. Gli mette i calzari ai piedi, perché colui che torna nella relazione è una persona libera. Solo gli schiavi andavano a piedi nudi. Ma una relazione è vera se l’altro può sentirsi libero, non schiavo. Il padre organizza un banchetto per celebrare la vita di colui che gli è stato restituito, perché quando vuoi bene a una persona, l’unica cosa che conta è poterla ritrovare!

Adattati e arrabbiati

Il figlio maggiore, proprio come quelli che stanno ascoltando questa parabola, è uno che si è perso, ma non lo sa. È il figlio che è rimasto nella relazione, ma ha il cuore altrove. Questo figlio maggiore è come un bambino adattato: per guadagnarsi l’apprezzamento del padre, si convince di essere obbligato a rimanere, ma in fondo anche lui se ne vorrebbe andare. Proprio per questo motivo, nel figlio maggiore cresce la rabbia. E la rabbia si accumula fino al momento in cui esplode. La rabbia lo rende cieco e impedisce di vedere come stanno veramente le cose. Lo si capisce dal quel mai che continua a ripetere, senza una visione oggettiva della realtà.

Il figlio maggiore somiglia anche a un adolescente, perché vive di confronti. Si paragona agli altri e sente di essere sempre quello che riceve di meno. In fondo anche lui non si sente amato come vorrebbe.

Il padre esce anche per lui e non lo rimprovera, né banalizza i suoi sentimenti, semplicemente gli mette davanti il suo amore e gli chiede di ritornare nella relazione non solo con lui, ma anche con il fratello, in modo nuovo, più consapevole e gratuito.

La parabola non ha una conclusione. Rimane aperta, come la porta della casa del Padre. Ciascuno di noi è chiamato a decidersi.

Leggersi dentro

- Sei consapevole di esserti perso a volte nella vita o forse addirittura in questo momento?

- In che modo il Signore ti sta chiedendo di tornare nella relazione con Lui?