XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

1 Re 17, 10-16; Sal.145; Eb 9, 24-28; Mc 12, 38-44.

Clerus
10 novembre 2024

«Non diventi quindi orgoglioso

chi fa l’elemosina al povero:

Cristo s’è fatto povero.

Non diventi orgoglioso

chi ospita un pellegrino:

Cristo fu pellegrino.

Era infatti dappiù colui che si lasciava ospitare

che non colui che ospitava»,

Sant’Agostino, Discorso 239,4.4

Poco o nulla

Quando tutto sembra finito, ci viene voglia di buttare via anche il poco che resta. Ci sentiamo insignificanti e, oggettivamente, a volte è proprio così. Ci sembra di non potere dare nulla e di non contare niente: la realtà è complessa, le relazioni sono esigenti. Meglio dichiarare il nostro fallimento e farsene una ragione. È una dinamica che ci capita di vivere a livello personale e, ancor di più, nel contesto ecclesiale o sociale. Eppure, il momento in cui tutto sembra finito, è proprio quello in cui possiamo capire cosa vuol dire amare, nel senso di giocarsi fino in fondo, ma soprattutto è l’occasione in cui possiamo imparare lo stile di Dio.

Il poco che basta

La vedova di Zarepta, a cui Elia viene mandato nel tempo della carestia, è l’esempio di una donna che vive fino in fondo il suo compito di madre: la farina e l’olio sono quasi finiti, ne è rimasto quanto basta per un ultimo pasto, ma a che serve fare la fatica di andare a raccogliere la legna, quando sai che poi morirai? Forse al suo posto avremmo già rinunciato a vivere, prima del tempo. Lei invece sa cos’è la dignità anche davanti alla morte.

La richiesta del profeta suona perciò ancora più assurda: non solo non sembra capire il momento drammatico di questa donna, ma addirittura pretende di sfamarsi prima di lei e di suo figlio! Ma dentro quella richiesta quasi maleducata, si nasconde una promessa: Dio farà in modo che quel poco non finirà. Non è la promessa di quantità abbondanti e straripanti, ma la promessa che quello che serve non mancherà. Questa donna, che non è una figlia di Israele, ma una donna pagana, si fida delle parole di Elia e scopre l’azione di Dio. Se non si fosse fidata, non avrebbe mai fatto l’esperienza della potenza del Signore.

Donarsi o fuggire

Anche il Vangelo ci presenta una vedova che si fida senza paura. La vedova è una donna che ha perso il suo presente, non c’è una sicurezza su cui appoggiarsi. L’unico in cui può sperare è Dio. Forse per questo è salita al Tempio, per esprimere la sua fiducia. Gesù la vede e riconosce in lei il modello del discepolo, anzi forse si riconosce, perché come lei, anche Gesù sta per dare sulla croce tutto quello che ha, cioè la sua vita.

I discepoli invece sono interessati a conoscere i tempi e i segni che preludono alla fine della storia, semplicemente per prepararsi a fuggire. È esattamente l’atteggiamento di chi non ama, perché è preoccupato solo della propria salvezza. Gesù sta consegnando loro la sua angoscia e loro pensano invece solo alla propria sicurezza.

Dare tutto

Questa vedova mette invece nel tesoro della relazione con Dio tutto quello che ha per vivere, anche la sua stessa vita, la sua sostanza, quello che è. Per comprendere il quadro che ci viene descritto, possiamo tenere presente che le offerte al Tempio erano annunciate e quindi erano diventate un’occasione per ostentare la propria ricchezza. Possiamo allora immaginare le ironie e le risate quando sono stati annunciati i due spiccioli gettati da questa vedova. Solo Gesù sa cosa c’è dietro a quei due spiccioli. Quando si ama, non ci si vergogna del poco che si può mettere in una relazione, in un servizio, in un impegno.

Non sappiamo se, tornata a casa, questa donna sia riuscita a sopravvivere, visto che ha messo nel tesoro tutto quello che aveva, ma di certo sappiamo che ha amato. Se non avesse messo nel tesoro quei due spiccioli, Dio avrebbe capito. Quell’offerta non era necessaria, ma proprio per questo è il segno dell’amore.

Leggersi dentro

-       Sai fidarti quando quello che hai ti sembra davvero poco?

-       Cosa stai mettendo nella relazione con Dio e con gli altri?