Domenica della Santa Famiglia, Gesù, Maria e Giuseppe

Gn 15, 1-6; 21, 1-3; Sal 104; Eb 11, 8.11-12.17-19; Lc 2, 22-40.

Clerus
29 dicembre 2023

«Appena lo riconobbe lo prese tra le braccia,

lo strinse in un abbraccio.

Portava Colui da cui era sostenuto».

Sant’Agostino, Discorso 370, 3

 

 

Genitori si diventa

Diventare genitori non è mai stato facile, dico diventare e non essere perché si tratta di una consapevolezza in cui si cresce attraverso errori e passaggi della vita. Tutti noi siamo chiamati a diventare genitori, non necessariamente in senso biologico. Diventare genitori significa rendere generativa la propria vita. Genitore infatti è colui che sa mettersi da parte per amore del figlio, senza trasformarlo in una proprietà o in un oggetto da manipolare e gestire, senza ridurlo a una fonte dì gratificazione o in una proiezione delle proprie paure e dei propri sogni. Non a caso il genitore problematico, ucciso dal figlio, è il Re Laio, il padre non riconosciuto da Edipo, che impedisce al figlio di passare, sbarrandogli il passo. Diventare genitore significa in altre parole diventare capace di amare. La crisi genitoriale è oggi l’espressione di una società in cui si fa fatica a donare la vita perché siamo sempre più ripiegati sulla nostra soddisfazione egoistica e individuale. I genitori sono spesso adulti fragili che temono di essere abbandonati o giudicati dai propri figli.

 

La vita come dono

Il Vangelo di questa domenica della Santa famiglia ci aiuta a meditare su queste dinamiche. Ascolteremo più volte che Maria e Giuseppe agiscono secondo la legge del Signore. È l’espressione di una consapevolezza che la vita è un dono e non una proprietà. Questo sguardo aiuta a cambiare la prospettiva e permette di uscire da una visione del figlio come proprietà. La vita ci è affidata affinché la facciamo fiorire, così come possiamo. Un figlio non è mai l’esito dell’impegno del genitore: un seme lo puoi custodire, innaffiare, proteggere, ma la pianta che cresce dipende da tante altre cose, non sempre e non tutte prevedibili. Diventare genitore vuol dire fare la propria parte.

 

Una distanza necessaria

Il genitore deve imparare anche a crescere nella distanza dal figlio. Simeone profetizza infatti una spada che attraverserà il cuore di Maria. Certamente si tratta della spada del dolore come annunzio della passione del figlio, ma ogni madre è chiamata a passare attraverso quella distanza, fin da quando viene reciso il cordone ombelicale. Il figlio e la madre vivono solo se avviene questo taglio. Se questa distanza non trova spazio, si crea un rapporto fusionale che impedisce al figlio di crescere e danneggia la vita della madre. Distanza vuol dire essere disposti a vedere il proprio figlio nei luoghi che non avremmo pensato per lui: Maria e Giuseppe troveranno un giorno Gesù adolescente nel Tempio, dove non subito lo avevano cercato, perché in quel momento non pensavano che fosse quello il posto dove lui avrebbe dovuto trovarsi!

 

Meravigliarsi del proprio figlio

Maria e Giuseppe si stupiscono di quello che viene detto di Gesù, si rendono conto che non sanno tutto sul conto del proprio figlio, hanno bisogno di imparare a conoscerlo, ascoltano le parole degli altri come una fonte per capire qualcosa in più di lui. Oggi molti genitori si chiudono o si difendono davanti a quello che viene detto del proprio figlio, si irrigidiscono nella loro immagine, in alcuni casi reagiscono in maniera violenta quando si ritrovano davanti a giudizi e osservazioni che mettono in discussione la loro convinzione stereotipata del proprio figlio.

 

Attesa generativa

Maria e Giuseppe si mettono invece in ascolto di due persone anziane, che hanno acquisito una sapienza tale da poter vedere al di là delle apparenze. Simeone e Anna sono l’immagine di persone generative, perché hanno imparato a stare nell’attesa, sono rimaste fedeli nella speranza che Dio avrebbe dato prima o poi un senso alla loro vita. Simeone ed Anna sono rimasti aperti a questo dono, certi che prima o poi sarebbe arrivato, quell’attesa ha dato senso alla loro vita. Sicuramente hanno anche attraversato momenti di sconforto e di oscurità, ci saranno state certamente situazioni che avranno incrinato la loro fiducia, eppure hanno saputo perseverare. Anche questo significa diventare generativi. La domanda sul futuro riguarda tutti noi. Tutti noi siamo chiamati a chiederci cosa stiamo costruendo e cosa stiamo lasciando a chi viene dopo di noi.

 

Leggersi dentro

- Come vivi la tua dimensione genitoriale e generativa?

- Che cosa sentì che stai lasciando a chi viene dopo?

 

P. Gaetano Piccolo S.I.

Compagnia di Gesù (Societas Iesu)