S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira - Alcune considerazioni dal punto di vista della formazione sacerdotale

21 novembre 2024

Alcune considerazioni dal punto di vista della formazione sacerdotale riguardo alle Lettere del S. Padre Francesco

sul ruolo della letteratura nella formazione, del 4 agosto scorso,

e sul rinnovamento dello studio della Storia della Chiesa,

pubblicata proprio quest’oggi.

S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira

Segretario del Dicastero per il Clero

 

Qual è il fondamento e quale l’orizzonte delle due lettere che Papa Francesco ci ha regalato?

Senz’altro è il suo cuore di pastore che vuole condividere alcune delle preoccupazioni che scaturiscono del suo desiderio di una formazione cristiana e specialmente sacerdotale che sia radicata nella vita personale e culturale di ognuno e della propria comunità, così che possa essere pienamente umana e orientata al comune impegno dell’edificazione di “una civiltà della verità e dell’amore”, collaborando con tutti i credenti in Dio, con coloro che lo cercano con cuore sincero, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà nello spirito dell’Enciclica Fratelli tutti.

Il Santo Padre ha particolarmente a cuore alcune attuali debolezze e limiti nella formazione dei giovani, particolarmente nei percorsi formativi agli Ordini ministeriali nei Seminari e nelle altre Case di formazione, dove si tende a considerare di meno la memoria del passato, la ricerca della verità e l’appartenenza a una cultura che si esprime attraverso molti modi, di cui l’arte letteraria è uno dei privilegiati. Tra l’altro, la superficialità delle letture e dello studio e il fascino compulsivo dell’immediato offerto da uno schermo, non poche volte, lascia prendere il sopravvento a banalità e fake news

Nella lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, Papa Francesco ci invita a “promuovere, nei giovani studenti di teologia, una reale sensibilità storica… soprattutto il sorgere di una chiara familiarità con la dimensione storica propria dell’essere umano…”, perché “nessuno può conoscere veramente chi è e che cosa intende essere domani senza nutrire il legame che lo connette con le generazioni che lo precedono. E questo vale non solo a livello di vicenda dei singoli, ma anche ad un livello più ampio di comunità. Infatti, studiare e raccontare la storia aiuta a mantenere accesa «la fiamma della coscienza collettiva»”.

Nella letteratura, intesa come comunicazione con l’autore, nel suo contesto vitale e sociale e anche con sé stessi, troviamo un modo di metterci in ascolto lasciandoci raggiungere nel più profondo del nostro essere, delle nostre preoccupazioni, ansie, desideri e necessità, perché – come il Papa ribadisce nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione – nel leggere, non importa che capire “tutto e subito”, ma piuttosto ascoltare “la voce di qualcuno” (Jorge Luis Borges), ossia l’entrare in comunione e in dialogo con gli altri: non astrattamente, ma nella concretezza delle condizioni della vita, del grande teatro del mondo, dove l’esistenza di tutti gli esseri umani si incontrano e si “intralciano” nella trama dei legami che scrivono la storia.

Proprio il dialogo e la comunione sono gli elementi costitutivi dell’Evangelizzazione, intesa anzitutto come l’incontro vivo con Cristo Risorto, salvatore. Particolarmente incoraggiante dunque risulta l’invito del Santo Padre a “promuovere… una reale sensibilità storica” nei candidati al sacerdozio e per i sacerdoti, i pastori, la cui vocazione è accompagnare il gregge nel suo percorso di ricerca, incontro, amore e dedizione nel servizio a Gesù, destino di ogni uomo, nel “qui e ora” della propria vita. Meglio ancora: che Egli possa farsi Signore della storia e della realtà con la potenza del Suo amore redentore.

Infatti, nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, Papa Francesco sottolinea che “l’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la “carne” di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”.

Vorrei soffermarmi solo un attimo su tre delle osservazioni apposte dal Papa alla fine della lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, che ci sfidano a mettere più in rilievo il ruolo della letteratura nella formazione cristiana, specialmente in quella dei futuri pastori:

La prima riguarda “il fatto che la storia della Chiesa insegnata in tutto il mondo sembra risentire di un complessivo riduzionismo, con una presenza ancora ancillare nei confronti di una teologia, la quale poi spesso si mostra incapace di entrare realmente in dialogo con la realtà, viva ed esistenziale, degli uomini e delle donne del nostro tempo. Perché la storia della Chiesa, insegnata come parte della teologia, non può essere scollegata dalla storia delle società”. Perciò c’è bisogno della letteratura grazie alla quale possiamo non solo prendere contatto o entrare, ma soprattutto riconoscerci come partecipi del dramma nel quale svolgiamo anche noi un ruolo, un compito, vitale e decisivo.

La seconda osservazione riguarda la “necessità di “fare storia” della Chiesa – così come di “fare teologia” – non solo con rigore e precisione ma anche con passione e coinvolgimento: con quella passione e quel coinvolgimento, personali e comunitari, propri di chi, compromesso nell’evangelizzazione, non ha scelto un posto neutrale e asettico, perché ama la Chiesa e l’accoglie come Madre così come essa è”. Di conseguenza, nell’approfondire e nel consolidare il nostro personale essere protagonisti dell’Evangelizzazione, in modo particolare di coloro che diventeranno pastori (e, perciò, per cominciare ad acquistare “un forte odore alle pecore”), la letteratura è una via privilegiata perché consente di coinvolgersi dal di dentro, dalle proprie motivazioni vocazionali. Si tratta di un compito continuo, che dura tutta la vita e che la Chiesa chiama “formazione permanente”.

Il Santo Padre ce lo dice con semplicità nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione: “Naturalmente, non vi sto chiedendo di fare le stesse letture che ho fatto io. Ognuno troverà quei libri che parleranno alla propria vita e che diventeranno dei veri compagni di viaggio… dobbiamo selezionare le nostre letture con apertura, sorpresa, flessibilità, lasciandoci consigliare, ma anche con sincerità, cercando di trovare ciò di cui abbiamo bisogno in ogni momento della nostra vita”.

Infine accenno all’osservazione, che sta molto a cuore a Papa Francesco, “riguarda la cancellazione delle tracce di coloro che non hanno potuto far sentire la loro voce nel corso dei secoli”, invitando gli specialisti a riportare alla luce “il volto popolare degli ultimi e quello di ricostruire la storia delle loro sconfitte e delle sopraffazioni subite, ma anche delle loro ricchezze umane e spirituali, offrendo strumenti per comprendere i fenomeni di marginalità e di esclusione di oggi.” Penso che, nella letteratura si possa sentire la voce, molte volte quasi silenziata, di coloro ai quali si è provato a cancellarli dalla storia. Forse perciò il Santo Padre, nella lettera sul ruolo della letteratura, ci rivela che predilige le opere tragiche, perché “piangendo per la sorte dei personaggi, piangiamo in fondo per noi stessi ed i nostri vuoti, le nostre mancanze, la nostra solitudine”.