Stralcio video Papa Francesco Discorso ai partecipanti al Simposio “Per una teologia fondamentale del sacerdozio” - 17 febbraio 2022
L’identità sacerdotale non si può capire senza l’appartenenza al Santo Popolo fedele di Dio.
Sono certo che, per comprendere nuovamente l’identità del sacerdozio, oggi è importante vivere in stretto rapporto con la vita reale della gente, accanto ad essa, senza nessuna via di fuga. «A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza […]» (Evangelii gaudium, 270). […]
È decisivo ricordare che il Popolo di Dio spera di trovare pastori con lo stile di Gesù, e non “chierici di stato” – ricordiamo quell’epoca in Francia: c’era il curato d’Ars, il curato, ma c’era “monsieur l’abbé”, chierici di Stato –. Anche oggi, il popolo ci chiede pastori del popolo e non chierici di Stato o “professionisti del sacro”; pastori che sappiano di compassione, di opportunità; uomini coraggiosi, capaci di fermarsi davanti a chi è ferito e di tendere la mano; uomini contemplativi che, nella vicinanza al loro popolo, possano annunciare sulle piaghe del mondo la forza operante della Risurrezione.
Una delle caratteristiche cruciali della nostra società di “reti” è che abbonda il sentimento di orfanezza, questo è un fenomeno attuale. Connessi a tutto e a tutti, ci manca l’esperienza dell’appartenenza, che è molto più di una connessione. […]
Ricordiamo che «la missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere sacerdotale se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (Evangelii gaudium, 273).