Severino Dianich - Identità e ministero dei sacerdoti in una Chiesa sinodale e missionaria

06 February 2024

Premessa

Preferirò usare poco il termine sacerdoti per dire i ministri ordinati nei loro tre gradi,

perché sacerdoti sono anche tutti i fedeli.

Parlando dei pastori della Chiesa intender, indifferentemente, i preti e i vescovi.

Nella dizione sacerdoti del titolo, non sarebbero inclusi i diaconi,

ma li intenderò inclusi in molte delle riflessioni che seguiranno.

Scandirò la mia relazione sui tre termini del titolo:

Identità, sinodale, missionaria.

2. Il sacerdote e/o il missionario

Nel linguaggio tradizionale i due termini indicano due personaggi ben distinti

Il termine missionario mai indicava il prete comune,

bensì il prete, ma anche il laico e il religioso, inviati dall’autorità ecclesiastica a evangelizzare in un “paese non cristiano”.

Vedi il CDC al Can. 786 - L'azione propriamente missionaria, per mezzo della quale la Chiesa è impiantata nei popoli o nei gruppi dove ancora non è stata radicata, viene assolta dalla Chiesa soprattutto mandando gli annunziatori del Vangelo”

Addirittura la formazione del prete diocesano e del missionario avvengono in istituzioni ben distinte.

Sullo sfondo del quadro tradizionale stava una visione del pianeta

come diviso in “paesi cristiani” e “paesi non cristiani”;

il missionario è un partente che va dal paese cristiano in un paese non cristiano,

definito, appunto “territorio di missione” (can. 790 § 1).

E’ comprensibile che quando i preti operai Hervé Godin e Yves Daniel, 80 anni fa, pubblicarono France pays de mission?

il piccolo libro suscitò un grande scandalo.[1]

Da allora ad oggi la mappa demografica e religiosa del mondo è profondamente cambiata,

in particolare in Europa, Canada, Stati Uniti e Australia,

ma anche in America Latina con modalità diverse,

-       per i movimenti migratori

-       la frammentazione delle appartenenze (in particolare in AL)

-       la progressiva crescita dei non appartenenti a nessuna religione (negli USA, PewInstitutResearch 2023, il 28%)

-       la crisi della famiglia cristiana e il progressivo venir meno della trasmissione intergenerazionale della fede (A. Matteo, La prima generazione incredula),

-       il lento ma progressivo calo dei battesimi dei bambini.

La secolarizzazione della società civile è ormai un fatto compiuto,

e la Chiesa sta passando, o deve passare, dal tentativo di esorcizzare la secolarizzazione

alla ripresa a tutto campo di quello che è il suo atto missionario fondamentale,

cioè la comunicazione esplicita, da persona a persona, della notizia su Gesù e della fede nel Risorto.

La Chiesa non può concedersi di vedere morire la stessa memoria storica di Gesù in vari strati di una popolazione

senza porre al primo posto nella sua missione l’evangelizzazione degli adulti.

Il ministero dei pastori quindi non può più essere circoscritto alla “cura delle anime”,

alla crescita della fede e della morale dei cristiani in ordine alla loro salvezza eterna,

ma deve comprendere la cura della loro formazione di missionari responsabili dell’evangelizzazione

e la guida pastorale di una comunità protesa alla missione.

Come farlo, per quanto sia paradossale, poiché Gesù ha voluto la Chiesa perché facesse questo,

spesso non sappiamo e sentiamo il bisogno di inventare metodi e iniziative nuove per attuare la svolta necessaria.

4. Identità missionaria

 

La dobbiamo riscoprire tornando a meditare il sacerdozio di Gesù

che al suo tempo e per il suo popolo non era un sacerdote,

Eb 7,14 Il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.

Gesù non ha mai celebrato una liturgia nel tempio.

Ha invece decretato la fine dei sacrifici rituali

Eb 10, 8 Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato.

Ha quindi fondato un sacerdozio nuovo

Eb 9, 9 Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo.

Nel nuovo sacerdozio è ogni credente che offre a Dio la sua vita vissuta, il suo corpo, le cose che fa

Rom 12, 1 Vi esorto a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente.

Da qui si comprende bene perché né gli apostoli né i loro collaboratori mai nel NT siano detti sacerdoti.

Paolo in Rom 15,16 usa sorprendentemente una terminologia sacerdotale per il suo ministero

 “Grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro (leitourgòs) di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero (ierourghêin) di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un'offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo”.

Predicare il vangelo è il suo ierourghêin, cioè il suo agire da sacerdote

perché evangelizzando egli genera i nuovi discepoli di Cristo

i quali, vivendo in Cristo, nella fede, faranno della loro stessa vita l’ «offerta gradita, santificata dallo Spirito»

Questa è l’identità sacerdotale degli apostoli e dei loro successori

LG 10, quindi, citando Rm 15,16 per definire il ministero dei loro successori dice che

“Ad essi è stata affidata la testimonianza al Vangelo della grazia di Dio  e il glorioso ministero dello Spirito e della giustizia”.

Il concilio non emargina il carattere sacerdotale dei pastori della Chiesa

ma lo interpreta così come gli apostoli se lo sono attribuito.

Se quindi definisce il vescovo come

“l'economo della grazia del supremo sacerdozio, specialmente nell'eucaristia” (LG 26)

nell’attuazone del suo ministero mette in primo piano il munus della Parola, ricordando che il Signore è presente

 “non cessa di essere presente alla comunità dei suoi pontefici  ma in primo luogo, per mezzo dell'eccelso loro ministero, predica la parola di Dio a tutte le genti” (LG 21)

La celebrazione eucaristica è il momento più alto, sublime, del ministero (praesertim/specialmente)

mentre la predicazione del Vangelo è ministero da svolgere per primo (imprimis/in primo luogo)

La stessa scansione delle diverse componenti del ministero (predicazione, guida della comunità, celebrazione dell’Eucarestia)

si trova in LG 28 a proposito dei preti.

Infatti, senza la prima predicazione che genera la comunità dei credenti,

la comunità cristiana semplicemente non esiste

e manca il soggetto capace di celebrare l’Eucarestia.

 

5. Identità sinodale

 

L’annuncio del Vangelo genera i credenti e, unendoli in Cristo, forma il popolo di Dio

“per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo (1 Pt 2, 5).

La comunità cristiana, infatti, sarà

“stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2).

Il concilio quindi  ricorderà che

LG 10 I battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all'ammirabile sua luce (cfr. 1 Pt 2,4-10). 

Non solo i vescovi e i preti, ma tutti i fedeli sono sacerdoti

e hanno la grazia e il compito di vivere il loro sacerdozio annunciando il Vangelo

LG 12. Il popolo santo di Dio partecipa pure dell'ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui

Ne deriva che, per la natura stessa del sacerdozio cristiano,

il pastore non è il sacerdote sacrale, separato dal popolo di Dio, a favore del quale offre il sacrificio gradito a Dio,

ma il suo sacerdozio è essenzialmente intrecciato con quello dei fedeli

LG 12 Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo.

Da questo intreccio delle due forme del sacerdozio della Chiesa

deriva che ciascuna ha bisogno dell’altra:

LG 30 I sacri pastori... sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della Chiesa verso il mondo,

Alla necessaria consapevolezza dei pastori corrisponde quella dei fedeli

GS 43 Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione.

Da qui la necessità, per la missione della Chiesa,

che le comunità cristiane vivano, programmino le loro intraprese, decidano le cose da fare, sinodalmente.

Nell’assemblea del Sinodo dello scorso ottobre, come è registrato nella Relazione di sintesi (2 a), fra l’altro,

non si è considerata la sinodalità come solo un’esigenza proveniente dalla prassi

ma come il riflesso della stessa Trinità di Dio dalla quale la Chiesa deriva la sua natura:

“La sinodalità traduce in atteggiamenti spirituali e in processi ecclesiali la dinamica trinitaria con cui Dio viene incontro all’umanità. Perché questo accada occorre che tutti i battezzati s’impegnino a esercitare in reciprocità la propria vocazione, il proprio carisma, il proprio ministero”.

La missione della Chiesa, quindi, non può essere affidata né ad una persona sola, né ad un solo ceto di persone.

I carismi dei pastori non sono sufficienti perché la Chiesa possa portare il vangelo al mondo,

quindi il ministero pastorale non può non svolgersi che in una forma sinodale.

 

6. Conclusione

 

L’identità del pastore di Chiesa oggi appare spogliato della sua aura sacrale  e c’è chi teme venga impoverito dei suoi valori più profondi.

In realtà essa si arricchisce e si completa della apostolica vivendi forma,

essendo il pastore obbligato a sporgersi verso il mondo, in avanti,

per poter guidare la comunità in quello che è il cuore della missione, la diffusione del Vangelo ai non cristiani e ai non credenti.

Con ciò egli resta, con la sua predicazione e la celebrazione dei sacramenti, padre e pastore, al centro della vita ecclesiale,

che egli, missionario per primo, manterrà sempre viva e aperta sul mondo.

Consapevole della ricchezza dei carismi dei fedeli, che completa il patrimonio carismatico da lui ricevuto nel sacramento dell’Ordine,

non si sentirà mai solo,

grazie alla qualità sinodale che egli darà costantemente al suo servizio.

 

[1] H. Godin - Y. Daniel, France pays de mission?, L’Abeille, Lyon 1943.

Scheda Biografica

Severino Dianich. Prete della diocesi di Pisa (IT), proveniente da Fiume, oggi Rijeka in Croazia, ha svolto i ministeri di parroco, di vicario per la pastorale universitaria e di docente di ecclesiologia e cristologia alla Facoltà Teologica di Firenze. Impegnato molto di frequente nelle iniziative di formazione permanente del clero. La grande parte delle sue pubblicazioni si muove nell’ambito dell’ecclesiologia. Negli ultimi anni ha dedicato particolare attenzione ai rapporti fra ecclesiologia e canonistica, in ordine alla questione della riforma della Chiesa. Fra le sue pubblicazioni sono particolarmente attinenti ai lavori del Convegno Teologia del ministero ordinato. Una interpretazione ecclesiologica, Paoline, Cinisello B. 19833; Diritto e Teologia. Ecclesiologia e canonistica per una riforma della Chiesa, Dehoniane, Bologna 2015; Magistero in movimento. Il caso papa Francesco, Dehoniane, Bologna 2016.