Secretary's Final Speech
Nel recente documento finale della XVI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2021-2024) si afferma che i diaconi esercitano il loro ministero: “nel servizio della carità, nell’annuncio e nella liturgia, mostrando in ogni contesto sociale ed ecclesiale in cui sono presenti la relazione tra Vangelo annunciato e vita vissuta nell’amore, e promuovendo nella Chiesa intera una coscienza e uno stile di servizio verso tutti, specialmente i più poveri. Le funzioni dei Diaconi sono molteplici, come mostrano la Tradizione, la preghiera liturgica e la prassi pastorale. Esse andranno specificate in risposta ai bisogni di ogni Chiesa locale, in particolare per risvegliare e sostenere l’attenzione di tutti nei confronti dei più poveri, nel quadro di una Chiesa sinodale, missionaria e misericordiosa”.
Naturalmente, il diacono non è un assistente sociale. Egli è innanzitutto un segno visibile di Cristo servo, con il quale è sacramentalmente configurato per il servizio dei fratelli e delle sorelle.
Per questo motivo, fin dai tempi degli apostoli, è stata una a le qualità necessarie per esercitare tale ministero. Infatti, ogni ministero è un dono del Signore per la Chiesa. Non è un possesso particolare, tanto meno un privilegio o una dignità. Anche il diaconato è un dono per la edificazione comune, un carisma. Non dimentichiamo che Paolo aveva già indicato a Timoteo, suo fedele collaboratore, alcune delle qualità che i candidati al diaconato dovevano possedere: “essere uomini rispettabili, di parola, temperanti nell'uso del vino e nemici del guadagno disonesto... sposati una sola volta, governare bene i figli e la propria casa” (1 Tim 3,8.12). Raccomandava inoltre di sottoporre i candidati a un esame e solo dopo, se non c'era nulla da rimproverare, di ammetterli al diaconato (cfr. 1 Tim 3,10).
Pensando al ministero dei diaconi permanenti nella Chiesa, abbiamo in mente sia coloro che hanno risposto a questa vocazione con una vita celibe –alcuni dei quali sono anche consacrati– che i diaconi sposati. Naturalmente, per quanto riguarda questi ultimi, consideriamo anche le loro famiglie, le loro mogli e i loro figli. Infatti, gli uomini sposati non possono essere ammessi al diaconato senza il consenso delle proprie spose.
Infatti, la chiamata del Signore e della Chiesa a questo ministero presuppone che coloro che vengono scelti siano consolidati nella vocazione al matrimonio e alla famiglia, e quindi la grazia del sacramento del matrimonio, che santifica gli sposi e dà loro l'aiuto necessario per crescere nell'amore reciproco e nella fedeltà e per assumere la loro comune missione di educatori dei figli, incoraggia il diacono a sviluppare il suo ministero come un autentico “servizio”. Viceversa, il sacramento dell'Ordine ricevuto dal diacono lo rafforza e lo arricchisce nel suo servizio di marito e padre.
Quanto è bello rendersi conto che la vita cristiana è un servizio alla famiglia! Quanto sono appropriate le parole dell'apostolo alla vita e al ministero dei diaconi sposati: “Mariti, amate la vostra sposa, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla” (Ef 5,25-26a).
Mentre partecipiamo ai giorni di questo Giubileo dei Diaconi permanenti e delle loro famiglie, viviamo un tempo di grazia a cui Papa Francesco ci ha chiamati e che la Chiesa ci ha concesso per riscoprire e gioire dell'amore del Padre manifestato nel Figlio e continuamente comunicato nello Spirito Santo, soprattutto nel dono e nel mistero di voi, cari fratelli diaconi, condiviso con le vostre mogli e i vostri figli. Senza dubbio, siamo “pellegrini della speranza”, una speranza certa perché fondata sull'esperienza della molteplice grazia di Dio che ha fatto e fa germogliare, fiorire, crescere, maturare e fruttificare il bene, la bontà e la bellezza che Egli stesso ha seminato in noi, come ha fatto in e attraverso Maria Santissima.
Com'è bello varcare la Porta Santa! Com'è bello aprire, ancor più bello, spalancare le porte della nostra vita, della nostra comunità, delle nostre culture e famiglie a Cristo Redentore!