Antonio Claret fu una delle figure più importanti della Spagna del secolo XIX. Egli fece della sua vita presbiterale, un dono a servizio della missione e dell’evangelizzazione, fondando sul modello del Cristo povero, “venuto ad evangelizzare i poveri”, la famiglia religiosa “Missionari figli del Cuore Immacolato di Maria”. Dalla sua autobiografia, il capitolo XI: “Del fine che mi proponevo di andare a predicare”.
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Del fine che mi proponevo nell'andare a predicare
199 - Quando andavo in qualche paese, non mi proponevo nessun fine terreno, bensì la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Spesse volte ho dovuto ricordare agli uditori questo scopo, che vedevo essere l'argomento più persuasivo sia per i buoni che per gli altri.
200 - Voi sapete che gli uomini agiscono per uno di questi tre motivi: 1° per interesse e per denaro; 2° per piacere; 3° per l'onore. Per nessuna di queste tre cose mi trovo qui a dare missione. Non per denaro, perché non voglio un soldo da nessuno, e me ne andrò senza una lira. Non per piacere, perché che piacere si può avere a faticare tutto il giorno, dalla mattina, e di buon ora, fino a tarda sera? Se uno di voi deve far la fila al confessionale per confessarsi, e si stanca ad aspettare tre o quattro ore, che sarà di me che devo stare lì tutte le ore del giorno, e la sera, invece di riposare, ho da predicare; e questo non per un solo giorno, ma per giorni, per settimane, per mesi, per anni. Ah, fratelli miei, pensateci un po’!
201 - Sarà forse per l'onore? No, nemmeno l'onore. Voi sapete bene a quante calunnie mi trovo esposto. Se uno mi loda, altri dicono contro di me ogni sorta di spropositi, come facevano i Giudei contro Gesù; i quali ora dicevano male della sua persona, ora delle sue parole, poi delle sue opere; finché, in fine, l'arrestarono, lo flagellarono, gli tolsero la vita col supplizio più doloroso e infamante. Ma io, con l'Apostolo S. Paolo, vi dico che non ho paura alcuna, e non faccio conto della vita mia più dell'anima, purché mi sia dato di terminare felicemente la mia carriera e compiere il ministero ricevuto da Dio nostro Signore, di predicare il santo Vangelo.
202 - No, ve lo ripeto, non é per un fine terreno. E' per uno scopo più nobile. Il fine che mi propongo é che Dio sia conosciuto, amato e servito da voi tutti. Oh, potessi avere tutti i cuori degli uomini per amare Dio! Oh, Dio mio! Gli uomini non Vi conoscono. Se Vi conoscessero Vi amerebbero di più! Oh, se conoscessero la vostra sapienza, la vostra onnipotenza, la vostra bontà, la vostra bellezza, tutti i vostri divini attributi! Tutti sarebbero serafini infiammati d'amore divino per Voi! Questo io perseguo: far conoscere Dio perché tutti lo amino e lo servano.
203 - Mi propongo pure di impedire i peccati che si commettono, le offese che si fanno a Dio. Ah, quel Dio che é amato dai Serafini, servito dagli Angeli, temuto dalle Potestà, adorato dai Principati, é offeso da un vile verme della terra, da un uomo! Stupitene, o cieli! Ah, se un nobile cavaliere vedesse una dama innocente e virtuosa ingiuriata, oltraggiata, non si farebbe avanti a prendere le sue parti e a difenderla? Ebbene, che non dovrei fare io, vedendo Dio offeso e oltraggiato?
204 - Se vedeste che danno bastonate e coltellate a vostro padre, non correreste a difenderlo? Non sarebbe un crimine guardare con indifferenza il proprio padre in questa situazione? Non sarei io il più grande criminale del mondo, se non procurassi impedire gli oltraggi che gli uomini fanno a Dio, che é mio Padre? Ah, Padre mio! Io Vi difenderò, mi dovesse costare la vita! Io vi stringerò tra le braccia e dirò ai peccatori: Satis est vulnerum, satis est, come diceva S. Agostino. Fermi, peccatori, fermi! Non flagellate più oltre mio Padre! Troppi colpi avete già dato, troppe piaghe avete aperto! Se non sapete fermarvi, picchiate me, che ben lo merito, ma non colpite oltre, né maltrattate il mio Dio, il Padre mio, il mio amore. Ah, amore mio! Ah, mio amore!
205 - Parimenti mi obbliga a predicare senza posa, il vedere la moltitudine di anime che cadono nell'inferno. Perché é di fede che tutti coloro che muoiono in peccato mortale si dannano. Ahi, ogni giorno muoiono ottanta mila persone, secondo un calcolo approssimativo. Quante moriranno in peccato e quante si condanneranno! Poiché talis vita, finis ita! Tale é la morte quale fu la vita.
206 - Poiché vedo in che modo vivono le persone, moltissime abitualmente in peccato mortale, non passa giorno in cui non aumenti il peso dei loro delitti. Commettono peccati con la facilità con cui si beve un bicchiere d'acqua, scherzando e ridendo. Questi infelici con i propri piedi si portano all'inferno, come dice il Profeta Sofonia: «Ambulaverunt ut caeci quia Domino peccaverunt» (Sof. 1,17).[1]
207 - Se voi vedeste un cieco che sta per cadere in un pozzo, in un precipizio, non lo avvertireste? Ecco quello che faccio io, e che, in coscienza, devo fare: avvertire i poveri peccatori e far vedere loro il precipizio dell'inferno, nel quale vanno a cadere. Guai a me, se non lo facessi; mi riterrei responsabile della loro dannazione!
208 - Forse mi direte che mi insulteranno, di lasciarli, di non immischiarmi con essi... Ah, no, fratelli miei! Non li posso abbandonare; sono miei fratelli. Ditemi: se voi aveste infermo un fratello molto amato, e che a cagione dell'infermità fosse in delirio, e spinto dalla sua febbre, vi insultasse, vi dicesse tutti gli improperi del mondo, lo abbandonereste? Sono sicuro di no. Anzi, proprio per questo, avreste per lui più compassione e fareste tutto il possibile per la sua salute... Così é di me verso i peccatori. I poveretti sono in preda a un delirio, e per questo, più degni di compassione; non li posso abbandonare, devo lavorare per essi perché si salvino, e pregare Dio per essi, dicendo con Gesù Cristo: Padre, perdonateli, ché non sanno quel che fanno, né quello che dicono [Lc 23, 34].
209 - Quando vedete un condannato andare al supplizio, vi muovete a compassione. Cosa non fareste per liberarlo, se poteste. Ah, fratelli miei! Quando vedo uno che sta in peccato mortale, vedo uno, che, a ogni passo, si avvicina al supplizio dell'inferno. Ma io, che vedo un reo in quello stato infelice, conosco un mezzo per liberarlo; ed é che si converta a Dio, gli chieda perdono e faccia una buona confessione. Guai a me se non facessi questo!
210 - Forse mi direte che il peccatore non pensa all'inferno e forse neanche ci crede. Tanto peggio! E per questo, pensate, che lascerà di dannarsi? No, di certo. Anzi, questo é segno più chiaro che fatalmente si dannerà, perché dice il Vangelo: Qui non crediderit condemnabitur[2] Questo, dice Bossuet, non dipende dal credervi. Se uno non crede all'inferno, non per questo non vi andrà, se per disgrazia, muore in peccato.
211 - Vi dico francamente che io, vedendo i peccatori, non posso riposare, non ho pace, non ho conforto, il mio cuore corre dietro a loro, e per dare un'idea di quello che sento, mi varrò di un paragone. Se una madre, tenera e affettuosa, vedesse un suo figlio cadere da una finestra molto alta, o che cade nel fuoco, non correrebbe, non griderebbe: figlio mio, figlio mio, sta attento? Non l'afferrerebbe, non lo tirerebbe indietro potendolo afferrare? Ah, fratelli miei, sappiate che la grazia é più forte e coraggiosa della natura; che se una madre, per l'amore naturale che ha verso il figlio corre, grida, l'afferra, lo salva dalla caduta... Ebbene, ecco come opera in me la grazia.
212 - L'amore mi urge,[3] mi sprona, mi fa correre da un luogo all'altro, e mi obbliga a gridare: Figlio mio peccatore, bada che stai per precipitare all'inferno! Alt, non andare più avanti! Ah, quante volte chiedo a Dio, come Santa Caterina da Siena: Datemi, o Signore, di mettermi alle porte dell'inferno e poter trattenere quanti stanno per andarvi, e dire a ciascuno: Dove vai, infelice! Torna indietro, fa una buona confessione e salva l'anima tua. Non venire qui a perderti per tutta l'eternità!
213 - Un altro motivo che mi spinge a predicare e ascoltare le confessioni é il desiderio di far felice il mio prossimo. Oh, quale gioia poter ridare la salute a un malato, la libertà a un prigioniero, il conforto a un afflitto, la felicità a un disperato. Tutto questo, e molto di più si fa procurando al prossimo la gloria del cielo. E' un preservarlo da tutti i mali e far che goda di tutti i beni, per tutta l'eternità. Adesso i mortali non lo capiscono, ma in cielo capiranno tutto il gran bene che si é loro procurato e che hanno felicemente raggiunto. Allora canteranno l'eterna misericordia del Signore e le persone misericordiose saranno da loro benedette.
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[1] Cammineranno come ciechi, perché han peccato contro il Signore.
[2] Chi non crederà, sarà condannato» (Mc 16, 16).
[3] La frase é di S. Paolo (2 Cor 5, 14). Essa giustifica la missione apostolica del Claret, e sarà poi inserita come lemma nello scudo dell'Arcivescovo.