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San Girolamo: il prete uomo di Dio, della Scrittura e della sollecitudine pastorale

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San Girolamo

Oggi 30 settembre, la Chiesa celebra la memoria di San Girolamo sacerdote e dottore della Chiesa. Tra i suoi numerosi scritti, c’è un’Epistola indirizzata al giovane sacerdote Nepoziano, nipote del Vescovo Eliodoro. L’Epistola contiene consigli pratici per la dimensione spirituale e pastorale della vita del presbitero.

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Dall’Epistola a Nepoziano di San Girolamo

Il chierico, che è a servizio della Chiesa di Cristo, è bene che conosca anzitutto il significato del vocabolo con cui lo si denomina. Una volta data la definizione del termine, si sforzi poi di essere conseguente. In greco, il termine è kleros, in latino sors; per questi motivi si chiamano chierici: sia perché appartengono alla sorte del Signore, sia perché il Signore stesso è la sorte, vale a dire la parte di eredità dei chierici. Ora, tanto chi appartiene al Signore come chi ha il Signore come sua porzione, deve rivelarsi di tal vita da far vedere che possiede il Signore, anzi, di essere posseduto dal Signore. Cho possiede il Signore e dice col Profeta: ‘la parte che mi spetta è il Signore’ non può essere attaccato a nulla al di fuori di lui. Nel caso sia ricco di qualcos’altro che non sia il Signore, il Signore non sarà la sua parte.

Leggi molto frequentemente la divina Scrittura. Direi di più: mai le tue mani dovrebbero deporre il Testo sacro. Studia la materia che devi insegnare. Tieniti stretto alla parola della fede, conforme all’insegnamento avuto; così le tue esortazioni poggeranno su una dottrina sana e potrai confutare chi ne parla contro. ‘Rimani fedele a quanto hai imparato e che ti è stato affidato, perché sai bene da chi l’hai appreso’, sempre pronto a dar piena spiegazione a chiunque ti domanderà spiegazione della speranza che abita in te.

Sta’ sottomesso al tuo vescovo, e consideralo come il padre della tua anima. I figli amano; sono i servi ad avere timore [...] Quella persona è unica, ma il rispetto glielo devi per più titoli: come monaco, come vescovo, come zio. Anche i vescovi, però, siano coscienti di essere sacerdoti, e non padroni; tengano i chierici nella considerazione dovuta, proprio in quanto chierici, in modo che anche questi portino il rispetto dovuto al loro episcopato [...] Uno solo è il signore, uno il tempio: ci sia pure unità nel ministero.

Devi parlare in chiesa? Non provocarti un’acclamazione popolare, ma lacrime. Le lacrime di chi t’ascolta sono il tuo elogio più bello. E bada che un sacerdote deve dare sapore alla sua predica, leggendo la Scrittura. Non ti voglio sentire declamare, abbaiare, cianciare a vuoto, ma devi essere profondo in teologia e bene aggiornato sui misteri del tuo Dio. È proprio da ignoranti suscitare l’ammirazione verso di sé da parte del popolo incompetente, con artifici di parola e col parlare di corsa. Solo una faccia di legno può mettersi a spiegare ciò che non sa, e avendo indotto gli altri a crederci, autoconvincersi poi di essere un pozzo di scienza.

Rientra nei tuoi doveri visitare gli ammalati, conoscere le famiglie, le madri e i loro figli, e non restare all’oscuro di certi segreti della nobiltà. È perciò tuo dovere mantenere la castità della lingua, oltre che degli occhi [...] Quanto dovremmo amare maggiormente come nostre tutte le famiglie cristiane, noi che abbiamo l’ufficio della medicina pastorale! Esse ci devono trovare al loro fianco soprattutto per dare conforto alle loro pene, e non tanto come invitati a pranzo nei lieti eventi.