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Cardinale Stella a Sant’Egidio: carità e profezia sono condizioni della missione apostolica

Stella Oss
S.Em. il Card. Beniamino Stella

Il Prefetto della Congregazione per il Clero, Cardinale Beniamino Stella, ha presieduto l’Eucaristia, domenica scorsa, presso S. Maria in Trastevere, per la Comunità di Sant’Egidio. 

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IV Domenica del Tempo Ordinario

30 gennaio 2016, ore 20:00, S. Maria in Trastevere

 

Carissime Eccellenze, cari Sacerdoti, fratelli e sorelle tutti, volentieri mi presento insieme a voi all’altare del Signore, in spirito di gratitudine per i Suoi tanti doni, come quello di averci riuniti insieme come Suo Popolo. È la dimensione comunitaria della vita cristiana; il Signore ci chiama per nome, uno per uno, per unirci a formare la Sua Chiesa, comunità dei credenti.

Su questa appartenenza e sulle sue “conseguenze” per la nostra vita, possiamo oggi meditare a partire dalle letture che parlano della carità e dalla profezia, che mi piace considerare come condizioni imprescindibili per la missione.

a. Ascoltando San Paolo, innanzitutto, possiamo pensare alla carità come all’ “anima”  stessa del popolo di Dio, il suo cuore pulsante d’amore, per Dio e per il mondo. Le parole della Prima Lettera ai Corinzi ci riportano a questo centro, ricordandoci che anche le opere esteriormente più belle, se non sono frutto di questo amore, rischiano di divenire «bronzo che rimbomba o cembalo che strepita», cioè qualcosa che fa rumore e attira l’attenzione, ma non modifica la realtà e non produce nulla. È un buon esame di coscienza, personale e comunitario, quello di mettere a nudo, di fronte al Signore, le motivazioni del nostro agire e la qualità dei nostri rapporti con i fratelli, per vedere come stiamo vivendo e, di conseguenza, quale immagine offriamo della Chiesa. Pur con le inevitabili fatiche che la vita di comunione con gli altri comporta – ma del resto nel Vangelo la parola “facile” non compare – la carità vissuta nel quotidiano è da sempre il tratto distintivo di ogni comunità cristiana, fedele alla propria vocazione.

Una Chiesa che vive questa carità è capace di sfuggire alle “malattie” del funzionalismo e dell’indifferenza, contro cui Papa Francesco ha messo in guardia i Vescovi (Discorso, 22 dicembre 2014), per prendersi amorevolmente cura di tutti i suoi membri, soprattutto i più poveri e gli “scartati”, come i bambini e gli anziani, tutti così presenti nelle parole e nei gesti del Santo Padre, e di cui la Comunità di S. Egidio dà una luminosa ed esemplare testimonianza.

b. La carità vissuta verso tutti, l’amore reciproco, oltre che tratti distintivi della comunità cristiana, sono anche un segno profetico, che essa è chiamata a portare al mondo di oggi, come annuncio del Regno di Dio. È un prezioso contributo, perché il profeta è colui che può “leggere” le vicende della storia con gli occhi di Dio e aiutare gli uomini a farlo. Tale capacità non deriva al profeta da doni soprannaturali, ma dalla sua intimità con Dio, dal suo essere entrato pienamente nella logica divina e nella vita secondo lo Spirito, dalla quale scaturisce la carità.

È profetica quindi quella Chiesa che “contesta” la logica del mondo, con scelte e comportamenti personali concreti, non per ideologia o spirito di parte, ma per amore di Dio e del prossimo. È profetica quella Chiesa che sa vedere nei poveri e negli ultimi, di ogni tipo, non una presenza fastidiosa e disturbante per la “buona” società, ma un costante richiamo alla conversione e alla condivisione, alla revisione dello stile di vita e a una più equa distribuzione delle ricchezze. È profetica quella Chiesa che non si limita a “prendere atto” che le cose stanno così, con rassegnazione e qualche mormorazione”, ma che si adopera concretamente – attraverso tutti i suoi membri, laici e chierici – ad animare il mondo dello spirito del Vangelo e a prendersi cura di chi non può farlo da sé.

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