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Formare oggi i formatori al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata

JC Patron Wong
S.E. Jorge Carlos Patrón Wong

Desidero ringraziare il Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, S.E. Mons. Enrico dal Covolo, per l’invito che ha voluto rivolgermi.

Il tema di questa sera rientra in quell’ambito di vitale importanza qual è quello della formazione sacerdotale. Al fine di fugare ogni dubbio, perplessità o interpretazione parziale, faccio subito riferimento alla Ratio fundamentalis – che la Congregazione per il Clero ha promulgato l’8 dicembre del 2016 – per chiarire che con l’espressione “formazione sacerdotale” non si intende semplicemente la tappa del Seminario o della Casa Religiosa durante la quale ci si prepara a ricevere gli Ordini Sacri e dove i destinatari di tale processo sembrano essere esclusivamente i seminaristi o i novizi.

Al contrario, come ha ricordato Papa Francesco ricevendo i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero, nell’ottobre del 2014, la formazione sacerdotale “è un’esperienza discepolare, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Proprio per questo, essa non può essere un compito a termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo… Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona, intellettualmente, umanamente e spiritualmente”.

 

Su questa scia, la Ratio fundamentalis afferma che i Seminari e le Case di formazione devono essere luoghi e spazi in cui si forgiano discepoli missionari sempre in cammino, bisognosi di formazione continua e integrale (cfr. RF, n. 3).

Ciò significa, però, che la formazione è un processo nel quale tutti sono inseriti, ciascuno nel proprio ruolo e a partire dalla propria condizione e dalla missione canonica ricevuta; se nessun sacerdote è esente da questo cammino di configurazione a Cristo – che generalmente denominiamo formazione permanente – allora ciò vale, ancor più, per i formatori dei Seminari e delle Case Religiose.

Essi per primi, infatti, devono avere la fisionomia del discepolo del Signore, corredata dei tratti umani e spirituali propri, così da poter accompagnare i giovani che si sentono chiamati a una vita di speciale consacrazione.

D’altra parte, soprattutto in considerazione delle nuove sfide formative che il contesto attuale ci pone e delle situazioni di difficoltà dei seminaristi e dei Sacerdoti che sembrano evidenziare una debolezza dei processi formativi, occorrerà lasciarsi sempre più incalzare dal monito evangelico: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in una buca?” (Lc 6,39).

Perciò, bisogna lavorare per far crescere ancora di più, in ogni ambito ecclesiale, la consapevolezza che quella del formatore del Seminario è una specifica vocazione ministeriale e, pertanto, una grande responsabilità che esige totale dedizione, energie e determinate competenze.

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