Si è svolto dall’1 al 3 dicembre scorso, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, il Convegno “Pastorale Vocazionale e Vita Consacrata. Orizzonti e speranze”, promosso dalla Congregazione per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Il Prefetto della Congregazione per il Clero, Card. Beniamino Stella, ha partecipato nel pomeriggio di sabato 2 dicembre, con una relazione sul tema: “La cura della dimensione umana nell’itinerario della vita consacrata. Indicazioni della nuova Ratio”.
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Desidero ringraziare la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica per l’invito rivoltomi a partecipare a questo Convegno su “Pastorale vocazionale e vita consacrata”.
Si è concluso da poco l’Anno dedicato alla vita consacrata. In esso sono stati approfonditi i tanti attuali segnali di preoccupazione – primo fra tutti il calo delle vocazioni – insieme alle speranze per il futuro, che invocano un coraggio creativo nel ripensare le forme, i modelli e gli stili in cui si esprime la nostra sequela del Signore.
Ma, come sappiamo, nell’esperienza della fede e nella vita ecclesiale, prima dell’organizzazione e del cambiamento delle strutture, pur necessari, c’è bisogno di un rinnovato impulso del cuore a seguire il Signore, restando nell’ascolto dello Spirito e consegnando quotidianamente la nostra fedeltà a Lui.
Questo incessante e paziente lavoro su noi stessi, che coinvolge tutte le dimensioni della persona e dura per tutta la vita, è ciò che, anche nella nuova Ratio Fundamentalis, viene chiamato “formazione”. Si tratta di “un unico e ininterrotto cammino discepolare” (RF, n. 54), nel quale ci si lascia plasmare dallo Spirito Santo e, sotto la guida della Chiesa, si viene condotti a una piena configurazione a Cristo.
D’altra parte, la vita consacrata è il desiderio e il tentativo di vivere la radicalità del Vangelo, seguendo Cristo e vivendo la propria esistenza nell’intimità con Lui. Se non restiamo in cammino dietro al Signore e non coltiviamo la disposizione a imparare da Lui, la nostra vita consacrata non avrà né radici né fondamenta.
Tuttavia, sarebbe un grave errore pensare che si può giungere a tale configurazione con Cristo e alla consacrazione della propria vita a Lui senza una speciale cura della nostra umanità.
L’esperienza della fede, e ancor più quella di una speciale consacrazione, non è un abito esteriore che indossiamo a nostro piacimento, senza che esso tocchi le profondità di tutte le dimensioni della nostra vita; se fosse così, per riprendere un’efficace immagine usata da Papa Francesco, saremmo soltanto “pagani con due pennellate di vernice” (Papa Francesco, Omelia Santa Marta, 7 novembre 2014).
Si è cristiani, consacrati e sacerdoti solo con la nostra umanità e attraverso di essa. Questo aspetto, forse per lungo tempo un po’ trascurato, ritorna oggi al centro della scena, anche grazie a una più approfondita riflessione magisteriale e teologica, coadiuvata dalle ricerche delle scienze umane. La maturità umana e affettiva è un’imprescindibile base, potremmo dire la condizione sine qua non per poter accedere a una vita di speciale consacrazione e al sacerdozio.
La Ratio Fundamentalis, oltre che nei contenuti, anche nella sua impostazione generale e nella visione di fondo, sottolinea con forza la necessità della cura della dimensione umana, affermando che “non si insisterà mai abbastanza” sulla sua importanza e che “La mancanza di una personalità ben strutturata ed equilibrata rappresenta un serio e oggettivo impedimento per il prosieguo della formazione” (RF, n. 63).
Brevemente, prendendo spunto dalle indicazioni della Ratio, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti che ritengo significativi e che delineano più concretamente il contenuto di ciò che chiamiamo formazione umana nel contesto della vita consacrata.
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