La Concelebrazione Eucaristica per Festa della Madonna delle Lacrime, celebrata nel Santuario di Siracusa l’1 settembre scorso, è stata presieduta dal Card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero. Nella sua omelia, Sua Eminenza ha affermato che “nelle lacrime di Maria, allora, sono raccolte le preghiere, le speranze, le fatiche, le sofferenze di ogni uomo”, insieme alle angustie per quelle che ha voluto definire le “emergenze siciliane”, quali la disoccupazione, la mancanza di speranza nel futuro, le ingiustizie e la rassegnazione. Sono lacrime – ha concluso il Porporato – che la Madonna presenta sul trono della Croce a Gesù, Suo Figlio, perché Egli le trasformi e doni energie nuove alla nostra vita.
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In questo giorno così solenne, nel quale ricordiamo i prodigiosi eventi avvenuti nel lontano 1953 e veneriamo la Vergine Santa sotto il titolo di “Madonna delle Lacrime”, desidero ringraziare S.E. Mons. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di questa Arcidiocesi, e salutare cordialmente gli altri confratelli Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi, i Diaconi, i seminaristi e voi tutti che partecipate a questa Liturgia Eucaristica.
La pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci racconta che nell’ora dell’agonia e della morte, alcune donne “stavano sotto la Croce di Gesù” e, tra queste, Maria Sua Madre. Potremmo dire, un genio tutto al femminile: solo le donne, con il loro cuore materno, sanno restare sotto la Croce dei figli, portarla con loro, piangere per essi e sostenerli con la speranza che possano rialzarsi.
Questo è ciò che fa Maria Santissima ai piedi della Croce di Gesù: nell’ora della sofferenza e della morte, non scappa. Rimane presso il luogo del dolore, veglia, prega e piange.
In questa ora della salvezza del mondo, mentre si è consumato il tradimento del Figlio di Dio ed Egli porta la Croce dell’umanità sulla collina del Calvario, Maria è presente. Ella sta sotto la Croce: Quale spada, in quel momento, avrà trafitto la Sua anima? Quale dolore di Madre Ella avrà portato nella carne? E, soprattutto, quante lacrime avrà versato sulla morte del Figlio e sulle tenebre che, in quel momento, oscurarono il mondo?
Questo è il significato più autentico della festa della Madonna delle Lacrime che, nella splendida cornice di questo Santuario, stiamo celebrando: Maria partecipa, insieme al Figlio Suo, al travaglio e al dolore del mondo. Ella “sta” ai piedi delle nostre croci e ci accompagna nel cammino.
E, soprattutto, attraverso il pianto di Madre presenta a Dio la nostra vita: sono lacrime di gioia, quando costruiamo il bene, sogniamo la santità e portiamo avanti con frutto i nostri progetti; lacrime di attesa, quando viviamo sul confine tra il bene e il male, sospesi nel dubbio tra il giorno e la notte; lacrime di dolore, quando siamo segnati dal peso dell’oppressione, della stanchezza, dello smarrimento o della malattia, e soprattutto del peccato.
Mi ha colpito, nei primi giorni del Pontificato, quanto ha affermato Papa Francesco nell’omelia pronunciata a Santa Marta, invitando a chiedere il dono delle lacrime: “Alle volte – disse Papa Francesco - nella nostra vita gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime…Tutti noi abbiamo, nella nostra vita, attraversato dei momenti di gioia, dei dolori, delle tristezze, tutti siamo passati per queste cose. Ma, e lascio cadere una domanda, abbiamo pianto? Nei momenti più scuri, abbiamo pianto? Abbiamo avuto quel dono delle lacrime che preparano gli occhi a vedere il Signore? Una bella grazia. Piangere è frutto di tutto: del bene, dei nostri peccati, delle grazie, della gioia pure; piangere di gioia!...Il pianto ci prepara a vedere Gesù (Papa Francesco, Omelia Santa Marta, 2 aprile 2013).
È il Vangelo stesso a mettere in evidenza l’importanza delle lacrime, che ci mostrano, specialmente in Gesù, un’umanità non distante, non fredda, ma attenta e compassionevole; come ricorda Papa Francesco, “Gesù ha pianto, ha pianto per l’amico morto. Ha pianto nel suo cuore per quella famiglia, che aveva perso la figlia. Ha pianto nel suo cuore quando ha visto quella povera madre vedova ch portava al cimitero suo figlio. Si è commosso e ha pianto nel suo cuore quando ha visto la folla come pecore senza pastore. Se voi non imparate a piangere non siete dei buoni cristiani. E questa è una sfida” (Papa Francesco, Incontro con i giovani, Manila 18 gennaio 2015).
Le lacrime, oltre che sciogliere le durezze del cuore e renderci solidali con il dolore degli altri, rappresentano una via privilegiata dell’incontro con il Signore. Ce lo testimonia il pianto di Pietro, dopo che ha rinnegato Gesù, giurando per tre volte di non averlo mai conosciuto. Il pescatore di Galilea, nel cuore di quella notte fu raggiunto dallo sguardo di Gesù che, senza giudicarlo, rinnovò in lui la fiducia: “Pietro, dopo averlo rinnegato, incontrò di nuovo lo sguardo di Gesù, che gli cambiò il cuore e lo portò a piangere con tanta amarezza” (Papa Francesco, Omelia Santa Marta, 21 settembre 2013).
Anche noi avremo fatto questa esperienza, versando lacrime di dolore e pentimento per i nostri peccati e lacrime di commozione e di gioia quando, in un rinnovato incontro con il Signore, avremo sperimentato la dolcezza della sua misericordia e la tenerezza della sua riconciliazione.
Papa Francesco è ritornato sul tema nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri di due anni fa, rivolgendosi in modo speciale ai Pastori della Chiesa: “Ci farà bene, a tutti ma specialmente a noi Sacerdoti, all’inizio di questa Quaresima, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene farci la domanda: “Io piango? Il Papa piange? I Cardinali piangono? I Vescovi piangono? I Consacrati piangono? I Sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?” (Papa Francesco, Omelia Mercoledì delle Ceneri, 15 febbraio 2015).
Pochi giorni fa, ricordando i terribili fatti recenti accaduti a Barcellona, il Santo Padre ci ha esortati a non cadere nella tentazione di pensare che la nostra esistenza sia un viaggio senza méta, fatto solo di dolore e sofferenza; la speranza cristiana ci invita a guardare in alto, verso un Dio che ci attende nel posto che da sempre ha preparato per noi e nel quale, con tenerezza di Padre, “asciugherà le lacrime dai nostri volti” e “farà nuove tutte le cose”. “C’è un Padre che piange con noi – ha affermato Papa Francesco – c’è un Padre che piange lacrime di infinta pietà nei confronti dei suoi figli. Noi abbiamo un Padre che sa piangere, che piange con noi. Un Padre che ci aspetta per consolarci, perché conosce le nostre sofferenze e ha preparato per noi un futuro diverso. Questa è la grande visione della speranza cristiana, che si dilata su tutti i giorni della nostra esistenza, e ci vuole risollevare. (Papa Francesco, Udienza Generale, 23 agosto 2017).
Le lacrime sono il segno di un’umanità autentica, di un cuore compassionevole che non si lascia impietrire, di una vita che si lascia ferire senza paura, vincendo la durezza e l’indifferenza. Proprio perché manifestano la nostra umanità più genuina, fanno cadere le nostre maschere e sciolgono le rigidità che spesso ci impediscono di essere noi stessi; esse sono una porta che ci introduce a Dio.
Così è della Madonna. Nella sua generosa umanità, nella tenerezza di Madre, nella partecipazione alla missione di Cristo Suo Figlio, Ella piange per noi.
Mentre la storia umana è segnata dal peccato, dal male, dalla violenza, dall’ingiustizia – e Dio non rimane impassibile, ma, anzi, in Gesù si commuove, soffre con l’umanità e la rigenera a vita nuova – Maria non rimane distante da questa “passione”; la Madre, dai piedi della Croce, partecipa con il pianto al dolore del mondo e intercede perché nessun grido di sofferenza dell’umanità rimanga inascoltato e non si levi fino alle viscere di Dio stesso.
Nelle lacrime di Maria, allora, sono raccolte le preghiere, le speranze, le fatiche, le sofferenze di ogni uomo; dentro quel pianto ci sono i crocifissi della storia, i poveri, gli oppressi e coloro che sono segnati dal fallimento, dalla paura e dal dolore.
In quelle gocce d’amore, che le solcano il viso, scopriamo di non essere mai soli: Maria, nostra Madre, è coinvolta nella nostra storia, si fa solidale con le vicende, a volte dolorose, della nostra vita personale, delle nostre famiglie e delle nostre città e sta sotto le nostre piccole o grandi “croci”, per aiutarci a portarle.
Infine, Maria presenta a Suo Figlio, tra le lacrime, le nostre difficoltà e le nostre paure, in special modo quelle che segnano questa terra di Sicilia, quelle “croci sociali” che di recente sono state definite “emergenze siciliane”: la mancanza di lavoro, la crisi della speranza nel futuro, la difficile situazione giovanile, una realtà in cui spesso prevale la logica della prepotenza e dell’arroganza e in cui mancano la trasparenza e la giustizia, e, non da ultimo, una diffusa rassegnazione che rischia di paralizzare le energie migliori e di farci accomodare nel conformismo e nella rassegnazione.
Non sono soltanto lacrime di lamento, e, soprattutto, non si tratta di un pianto di disperazione. Il pianto di Maria è un canale che conduce a Gesù questi travagli della nostra vita personale e sociale perché in Lui possiamo aprirci alla risurrezione, a quei “cieli nuovi e terre nuove” che ci ricordava la Seconda Lettura di oggi e che già qui dobbiamo costruire.
Le lacrime della Madonna devono infondere in noi una nuova fiducia. In esse si trovano tutte le oppressioni della nostra vita ma, presentate sul trono della Croce, esse vengono trasformate da Gesù, il quale inchioda le nostre morti sul legno della croce e ci dona una nuova forza per riprendere il cammino.
Se, accogliendo il Signore nella nostra vita, impareremo a piangere quando sbagliamo, a commuoverci dinanzi alla bellezza delle piccole cose della vita, a gemere insieme ai fratelli che soffrono, ad asciugare le lacrime di chi vuole essere consolato, allora il nostro pianto non sarà un sussulto di rassegnazione, ma l’inizio di un cambiamento, di un riscatto, di un rinnovato coraggio nell’essere testimoni del Vangelo e costruttori di un mondo più umano, più giusto e più santo.
Con le parole che Papa Francesco rivolse ai Sacerdoti e ai Consacrati di Nairobi, in Kenya, ma che possono oggi essere rivolti a ciascuno di noi, vorrei augurarvi di ricevere in dono la stessa compassione del cuore di Maria e il prezioso dono delle lacrime: “Non smettete mai di piangere. Quando a un Sacerdote, a un religioso, a una religiosa si seccano le lacrime, c’è qualcosa che non funziona. Piangere per le proprie infedeltà, piangere per il dolore del mondo, piangere per la gente che è scartata, per i vecchietti abbandonati, per i bambini assassinati, per le cose che non capiamo” (Papa Francesco, Discorso ai Sacerdoti, Religiosi e seminaristi di Nairobi, 26 novembre 2015).
Preghiamo Maria Santissima perché le sue lacrime sciolgano le durezze del nostro cuore e lo trasformino in un “cuore di carne”, capace di accogliere, di perdonare, di provare compassione e di amare. Questo ci permetterà di essere trasparenti all’azione di Dio in noi e ci renderà costruttori di un mondo rinnovato.