Carissimi Sacerdoti,
è con profonda gioia che condivido con voi questo momento di riunione e formazione all’interno della Conferenza Episcopale Spagnola, della quale saluto, con grande stima, il Presidente, e della quale conosco il profondo impegno nell’ambito della formazione, in generale, e della formazione del Clero, in particolare.
All’interno del grande cammino dell’Anno della Fede, mi è stato chiesto di proporre una riflessione sulla conversione del sacerdote. Nell’ambito della grande categoria di conversione, articolerò, pertanto, il presente intervento in due fondamentali punti: il sacerdote, uomo di fede, e il sacerdote, che è chiamato, per grazia, a sostenere la fede dei suoi fratelli.
Vorrei parlare dell’aspetto personale della conversione e dei risvolti pastorali, che essa sempre comporta.
1. Il sacerdote, uomo di fede.
All’interno del grande tema delle vocazioni, della loto qualità del loro numero e del discernimento, che sempre deve essere attento e competente, nel contemporaneo contesto secolarizzato, il primo dato, apparentemente scontato, ma che, in realtà, mai può, né deve essere sottovalutato, riguarda esattamente la fede dei candidati. Sin dal tempo del Seminario la Chiesa è infatti chiamata ad accogliere coloro che ritengono di aver ricevuto una soprannaturale vocazione al Sacerdozio, verificando, innanzitutto, che essi siano uomini di fede e che, in una fede limpida, robusta, provata e, perciò, capace di sfidare la cultura dominante, si innestino sia la vocazione in quanto tale, sia tutte quelle virtù umane e cristiane, in forza delle quali sia possibile non soltanto non individuare ostacoli all’ordinazione, ma giungere alla certezza morale che essa sia effettivamente un vero bene per la Chiesa.
di S.Em. il Card. Piacenza