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Consiglio Permanente CEI: formazione dei presbiteri alla prova di una “riforma”

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Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana si è riunito dal 22 al 24 settembre scorso, affrontando diversi temi. Tra questi, il primo, che riprendiamo dal Comunicato Finale dei lavori, riguarda la formazione permanente dei presbiteri e l’incisività del cammino dei Seminari. 

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Presbiteri alla prova della riforma

Il primo compito della sessione autunnale del Consiglio Permanente è stato quello di completare la preparazione dell’Assemblea Generale Straordinaria, in programma ad Assisi dal 10 al 13 novembre prossimo sul tema della vita e della formazione permanente del clero. Oltre a definirne l’ordine del giorno, il Consiglio ha approvato il testo dell’instrumentum laboris, curato dalla Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata.

Una sua Traccia, finalizzata all’ascolto dei sacerdoti, era stata sottoposta all’attenzione dei Vescovi già all’inizio dell’estate: dalle risposte giunte alla Segreteria Generale –rappresentative di tutte le Conferenze Episcopali Regionali – e dal confronto in Consiglio Permanente è emersa una generale condivisione dell’impianto teorico. Esso è ispirato a offrire una sorta di «agenda» su cui come Pastori convergere per esercitare quella primaria responsabilità che è la cura per il clero, per la sua santificazione, per lo stile e i contenuti del servizio che è chiamato a rendere alla comunità.

I Vescovi si sono ritrovati attorno a una concezione della formazione permanente che non si riduce a un aggiornamento teologico-pastorale, ma si muove nell’orizzonte di una conversione e, più ancora, di una «riforma» dei presbiteri. Il percorso – che si vuole “incisivo, comprensivo e propositivo” – punta alla verità del ministero e al carattere evangelico della sua pratica.

In questa luce, il Consiglio Permanente ha dedicato un’ampia attenzione al testo – che offre un indice argomentato di questioni – integrandolo con alcune sottolineature. Negli interventi si è posto in particolare l’accento sull’ “asse portante della vita del prete”, che ne qualifica il celibato e le relazioni umane, ossia il rapporto con Gesù Cristo, vivente e operante nella Chiesa. Da chi diventa sacerdote – è stato precisato – ci si attende un’inscindibile unità di persona e comunione, quindi un radicamento nel presbiterio e una piena disponibilità all’obbedienza: prescindere da queste dimensioni – hanno rimarcato i Vescovi – significherebbe compromettere non soltanto il servizio ministeriale, ma l’identità stessa della Chiesa.

Non è mancato il richiamo a una lettura sapienziale della situazione del clero in Italia, attenta a considerare i mutamenti sociali, nonché la riduzione numerica delle vocazioni e l’innalzamento dell’età media del clero. Una riflessione i Vescovi sentono di doverla fare anche sulla natura del Seminario, sulla sua capacità d’incidenza, sulla necessità di qualificarlo con proposte di servizio fra i poveri. Si avverte, inoltre, l’esigenza di mettere a punto un quadro delle esperienze da includere e valorizzare in un accompagnamento dei presbiteri che attraversino situazioni particolarmente problematiche.

In definitiva, il Consiglio Permanente ha apprezzato l’indicazione di soffermare l’attenzione dell’Assemblea su alcuni processi per una formazione che sia adeguata alle esigenze della Chiesa di oggi e aiuti a evitare di cadere in forme di esercizio del ministero che smarriscono l’essenziale, ossia quella gioia e quella fraternità con cui il consacrato è chiamato a vivere e a compiere la missione.