L’Assemblea Generale dei Vescovi italiana è riunita dal 10 novembre ad Assisi per discutere principalmente della formazione del clero. Nella sua prolusione, il cardinale Bagnasco, Presidente della Conferenza, ha esortato a guardare Cristo Buon Pastore perché in “Lui ogni pastore, come anche la fraternità presbiterale, deve imparare a rispecchiarsi”.
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Dall’Osservatore Romano del 10.11.2014
Si è aperta ad Assisi, con la prolusione del cardinale presidente, Angelo Bagnasco, l’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), dedicata in particolare al tema della formazione del clero. Le difficoltà derivanti dalla sua diminuzione o «da altre situazioni dolorose», ha detto il porporato, «le conosciamo, e le affrontiamo con la nostra responsabilità di Pastori; ma ciò non offusca per nulla la realtà del nostro clero che si dedica al proprio ministero accanto alla gente con ammirevole generosità».
Di fronte all’ora presente, ha detto Bagnasco «non ci lasciamo andare alla tentazione del lamento o del pessimismo, e neppure della ingenuità acritica». Dato che il Figlio di Dio, incarnandosi ha rivelato il volto di Dio e dell’uomo nuovo, ha spiegato il cardinale, «è in Lui che ogni pastore, come anche la fraternità presbiterale e ogni relazione, deve imparare a specchiarsi», «in Lui ognuno deve guardarsi nella verità, con fiducia e senza nascondimenti, al fine di integrare la propria affettività nella vocazione ricevuta, di far crescere l’indispensabile capacità di relazione e di collaborazione, di maturare la virtù della fortezza nelle inevitabili tensioni della vita e del ministero, di scoprire che il sacerdote non è un solista del bene, ma un chiamato a vivere la fraternità presbiterale con realismo, accettando le gioie e i limiti che anche le famiglie vivono nel loro interno». Il presidente della Cei nel suo intervento ha ricordato il recente Sinodo sulla famiglia, esprimendo ammirazione e gratitudine «alla moltitudine di famiglie che — nella fedeltà dei giorni e degli anni — con la grazia del sacramento e la fatica quotidiana custodiscono e fanno crescere la loro “comunità di vita e d’a m o re ”». Per questo, ha detto il porporato, «è irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure — seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria — per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dell’umano. L’amore non è solo sentimento — è risuonato nell’Aula sinodale — è decisione; i figli non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto a un papà e a una mamma». Alle famiglie italiane, il presidente della Cei ha rivolto anche un particolare ringraziamento per il ruolo che stanno svolgendo in un momento di forte crisi economica del Paese. La famiglia continua a essere presidio morale e materiale di fronte alla crescente crisi occupazionale, per la quale «ci auguriamo — ha detto Bagnasco — che si ragioni non in termini di finanza ma innanzitutto di produzione e sviluppo, assicurando con ogni sforzo che il patrimonio industriale e professionale, di riconosciuta eccellenza, possa rimanere saldamente ancorato in casa nostra». In Italia «non ci sono macerie di case da ricostruire» ma «macerie dell’alfabeto umano»: per questo, «per poter rispondere doverosamente al “che cosa fare?”, è necessario chiederci chi siamo, che cosa vogliamo essere. In altri termini, potremmo dire che bisogna rifondare la politica, rimettere cioè a fuoco che cosa vuol dire stare insieme, lavorare insieme per essere che cosa». Infine, un passaggio della prolusione è stato dedicato alla situazione dei cristiani in Terra santa e in Medio oriente: «Noi non possiamo tacere: le comunità cristiane di tutto il mondo leveranno la voce come un’onda contro questa ingiustizia che sa di genocidio, e che raggiunge l’abiezione di crimine contro l’umanità. È una sconfitta non di una parte, ma dell’intera civiltà».