Lettura del Giorno

San Giovanni d'Ávila - Memoriali per il Concilio di Trento

SJA
San Giovanni d'Ávila

Dagli scritti di San Giovanni d'Ávila, maestro di evangelizzatori - Scritti scelti

Ed. San Paolo

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23. Ottimo concilio sarebbe questo, se volesse rime­diare a tutto ciò, e vi volesse porre termine in modo tale, che ciò che serviva Bacco e la lussuria venisse consacra­to alla riparazione dei templi mistici del Dio vivente; e, in riparazione dei gravi scandali che ha ricevuto in pas­sato dagli ecclesiastici, il popolo fosse d’ora in poi note­volmente edificato, e tanti poveri e bisognosi, malati e carcerati venissero aiutati, e tante anime guadagnate gra­zie alla dottrina e alla vita degli ecclesiastici! I quali si potranno così liberare da quel giusto lamento che, altri­menti, nel giorno del giudizio rivolgeranno contro di loro le persone bisognose, perché non fu loro dato ciò che era loro dovuto, e piuttosto fu speso nei piaceri, anziché per le loro vite e le loro anime. Grande servizio farà a Dio chi farà rifiorire questo albero ecclesiastico, che è così secco a causa dei nostri peccati, e sfiorito il popolo che era un fiore. E farà un grande danno colui che non porrà rimedio a ciò, perché qui si applica in mo­do pieno ciò che dice il profeta: Principes tui in medio tui, sodi furum (Is 1,23); perché, se si può rimediare a queste spese sacrileghe e non lo si fa, ciò vuol dire appro­vare l’errore, perché poi è difficile resistere, e si diventa complici del furto, e poi si divide anche la pena. E sia chiaro che ciò che così avanza dalle rendite ecclesiasti­che deve essere speso in modo accurato, e si presti atten­zione a che non se ne approprino i re.

[Inconvenienti nella pratica]

24. Ciò che si è voluto dire è che coloro che diverran­no ecclesiastici devono essere chiamati e non fagocitati, e nessuno di loro sia ordinato se non è stato formato in questi collegi, perché su di essi sembrano basarsi i rime­di ai mali anzidetti, e così in ogni caso conviene prende­re le giuste cautele.

A questo proposito, sembra che possa costituire un inconveniente il diritto di patronato, che consente ad alcuni di presentare delle persone perché ottengano be­nefici o cappellanie. Perché, se costoro considerano tale diritto una forma di lucro, e non rivolgono la loro atten­zione a scegliere il più degno, ma il padre presenta il figlio o il parente, e il signore il suo servo, allora, sicco­me succede che quelli che sono presentati, non sono né portati, né hanno alcuna voglia, né hanno la disposizio­ne necessaria per entrare a fare parte della Chiesa, e sono solo spinti ad entrarvi per ottenere potere o per favori­re gli interessi propri o quelli altrui, ne escono cattivi chierici e tipi che turbano l’ordine dato, E se, una volta entrati nel collegio, si vogliono mandar via perché ri­tenuti inadatti, coloro che detengono lo ius patronatus insistono in tutti i modi perché non vengano espulsi, e cercano di piegare la rettitudine di coloro che hanno il potere nei collegi o sono per loro causa di grande inquie­tudine, e forse anche di cattive opere, per ottenere ciò che desiderano. E per liberarsene, ma a modo loro, pre­senteranno altri, altrettanto indegni, in modo che il fon­damento che abbiamo appena illustrato cadrà, ossia che nessuno arrivi al chiericato se non chi lo desidera molto ed è chiamato ad esso dal superiore. E, poiché a questo si deve mirare, sarà bene eliminare il contrario di ciò, per quanto possa essere o sembrare importante. Si faccia ciò togliendo lo ius praesentandi ai laici che lo hanno già, pur lasciando loro una parte del beneficio o della cappella- nia; e d’ora in poi si potrà rimediare a ciò facendo in modo che il superiore non confermi questa presentazio­ne. Tuttavia, osservando le forze che hanno e che impie­gano per ottenere ciò che vogliono coloro che presenta­no, sembra che non ci sia altro rimedio se non quello di eliminare il male alla radice, e così questo fondamento origine di molti beni rimarrà forte: che non vi sia nessun ecclesiastico che non sia volontario e ben formato.

25. Vi è un altro inconveniente, e non minore, contro questi ordini che sono stati dati, per cui c’è bisogno di un rimedio non minore; ed è che, nel momento in cui il desiderio di entrare a far parte della Chiesa è molto chia­ro in alcune persone per fini diversi, non intendono stare semplicemente ad aspettare di essere chiamati, ma van­no a bussare, e sinanche a sfondare le porte, chiedendo di diventare chierici e di essere ammessi ai collegi, affer­mando di volersi sottoporre alla loro disciplina. A que­sti deve essere detto quanto fanno male a voler entrare, e quanto è pericoloso questo stato, essendo tanto gran­di le sue esigenze, e tanto grande la nostra debolezza. E che vi riflettano ancora, se è una cosa che fa veramente per loro. E occorre spiegare loro come non vi è la sicu­rezza che essi pensano, con la loro poca esperienza.

Ed è sicuro che, dopo tutto, ve ne saranno molti che non verranno dissuasi dal loro proposito né con il rigo­re della disciplina, né con il consiglio di alcuno. E sem­bra che per costoro sarebbe bene che ci sia un’altra casa o tipo di collegio, nella quale vi sia una persona buona e dotta scelta dal vescovo, e possano vivere lì nello stesso modo come negli altri collegi, salvo che dovranno ascol­tare le lezioni in questi altri collegi, per non avere doppi costi dei maestri. E lì entrino e vivano coloro che voglio­no essere chierici, senza aspettare di essere chiamati, e se poi diventassero ciò che devono, il vescovo e quanti ope­rano le scelte li trasferiscano agli altri collegi. Altrimenti, che siano espulsi da detta casa e che non abbiano moti­vo di chiedere di essere ammessi al sacerdozio, giacché per colpa loro non ne sono degni. E tutto ciò con tanto rigore e rettitudine come nei collegi principali. E deve essere chiaro che coloro che saranno ospitati in questa casa, dovranno mantenersi con il loro denaro, giacché vogliono prendere lo stato ecclesiastico di loro propria volontà. E coloro che non ne avessero, svolgano un altro lavoro, o lo imparino, in modo da essere chiamati dal superiore o da chi opera la selezione. E così succederà che nessuno verrà ordinato se prima non viene messo alla prova con un’educazione degna della condizione di ecclesiastico, e questo sarà il rimedio ai mali del chieri­cato.

In Spagna vi è grande carenza di insegnamento e di educazione per i bambini; e da qui nasce tanta ignoran­za per quando poi saranno grandi, tanto che molti vec­chi non sanno nemmeno le preghiere della Chiesa né sanno farsi il segno della croce. Per porre rimedio a ciò, in Spagna sono stati fondati alcuni collegi per bambini orfani e abbandonati, in cui viene insegnata loro la dot­trina cristiana, e questi la insegnano al popolo con molto profitto. Sarebbe conveniente che si desse ordine di fare ciò dappertutto dove non viene fatto. E a questo scopo converrebbe ottenere alcune prebende dalla Chiesa, che sarebbero così ben impiegate, o comunque cercare un’al­tra fonte di sostentamento.