Lettura del Giorno

San Giovanni d'Ávila - Memoriali per il Concilio di Trento

SJA
San Giovanni d'Ávila

Dagli scritti di San Giovanni d'Ávila, maestro di evangelizzatori - Scritti scelti

Ed. San Paolo

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20. Per quanto riguarda la vita della gerarchia, dei canonici e dei prebendari, è risaputo a tutti che essi sono la favola del mondo, e il bersaglio dei laici, e lo scanda­lo    comune della Chiesa; infatti, per la maggior parte, non predicano, né leggono [le Sacre Scritture], né confessa­no, né dicono messa, addirittura per quasi tutto l’anno; e molti vivono in disonestissima compagnia, senza che nessuno intervenga perché la si possa loro togliere. E al­cuni di essi sono così svergognati, che, con vestiti profa­ni e variamente acconciati, competono con i più profani del mondo. E non sanno neanche cantare in un coro, che è così facile, o non lo vogliono fare. E costoro, che così poco frutto danno alla Chiesa, se ne prendono la parte migliore, togliendola ad altri che ne sarebbero degni, e alla bocca dei poveri. Pertanto con gran ragione questo sacro concilio deve provvedere e togliere questo obbro­brio da Israele e un così grande abominio nel luogo san­to di Dio. E a questo scopo non era necessario fare una nuova legge, ma conservare quella vecchia e dissotterra­re la regola della virtù, che i cattivi con il loro cattivo mo­do di vivere hanno seppellito. Non molti anni fa, infatti, i canonici vivevano in comunità, secondo quanto appa­re dalle loro case negli edifici che si trovano in molte parti; e san Domenico fu rettore nella chiesa di Osma, dove vivevano i canonici regolari. E se si ordinasse que­sta vita di comunità, scomparirebbero tante cattive ope­re e tanti cattivi esempi, e vi sarebbero i mezzi perché tutto vada bene. La castità sarebbe più salvaguardata; la temperanza nel vitto e nel vestire sarebbe più rigida; e, di conseguenza, vi sarebbero maggiori entrate da utiliz­zare in opere pie; e ci sarebbero più mezzi per le lettere e per dire le preghiere del giorno e della sera nei tempi stabiliti; e, per finire, tutto ciò andrebbe a favore di tutte le virtù e migliorerebbe la vita nella regola, poiché per questo si chiamano regolari. Tutto ciò sarebbe un male solo per la carne e per i vizi, e per questo motivo è la cosa migliore.

E se i nostri peccati impedissero tutto ciò, si provve­da allora e si realizzi un collegio vicino alla chiesa catte­drale nel quale, durante alcuni anni, si formino, sottopo­sti a rigida disciplina, con l’obbligo di essere presenti alle preghiere del giorno e della sera, seguendo alcune ore di studio, nella misura in cui è loro possibile, poiché non vi è ragione per cui coloro che sono causa di una spesa maggiore, e si trovano nella chiesa e in quella principale rispetto alle altre, vengano formati con minore discipli­na rispetto ai chierici poveri delle chiese minori; piut­tosto, sarà utile qui dedicare maggior attenzione e co­stringerli a condurre una vita così severa, che i cattivi la ritengano una pensione tanto dura che, per non sotto­porsi, non cercheranno di prendere questa paga, o non la cercheranno con l’affanno con cui la vogliono. E in ogni caso è ben giusto che, come la chiesa cattedrale, quando viene consacrata, è indicata con croci, così la vita di coloro che in essa devono vivere, deve essere talmen­te costellata di croci, che i cattivi la dovranno sfuggire e solo i buoni la dovranno abbracciare. E conviene che la croce di questa chiesa sia la più grande, visto che i leoni, i lupi e gli orsi che mangiano la carne più grossa che è in essa, e che senz’altro arriveranno, sono più astuti e forti. E per far scappare questi diavoli è necessario opporre lo­ro con forza una croce. Perché, altrimenti, né essi smet­teranno di avvicinarsi sentendo l’odore della carne, né vi saranno forze che lo potranno impedire, né mezzi per far perdonare il male che fanno pur chiamandosi canonici ma non rispettando affatto la regola. Che lascino il nome o ne siano all’altezza, giacché il contrario è ipocrisia abo­minevole.

E se non si può fare in modo che tutti entrino in que­sto collegio, perlomeno sarà bene che si faccia per coloro o quali vogliono starci; non vi è infatti ragione per la quale, a causa dei cattivi, scompaiano ottimi strumenti per i buoni. E, se questo non sembra un bene, che si formino negli altri collegi; perché in nessun modo conviene che costoro vengano formati senza disciplina, perché sono chierici principali e perché vengono additati come esem­pio ai laici e ai chierici. E, se non si accede a nessuna di queste cose, essi continueranno ad essere come sono stati finora, per quante leggi possano essere loro applicate.