Lettura del Giorno

San Giovanni d'Ávila - Memoriali per il Concilio di Trento

SJA
San Giovanni d'Ávila

Dagli scritti di San Giovanni d'Ávila, maestro di evangelizzatori - Scritti scelti

Ed. San Paolo

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18. Gli obiettivi da raggiungere mostrano la condizio­ne dei mezzi che devono essere presi. Quindi, visto che cerchiamo uomini che diventino sacerdoti, e non filoso­fi o potenti, non dobbiamo tanto rivolgerci a coloro che posseggono particolari abilità, né alle persone di alto rango, quanto piuttosto ai buoni, anche se privi di altre caratteristiche. E coloro che si preoccupano per davve­ro del bene della Chiesa, devono sempre aver timore di cadere in questo errore, e prevenire questa situazione con buone leggi; perché, dato che per la maggior parte siamo esseri carnali, consideriamo molto ciò che è carne, come per esempio le lettere, e la capacità, e cose simili, e poco ciò che è spirito, come per esempio la virtù, e co­sì, preferiamo la carne allo spirito. Il che apre la strada alla distruzione della Chiesa e all’avere quei sacerdoti e maestri, dei quali il Salvatore dice: Quaecumque dicunt vobis, facite: secundum autem opera eorum, nolite facere (Mt 23,3).

Bisogna inoltre stare attenti all’età di coloro che devo­no diventare chierici. Perché, quanto maggiore sarà que­sta, più sicura sarà la scelta, e quanto minore, meno sicu­ra, perché in quest’ultima età la natura non ha ancora dato il suo frutto, né ha detto ancora ciò che sarà, anche se sono già comparsi i fiori. E l’esperienza ci mostra che molti i quali da bambini sembrano angeli, diventano poi tutt’altro. Di modo tale che, così come le messi, quando sono ancora in crescita, non si può dire ciò che saranno in futuro, ma ciò si potrà dire solo quando saranno or­mai cresciute e quasi ormai pronte per la mietitura, così accade qui. E poi, nella maggiore età, ci sono meno dub­bi che nella prima. Si prenda in considerazione ciò che è più sicuro, e si tralasci ciò che è più dubbio, ché così si suole fare nelle questioni di molta importanza.

Oltre a questo, l’esperienza ha dimostrato negli ordi­ni religiosi quanto migliore risultato diano coloro che prendono i voti già in età adulta, rispetto a coloro che lo     fanno da giovani, e sarebbe inoltre cammino ben lungo che la Chiesa si occupasse di qualcuno, come si dice, dalla culla fino al sacerdozio. Inoltre, non è giu­sto mescolare in un collegio giovani e uomini fatti; e quindi, vanno scelti di età adeguata, che deve essere piuttosto maggiore che minore, perché è meglio sce­gliere pochi, e tali, che poi non vi sia bisogno di scar­tarne nessuno, piuttosto che aprire la porta ed essere disponibili a ricevere chi possa poi essere di peso agli altri, sicché sia in seguito necessario dimetterlo o dar­gli gli ordini pur essendone egli indegno. L’una e l’al­tra cosa sono causa di grande sofferenza o di peccato. Sembra che sarebbe bene che avessero almeno vent’anni, che è un’età convenientemente ragionevole. E a questo converrà prestare attenzione, che non si dica dei nostri tempi che quicumque volebat, fieri sacerdos (1Re 13,33) ecc., come ai tempi di Geroboamo, ma che lo sia colui che merita di esserlo.

Perché, quale maggiore male può esservi, per tutte le professioni, se non aprirne l’accesso in base alla sola vo­lontà di coloro i quali chiedano di fame parte? E aprire l’accesso proprio a questa, dato che è la più alta e di maggiore importanza per la Chiesa, sarà causa di mag­gior danno. E, quindi, si devono cercare i mezzi e dispor­re ogni tutela perché siano ammessi allo status clericale solo coloro che ne sono adatti. E se altri venissero am­messi, siano essi espulsi senza alcuna remora. E per que­sto si devono imporre gravi scomuniche ai superiori e ai loro assistenti, al pari di quelle che vengono imposte agli inquisitori sull’uso del loro officio, cosicché in nessun modo vengano ammessi all’educazione ecclesiastica co­loro che non sembrano essere degni; e, se fossero am­messi, che vengano espulsi, di fronte alla prova della loro indegnità. E nella pratica fedele di queste due cose, l’am­missione e l’espulsione, sta la radice della buona riusci­ta. E se vi è errore in questo, allora è chiara la perdizio­ne. Quindi, si rafforzino questi due passi per quanto sia possibile.