Lettura del Giorno

San Giovanni d'Ávila - Memoriali per il Concilio di Trento

SJA
San Giovanni d'Ávila

Dagli scritti di San Giovanni d'Ávila, maestro di evangelizzatori - Scritti scelti

Ed. San Paolo

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11. E anche se su questa conclusione non resta che deliberare, si potrà fare nel modo più opportuno. E per questo a ciascuno dovrebbe essere permesso abbondare nell’esprimere la sua opinione e dare il suo parere, se non ci fosse di mezzo un concilio, tenuto a Toledo, che ha già manifestato la via da seguire su questi argomenti. Di modo che, poiché non c’è da dubitare per quanto riguarda il primo aspetto, poiché è evidente dove sta la ragione, per il secondo nemmeno si può dubitare, dal momento che esiste una determinazione che viene da un concilio. E quindi, con il consenso di tanti e l’aiuto dello Spirito Santo, è stato deciso ciò che deve essere fatto, e possiamo quindi ora evitare il lavoro della delibera, e passare a quello della esecuzione di ciò che, per i pecca­ti e le calamità della Chiesa, ora non si usa più. Dice quindi detto concilio: Omnis aetas ab adolescentia in malum prona est, nihilque incertius quam vita adolescentium. Ob hanc constituere oportuit, ut si impuberes, aut adolescentes, in clero existunt, omnes in uno conclavi commaneant, ut lubricae aetatis annos non in luxuria, sed in disciplinis ecclesiasticis agant, deputati probatissimo senio­ri, quem et magistrum doctrinae et testem vitae habeant [L’età dell’adolescenza è quella in cui si svegliano le pas­sioni, sicché nulla è più incerto di questa età. Per tale motivo, conviene stabilire che, se tra gli aspiranti al clero vi siano degli adolescenti, questi vengano tenuti in un edificio isolato, perché durante gli anni in cui le passio­ni si eccitano più facilmente, non cadano nella lussuria, ma siano protetti dalla disciplina ecclesiastica, sotto la direzione di un sacerdote anziano che sia loro maestro di dottrina e di vita].

12. Quanto dice il concilio sembra debba essere pra­ticato nel modo seguente: che in ogni diocesi venga aper­to un collegio, o più di uno, a seconda della grandezza delle città, nei quali vengano educati, prima che siano ordinati, coloro che dovranno diventare sacerdoti. E così come si scelgono i migliori puledri che ci sono, e si por­tano alle scuderie del re e vengono sottoposti alla mano di un maestro perché, curati e addestrati, crescano in modo tale che il re si possa servire di loro senza vergo­gnarsene, così qui, fra i giovani virtuosi presenti, si desti­nino a questa scelta coloro che si ritengono adatti, e siano quindi consegnati ai loro rettori e maestri in modo che, in stato di clausura e obbedienza, si possano esercitare in digiuni e preghiere e nelle regole del vivere one­sto; e con la grazia del Signore, e dopo di questa con l’at­tenzione e il sudore del superiore, siano pronti per esse­re gli avvocati del popolo di Dio, con l’offrire il Figlio unigenito davanti all’alta corte di suo Padre. E imparino soprattutto la bontà, e poi le lettere, in modo da poter essere, senza pericolo, maestri e costruttori di anime. E così come, nei monasteri che li ospitano, i novizi sono addestrati dai maestri, così avverrà in questo caso, dal momento che la dignità del sacerdozio e l’assistenza delle anime devono essere affidate a coloro che nella di­sciplina del monastero per primi hanno dato buona pro­va di sé, secondo quanto dice sant'Agostino: Ita vive in monasterio, ut clericus effici merearis.

E questa organizzazione della vita ecclesiastica non sarebbe nuova, dal momento che vi è un concilio antico che la comanda. Ed è da credere che, dopo essere stato così ordinato, per qualche tempo questo sia stato l’uso. E la stessa cosa fece sant’Agostino, del quale si dice: Factus presbyter, monasterium clericorum instituit. E di sant’Ambrogio si dice che aveva un altro monastero fuori dalle mura di Milano. E in questo modo, nel giro di pochi anni avremo sacerdoti diversi e anche città di­verse da come sono ora.