Dagli scritti di San Giovanni d'Ávila, maestro di evangelizzatori - Scritti scelti
Ed. San Paolo
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
[Il suo amore al Padre si riflette su di noi]
5. Ora andiamo avanti e vediamo, da queste così grandi ricchezze, qual è la parte che a noi deriva. Dimmi: quando quest’anima santissima, nel felice istante in cui fu creata, dovesse aprire gli occhi e vedersi come hai sentito, e venisse a sapere da quali mani le giunga tanto bene, e, come colui che nasce re e non lo diventa col vincere in battaglia, si trovasse con il potere su tutte le creature, e vedesse di fronte a sé in ginocchio tutte le gerarchie del cielo, che in quel momento gioioso lo adorino, come dice san Paolo (Eb 1,6); dimmi, se ti è possibile, con quale amore un’anima siffatta amerebbe colui che in questo modo l’ha glorificata? Con quali aneliti potrebbe desiderare che gli venisse offerto qualcosa con cui poter ringraziare e servire un siffatto Donatore? Ci sono lingue di cherubini o di serafini che possano esprimere tutto ciò?
6. Voglio dire ancora di più: (supponiamo che) a questo desiderio così grande venisse detto che la volontà di Dio è di voler salvare il genere umano (cfr. 1Tm 2,4), che era perso per la colpa di un uomo (cfr. Rm 5,18); e di questo ufficio si occupasse il Figlio benedetto mediante il suo onore e la sua obbedienza, e prendesse su di sé questa impresa così gloriosa, e non riposasse finché non ne fosse venuto a capo. E siccome il modo in cui tutte le cause e tutte le creature operano è attraverso l’amore - giacché tutte operano per un certo fine al quale tendono, il cui amore, concepito nelle loro viscere, le spinge ad operare -, e, quindi, Egli doveva farsi carico di questa opera di redenzione degli uomini, amandoli con tanto amore e desiderio che, per amore di vederli redenti e restituiti alla loro gloria, si mettesse a fare e soffrire tutto ciò che fosse necessario allo scopo.
Ora dimmi: dopo che quell’anima, così desiderosa di rendersi grata all’Eterno Padre, ebbe conosciuto tutto ciò, dimmi: con quale specie di amore si sarebbe potuto volgere di nuovo verso gli uomini per amarli e abbracciarli per quell’obbedienza al Padre? Vediamo che, quando con un colpo di artiglieria si spara una palla con molta polvere e forza, se essa rimbalza di striscio rispetto a dove era indirizzata, con maggior forza rimbalza quanto maggiore era la forza con cui era stata sparata. Quindi è così che quell’amore dell’anima di Cristo nei confronti di Dio portava in sé una forza tanto mirabile - giacché la polvere della grazia che la spingeva era infinita - che, dopo essere andato a colpire dritto dritto il cuore del Padre, si sarebbe trasformato in amore per gli uomini, allora con quanta forza e gioia non si sarebbe riversato su di essi per amarli e redimerli? Non esiste lingua né virtù creata che possa esprimere ciò.
Questa è quella forza a cui si riferiva il profeta quando disse: Esulta come prode che percorre la via. Egli sorge da un estremo del cielo e la sua corsa raggiunge l’altro estremo: nulla si sottrae al suo calore (Sal 18,6-7). Oh amore divino, che venisti da Dio, e ti dirigesti verso l’uomo, e ti volgesti di nuovo verso Dio! (cfr. Gv 16,28). Perché non ami l’uomo attraverso l’uomo, ma attraverso Dio; lo hai amato in tanti modi, che chi considera questo amore non si può difendere da esso, perché un tale amore dà forza ai cuori, come dice l’Apostolo: Poiché l’amore del Cristo ci spinge (2Cor 5,14). Questo è quel fervore e quella leggerezza che volle indicare la santa Chiesa, tua sposa, nel Cantico dei Cantici: Una voce! Il mio diletto! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. Somiglia il mio diletto a un capriolo o ad un cerbiatto (Ct 2,8-9), con la sua leggerezza. Questa stessa cosa volle dire il profeta Isaia quando disse: Non verrà meno e non si abbatterà, e per la sua dottrina saranno in attesa le isole (Is 42,4). Da qui nacquero quelle parole così incoraggianti che dicesti: Non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non trovi una sede per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe (Is 131,4-5).
Questa è la fonte e l’origine dell’amore di Cristo verso tutti gli uomini, se vi è qualcuno che la vuole conoscere. Perché non la bontà è causa di questo amore, né la virtù, né la bellezza dell’uomo, ma le virtù di Cristo, e il suo ringraziamento, e la sua grazia, la sua ineffabile carità nei confronti di Dio. Questo vogliono dire quelle parole che egli disse il giovedì dell’ultima cena: Ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui (Gv 14,31). Dove? A morire sulla croce. Gusta, dunque, allora, anima mia!, la causa di questo amore così grande. Più sono potenti i raggi del sole che lo fanno brillare, più brucia il suo splendore. I raggi del fuoco di questo Sole divino vanno dritti al cuore di Dio; da lì rimbalzano sugli uomini. Allora, se i raggi sono così potenti, non brucerà tanto di più il suo splendore?