Lettura del Giorno

Il sacerdote alla luce del Vaticano II [Cap 2]

Luciani Patriarca
Albino Luciani

L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote alla luce del Vaticano II

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5. « Gruppi di pressione » per le riforme da accelerare. Sempre dalla stampa, apprendo che esistono qua e là. « I vescovi non hanno coraggio e dinamismo? Ne avremo noi per loro! Se essi mettono il piede sul freno, noi lo mettiamo sull’acceleratore ! ». Agiscono separati o in gruppo, appellandosi o ai « carismi personali » ricevuti o alla democratizzazione della Chiesa e usando la doppia tattica della clan­destinità e della « politica dei fatti compiuti »: quest'ultima dovrebbe costringere i vescovi a benedire e sanzionare ciò che senza di loro o contro di loro è ormai stato introdotto. Ma tale sistema — specialmente se applicato su larga scala — condurrebbe a una vera « sovver­sione » nella Chiesa. Questa, infatti, non può democratizzarsi nel sen­so che i poteri dei vescovi vengano — come usa dire — dalla « base ». Quanto ai carismi sacerdotali, essi esistono, a volte abbondanti e in grado eminente ed i vescovi devono apprezzarli e usarli, non però prima di averli prudentemente verificati. Lo ricorda il Concilio: « fra doni (distribuiti dallo Spirito) eccelle quello degli Apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette i carismatici ». « I pastori hanno il       compito di giudicare sulla genuinità e retto uso dei carismi »68, oggi soprattutto, quando il carisma è « detto passare attraverso nomi di guerriglieri, di preti sospesi a divinis, di studenti caricati dalla polizia, di operai che assaltano e occupano la fabbrica » (F. V. Joannes). Nel caso poi che il vescovo non potesse o non volesse applicare qualche punto del Concilio, i sacerdoti possono averne dolore e rispettosa­mente parlare al loro superiore; in nessun caso, però, essi acquistano diritti di alcun genere contro di lui, neppure in seno al Consiglio presbi­terale che « vocem habet tantum consultivam »69 e che non va conce­pito come sindacato contro il vescovo oppure come comunione o unione di preti di fronte al vescovo o senza il vescovo. Lo stesso padre Schillebeeck ha scritto: « Allorché la contestazione va contro la Gerarchia, non è più cattolica » 70.

6.  Sacerdozio plurimo nei modi di attuazione. Qui siamo su terreno che scotta, deliberazioni in materia possono essere prese solo dal Papa da solo o con il Collegio dei vescovi. Frattanto, nessun sacerdote « può celebrare l’Eucarestia, se non è d'accordo col vescovo nell'esercizio della missione, nella scelta di un modo di vita, che talvolta, giunge fino a includere il matrimonio. Nessun gruppo può considerarsi comu­nità ecclesiale, se pretende di fare appello al ministero di un prete e questi rifiuta le esigenze concrete della comunione col suo vescovo ».

Il   Consiglio Permanente della. Conferenza Episcopale Francese ha di recente (1 giugno 1970) ricordato questi principi, preoccupato di casi, che stanno verificandosi in senso contrario qua e là in Europa. Si vogliono, cioè, muove forme di Chiesa: accanto alla parrocchia tradi­zionale sorge la « chiesa fraterna » o « libera », fatta di un piccolo gruppo di amici, coetanei ecc. Essa riconosce come sua guida un sacer­dote cosiddetto « accettato » e detta le condizioni, che regolano le relazioni tra la comunità e detto sacerdote o « specialista religioso », che può essere celibe, sposato, a tempo parziale, con occupazione civile, ad tempus, capo-famiglia 71.

Di solito queste chiesuole si dichiarano « comprensive » verso la Chiesa ufficiale. A volte, abbiamo invece la contestazione aperta e ci si esprime come segue: « Per amore della chiesa fraterna dovremo respingere ogni pronunciamento o manifestazione della Chiesa istitu­zionale, disconoscendone la legittimità ecclesiale. Dovremo contribuire alla distruzione della chiesa quale apparato amministrativo, delle sue associazioni e dei suoi enti, della sua stampa ufficiale e degli edifici ecclesiastici, delle sue norme canoniche vecchie e nuove, ecc. Dovremo inventare nuovi modelli di comportamento fra membri della comunità (ed in particolare fra ministri e fratelli « comuni ») e smascherare e combattere nello stesso tempo criticamente gli elementi e le strutture autoritarie attuali, che ideologicamente vengono fondate già nella cate­chesi corrente, nel modo di praticare la liturgia, di presentare il “sacro” » 72

Paolo VI pensava forse a fenomeni di questo genere, quando di­ceva: « La Chiesa si trova in un momento... si potrebbe dire di auto- distruzione... È come se la Chiesa si percuotesse essa stessa »73.

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68  LG, 7 (298), AA, 3 (921).

69  Ecclesiae Sanctae n. 15-3 (2238).

70  La Croix, 8-2-1969.

71  Cfr IDO-C, 2, p. 13 ss.

72  Alexander Langer, Contro la falsa « democratizzazione » della Chiesa, in Testimonianze n. 119, 1969, pp. 809-810.

73  L’Osservatore Romano, 8-12-1968.