Lettura del Giorno

Il sacerdote alla luce del Vaticano II [Cap 2]

Luciani Patriarca
Albino Luciani

L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote alla luce del Vaticano II

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2. Circa il celibato, temo che alcuni (da quei lettori curiosi, ma acritici che sono) siano vittime inconscie di una martellante campa­gna di stampa, che da tempo insistentemente batte su due chiodi: primo, il celibato sia facoltativo, lasciato ai soli sacerdoti che hanno il carisma della castità; secondo, la decisione sia rimessa — almeno ad experimentum — alle singole Conferenze Episcopali. E cioè: i ve­scovi della tal nazione chiudono? il celibato obblighi tutti i sacerdoti di quella nazione; i vescovi dell'altra nazione aprono? il celibato ob­blighi chi lo ha scelto.

È un vero guaio che né la stampa né i lettori ricordino che — alla luce della tradizione orientale e occidentale — massima conces­sione attuale potrebb'essere di promuovere al sacerdozio uomini già sposati e non di concedere le nozze a uomini che già sono preti.

Altro guaio è che in riviste e giornali appaiano spessissimo opi­nioni e lamenti di preti e su preti isolati, insicuri, desolati (quasi che isolamento, avvilimento e solitudine non investissero anche gli altri uomini) e poco, invece, o niente, si legga di confortante e di corro­borante sulle gioie, non mondane ma vere, che non mancano al sacer­dote, sulla grande libertà e maturità, con cui si desidera e si procura oggi che i giovani accedano ai Sacri Ordini e su quanto il clero, nella sua maggiore e miglior parte, va attuando con coraggioso e gioioso dinamismo nel campo della carità e dell'apostolato.

In questa maniera il problema è presentato irrealisticamente, si generano di là false opinioni e disorientamenti, di qua attese irrealiz­zabili e paralizzanti. Per troncarle, l'Episcopato Italiano ha dichia­rato: « Per la nostra responsabilità verso l'intero Popolo di Dio, in piena conformità all'insegnamento del Concilio Vaticano II e dell'En­ciclica Sacerdotalis coelibatus, riaffermiamo che il celibato sacerdo­tale, scelto per amore e imitazione di Cristo e per un più completo servizio ai fratelli, costituisce per le nostre Chiese un bene irrinun­ciabile, del quale si avverte più che mai la necessità » 63.

L’Episcopato Tedesco era stato altrettanto chiaro e ferino, « I sa­cerdoti che il S. Padre scioglie dall'obbligo del celibato noi li voglia­mo aiutare a poter prendere un’altra professione . . . Ma noi non possia­mo affidare nuovamente a nessun sacerdote, che abbia abbandonato lo stato sacerdotale, i compiti che sono riservati al sacerdote o al diacono. Tutti i sacerdoti ed i gruppi di sacerdoti, che obiettano con­tro l’impegno del celibato, devono dire con onestà in che posizione si trovano interiormente con la loro personale decisione di celibato.

Non si può accettare che nella comunità della Chiesa ci sia a questo riguardo mancanza di chiarezza e che cresca un'atmosfera che rende più difficile la via del celibato » 64.

3.    Impegni politici del sacerdote. Da noi questo problema spunta appena adesso.

Camillo Torres, sacerdote, ucciso in America dopo quattro mesi di guerriglia contro il governo, è divenuto per alcuni un eroe e la violenza difensiva aperta dei poveri viene proclamata in certi casi ne­cessaria per trasformare sul serio e presto le « strutture » sociali, che starebbero operando la violenza offensiva tacita e continua. I mede­simi giovani, che ieri dal Viet-Nam prendevano occasione per impre­care contro ogni guerra, oggi dichiarano « sante » certe altre guerre. Ieri esigevano dalla Gerarchia mani assolutamente pulite da ogni poli­tica: oggi reclamano per i sacerdoti il diritto di accettare — alla pari di ogni altro uomo — posti di responsabilità nei partiti politici, di­chiarano che la teologia non può non essere politica. Si spingono fino a parlare del dovere sacerdotale di inserirsi nel mondo della politica per cristianizzarlo. Ma tutto ciò non pare conforme alla logica del Concilio e al buon senso. L'uomo di tutti — in via normale — non può diventare l’uomo di un partito. Santificano, evangelizzando ed animando cristianamente le realtà temporali, sia i laici che i preti; ma i primi, restando immanenti al mondo, si dedicano di preferenza alla animazione cristiana; i secondi, trascendendo il mondo, si dedi­cano di preferenza alla evangelizzazione. Eccezioni sono possibili, ri­cordiamo don Sturzo e Ignazio Seipel, ma attenti alle illusioni: la politica divora un po’ alla volta i suoi uomini: i partiti espellono spesso i propri gregari dopo lotte intestine talvolta feroci con strascichi di delusioni e di amarezze. È là che vogliono immettersi questi sacer­doti? 65.

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63  Comunicato della IV Assemblea Generale della C E I, 19-4-69.

64  Dichiarazione dell’Assemblea Straordinaria di Fulda, 28 e 29 Die. 1968, in Civiltà Cattolica, n. 2847, p. 270.

65  Ciò che si dice dei partiti, colle debite proporzioni, va detto dei vari sinda­cati. Si obietta l'iscrizione, suggerita sinora da vescovi italiani a sacerdoti, re­ligiosi e suore, a una data corrente sindacale della Scuola Media. Sembra che parzialmente l’obiezione si possa accogliere. Va però notato che, nel caso, ci sono aspetti particolari: l'ecclesiastico entra nel cennato sindacato come eccle­siastico; sostiene i colleghi nella difesa dei loro diritti, ma inoltre aspetta l’ap­poggio dei colleghi nella eventuale difesa di alcuni diritti della Religione nella Scuola.