L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote alla luce del Vaticano II
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1. « Matteo Ricci non ha fatto l’astronomo tra i Cinesi per convertire i Cinesi? Roberto de Nobili non s e fatto paria per convertire i paria? Il sacerdote di oggi si faccia operaio, dividendo il lavoro, il genere di alloggio e di vita degli operai, se vuole convertire gli operai! ».
Qui il lavoro manuale sacerdotale è voluto per uno scopo missionario. Nei casi in cui tale lavoro fosse veramente mezzo necessario o molto utile per evangelizzare certi ambienti, il ragionamento corre. Nel Pakistan, in Birmania, nella Malesia e altrove il sacerdote occidentale è ammesso solo in quanto insegnante, infermiere o medico. Anche in qualche grande città industriale e in ambienti molto anticlericali può verificarsi qualcosa di analogo. Può essere allora necessario o opportuno che il sacerdote vada operaio tra gli operai. Ma sempre mandato dall'Autorità competente, sempre per svolgere — sia pure indirettamente — la sua missione di sacerdote.
Chi — nel caso — giudicherà se sia necessaria o opportuna la presenza del sacerdote-operaio ? A mio giudizio, la competente Autorità ecclesiastica, uditi però i sacerdoti ed i laici che conoscono la situazione degli ambienti di cui si tratta. La competente Autorità ecclesiastica deve scegliere i sacerdoti eventualmente da inviare, stabilire il loro numero e le condizioni perché il lavoro torni proficuo alle anime e resti nell'alveo di un’autentica missione sacerdotale. Non mancano, infatti, i pericoli di danni e di illusioni: di mimetizzarsi e di rimanere « convertiti » anziché convertire; di non poter realizzare alcuna evangelizzazione in fabbrica, causa le ferree esigenze degli orari, dei turni, dei controlli e la fretta convulsa con cui le maestranze arrivano da lontano, lavorano alle catene di montaggio, mangiano e ritornano a casa. E poi, è di tutti essere bravo operaio e bravo sacerdote? Avere, insieme, la mentalità del primo e conservare quella del secondo?
C'è anche pericolo, estendendo il principio, che si caschi in un esagerato e paradossale « incarnazianismo », quello, per intenderci, cui arriva il sacerdote del romanzo « Daniela » di Luisa Rinser: « Bisogna peccare come fa questa gente. Finché non si vive la loro vita e non si è colpevoli come loro è impossibile aiutarli »! Come dire: per capire il mondo, andare a scuola dal mondo; per capire il ladro, mettersi a rubare! Per capire l'adultero, commettere adulterio! Per fare apostolato tra i giovani che si drogano, drogarsi!
Il lavoro sacerdotale manuale a scopo missionario, in via di massima, colle debite cautele e salve le debite competenze, sembra dunque ammissibile. La cosa diventa più complicata e difficile, se i motivi per lavorare in fabbrica riguardano la persona stessa del sacerdote e non la sua missione.
— « Senza un lavoro mi sento frustrato! Un operaio mi ha detto che ciò che io faccio come prete, lui e i suoi non lo considerano un lavoro! ».
— « Ma tu non hai più fede? gli ho risposto. Misuri la nobiltà e l'utilità del lavoro sacerdotale da ciò che ha asserito Cristo e ripete il Concilio o da ciò che pensa quell’operaio? ».
— « Il sacerdote deve figurare come uomo autentico. Ma uno, oggi, non è autenticamente uomo, se non esercita un lavoro professionale utile alla società ».
— « D’accordo, il sacerdote deve colla sua maturità, con l'equilibrio e la virilità avvicinarsi quanto più possibile al tipo ideale d'uomo. Ebbene, tu credi che siano molti gli operai, gli artigiani, gli impiegati e i professionisti che realizzano l'uomo ideale? Guardati d'attorno e permettimi di ricordarti una' frase di De Maistre: "Non so cosa sia il cuore di un assassino; conosco solo il cuore di un galantuomo : fa paura!". Essere uomo autentico è dunque negozio difficile. Ma basterà farsi operaio, perché il difficile diventi facile? ».
Qui mi nascono alcune interrogazioni, cui pure è difficile rispondere. Avremo la legge universale che ogni prete si faccia operaio, pena di avere una umanità monca? Il principio che la maturità di uomo si misuri dalla produttività del suo lavoro non odora di economismo capitalista e marxista insieme? È l’economia fatta per l’uomo o l’uomo per l’economia?
Ancora. Non c’è da sospettare che un po’ di « operaismo », quasi una moda, alimenti oggi tanta nostra problematica? Nei paesi ad economia sottosviluppata gli operai non esistono; nell’economia ultrasviluppata, che si viene delineando 62, gli operai quasi non esisteranno, perché il lavoro nel settore dell’agricoltura e dell’industria sarà fatto dalle macchine e gli uomini avranno il loro tempo quasi tutto disponibile o per il settore dei servizi o per il divertimento e l'evasione. Perché allora voler legare con tanta insistenza la figura del sacerdote all’ambiente di fabbrica? Pongo solo la domanda. E come la mettiamo con Cristo, che, poveretto, s’è scelto tanti santi sacerdoti lungo i secoli, uomini magnifici, ma sempre per il Regno dei Cieli e mai per l'economia? Infine, come la mettiamo col popolo di Dio, che — a mio umile parere — nella stragrande maggioranza, non chiede al sacerdote di esercitare un mestiere, ma di essere veramente competente in umanità e religiosità, di essere solo sacerdote, uomo di Dio e uomo del popolo, uomo di tutti e servo di tutti nella dedizione amorevole e disinteressata, nella preghiera specificamente sacerdotale, nel tratto garbato, nella vita esemplare? Gli stessi operai al prete domandano soprattutto vero riconoscimento e stima della loro vita e del loro lavoro.
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62 « Marshall Mc-Luhan, il sociologo cattolico che insegna alla università di Toronto, profetizza la possibilità che la gente rimanga a casa e svolga il suo lavoro attraverso telecomunicazioni che coprono tutto il Paese. "Sia le ruote, sia le autostrade saranno obsolete e lasceranno il posto agli aeromobili su cuscini d'aria, mentre aeroplani capaci di mille passeggeri e con velocità appena inferiore a quella del suono, saranno cosa già vecchia... nel Duemila le macchine produrranno tanto che tutti, negli Stati Uniti, saranno ricchi indipendentemente dal loro lavoro: con i benefici dell'assistenza sociale, anche le famiglie non occupate avranno un reddito di 30-40 mila dollari, ossia 24 milioni di lire ». G. Pasquarelli, La lezione dell'avvenire, in « Concretezza », 1-6-1968, p. 19.