L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote alla luce del Vaticano II
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II
« PRETE VATICANO III »
Ricordate « Davanti a S. Guido » di Carducci?
«... Ansimando fuggi a la vaporiera [...]
e di poliedri una leggiadra schiera annitrendo correa lieta al rumore ».
Passano i carrozzoni delle novità sbandierate dalle riviste teologiche, cosiddette « d'avanguardia », e i nostri cari sacerdoti, specialmente giovani, corrono loro dietro generosamente, creandoci il fenomeno di un « polledrismo » dinamico, vivace, ma che preoccupa in alcune sue manifestazioni.
Il Concilio? Essi si sentono i « Padroni del Concilio ». Lo cavalcano addirittura, spingendolo dove mai si è sognato di arrivare. « Il Concilio — affermano — non è punto di arrivo, ma di partenza. Non vale quel che vi è detto esplicitamente, ma quel che è tra le righe ». Lo capisce chi sviluppa i cosiddetti « semi » del Concilio, a costo di contraddire alla lettera. Anzi il testo conciliare va spesso proprio, deliberatamente contraddetto, perché, essendo scotto pagato alla minoranza curiale, nasconde la « vera linea » conciliare!
Non dobbiamo seguirli. Cambiamenti? Innovazioni? Certo. Il Concilio ha detto che devono avvenire, ma ha anche detto dove e come devono avvenire e dove e come non devono avvenire. Del sacerdozio, per esempio, ha parlato come di cosa immutabile nella sua essenza o concezione: il sacerdozio cioè è quella tal cosa che Cristo ha voluto, cosa già inventata da Lui, allora; non da inventare da noi, adesso. L’argomento essendo di fede o di certezza teologica, cosa sia (intendo nella sua sostanza) il sacerdozio, dev’essere detto colle parole della Scrittura, interpretata alla luce del Magistero; non con argomenti sociologici (« oggi la cambiata situazione sociologica reclama questo, reclama quello! »).
— Ma cosa intendete fare? ho chiesto di recente.
— « Spaccare la casta sacerdotale e “demitizzare" il prete, togliergli dattorno la falsa e romantica aureola, che circonda la sua figura — m’ha risposto un giovane prete —; finisca la gente di guardare a noi preti come un corpo sociale distinto; finiscano i preti di sentirsi una classe privilegiata di "chiamati". Altrimenti, come possono essi mescolarsi al resto degli uomini e portare il Vangelo a tutti e dappertutto? Una volta, poteva andare, ma oggi? ».
Discorso certo pertinente, se mira soltanto a togliere un clericalismo, sia di singoli che di gruppi, che si ostina a strafare, a tutto fare in campo pastorale senza mai sentire il parere dei laici e affossando sistematicamente ogni loro proposta; se tende a rendere il sacerdote più modesto e umile, più « alla mano » e in più cordiali e frequenti rapporti veramente fraterni coi fedeli.
Discorso non realista, se, pur riconoscendo nei sacerdoti poteri e missione speciali, pretende privarli non si dice di privilegi sociali in gran parte già caduti, ma del diritto di avere rapporti speciali tra di loro e col loro vescovo e una fisionomia comune, che scaturisce per forza dal fatto che in tutti essi sono identiche una Ordinazione che consacra non solo il loro operare, ma anche il loro essere, una formazione umana é culturale, una preoccupazione pastorale. Sarebbe cristiano e umano dire ad essi: — « Cercate di dimenticare questi vostri tratti comuni, nascondeteli e nascondete voi stessi inabissandovi — come preti — nell'anonimato ? ».
Il discorso si fa poi pericoloso, se, negando la distinzione essenziale tra sacerdozio dei fedeli e sacerdozio dei preti, intende rifiutare al sacerdozio ministeriale compiti propri e perfino quel tanto che lo fa rassomigliare anche esternamente all'ordine per esempio dei medici, dei notai o di altri professionisti.
Talmente pericoloso infine il discorso da poterlo — mi sembra — fare, in quella maniera, solo chi ha perso la fede. Non ha fede, infatti, chi « spretizza e sclericalizza la Chiesa » fino al punto di pretendere ch'essa esista senza i preti quali li ha intesi Cristo e quali li descrive, basandosi sulla Scrittura, il Concilio.
Ci sono alcuni punti sui quali il « Polledrismo » — con generosa buona fede — toma con insistenza: il lavoro manuale, il celibato facoltativo, gl'impegni politici, i Seminari, il sistema di affrettare le riforme, la concezione pluralistica del sacerdozio. Ci sia pure, cioè, il sacerdozio tradizionale; ma, accanto, si introduca un nuovo tipo dì sacerdozio: a mezzo tempo, con preparazione ridotta, fatto di uomini già sposati.