L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote alla luce del Vaticano II
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3) Il sacerdote e il lavoro professionale
Due volte38 il Concilio applica ai sacerdoti le parole « Nos vero orationi et ministerio verbi instantes erimus », con le quali gli Apostoli si disimpegnarono dall'ufficio del distribuire ogni giorno alle mense 39.
In tal modo lascia supporre di desiderare che, almeno per regola generale, si diano, come gli Apostoli, interamente alla loro missione. Il caso contrario non è auspicato. Il Concilio esorta spesso i sacerdoti alla santità propria del loro stato, ma il mezzo suggerito — oltre la preghiera — è l'attività pastorale svolta nelle debite condizioni. « Nell’esercizio stesso della attività pastorale troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale »40 : « esercitando il ministero vengono consolidati nella vita dello spirito »41 ; « sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero »42. Una volta sola si fa cenno esplicito di sacerdoti, che si dedicano alla ricerca dottrinale o all'insegnamento o che esercitano un mestiere manuale condividendo le condizioni di vita degli operai.
Circa il mestiere e il dividere le condizioni di vita degli operai, è posta la seguente riserva: « nel caso che ciò risulti conveniente e riceva l’approvazione dell’Autorità competente »43„ È anche supposto che il lavoro manuale, nel caso, contribuisca — almeno indirettamente — alla stessa causa servita dal lavoro pastorale « cioè alla edificazione del Corpo di Cristo »44 e che i sacerdoti-operai restino uniti agli altri con « intima fraternità sacerdotale » 45.
4) Il sacerdote e il celibato
Riguardo alla legge del celibato, il Concilio afferma che essa — pur non richiesta dalla natura stessa del sacerdozio — ha per molti aspetti un « rapporto di convenienza col sacerdozio » e pertanto « iterum comprobat et confirmat » la legge stessa46.
Quattro sono specialmente i motivi di convenienza addotti:
a) Il celibato è « segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, e fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo » 47;
b) col celibato « i Presbiteri .. . aderiscono più facilmente a Cristo con cuore non diviso » 48;
c) col celibato i Presbiteri evocano « quell'arcano sposalizio istituito da Dio, e che si manifesterà nel futuro, per il quale la Chiesa ha come suo unico sposo Cristo »49;
d) il celibato dei sacerdoti è « un segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della resurrezione non si uniscono in matrimonio » 50.
Lo sappiamo: l'osservanza del celibato, oggi specialmente, posti mutamenti così pronunciati, sia nella vita sociale che nella mentalità dei fedeli, non è facile e a fianco di questi motivi si pongono obiezioni, che fanno una certa impressione.
Paolo VI nella Sacerdotalis Coelibatus le enumera, compresa la più speciosa (i bisogni urgentissimi di clero in regioni come l’America Latina); rispondendo, però, fa capire con bontà e fermezza che esse non sono tali da indurre la gerarchia a rinunciare al bene prezioso del celibato. Restano, allora, più che mai opportune, le disposizioni conciliari per seminaristi e sacerdoti.
I primi siano diligentemente educati ad abbracciare il celibato « non tanto come una cosa comandata da una legge ecclesiastica, quanto bensì come prezioso dono di Dio da impetrarsi umilmente, ed al quale essi, stimolati ed aiutati dalla Grazia dello Spirito Santo, devono affrettarsi a corrispondere liberamente e generosamente »51. Libertà, dunque, e « scelta operata con matura deliberazione e magnanimità »52. Ma, insieme, educazione positiva ed aperta: « abbiano una conveniente conoscenza dei doveri e della dignità del matrimonio cristiano... siano avvertiti circa i pericoli ai quali particolarmente nella società di oggi è esposta la loro castità; aiutandosi con i mezzi divini ed umani adatti, imparino ad integrare nelle loro persone la rinuncia al matrimonio in maniera tale che la loro vita e la loro attività non abbiano in alcun modo a patire danno dal celibato, ma essi piuttosto acquistino un più perfetto dominio sul corpo e sull’animo e una più completa maturità » 53. « Il S. Sinodo esorta inoltre tutti i Presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi con decisione e con tutta l'anima e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare questo dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato, e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo d'oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede, ricorrendo allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali di cui tutti dispongono. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie » 54.
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38 SC, 86 (148). CD, 15 (606).
39 Atti degli Apostoli, 6, 4.
40 PO, 14 (1291).
41 PO, 12 (1284).
42 Ibidem.
43 PO, 8 (1267).
44 Ibidem
45 Ibidem. Il Card. Giovanni Colombo, Arcivescovo di Milano, in una sua lettera dal Concilio (L'Italia, 31-10-1965 e La Civiltà Cattolica, 20 nov. 1965, pag. 369), dopo aver ricordato la situazione del tutto speciale della Chiesa di Francia al tempo dei preti-operai e dei preti-al-lavorot scriveva: «... fortunatamente tali circostanze non si produssero da noi, o almeno non in misura così vasta e con radici tanto profonde. Nonostante le vicende risorgimentali, l'influsso religioso non è mai venuto meno nella nostra scuola elementare; inoltre il nostro clero, provenendo generalmente dagli strati popolari, non ha mai perso contatto e dialogo con l'umile gente, ne ha sempre condiviso fatiche e dolori fino a sacrificare un poco libri e cultura ... Le nostre popolazioni non vedrebbero oggi con simpatia il prete in tuta in officina, e per due motivi: perché non lo sentono estraneo alla propria vita... e poi perché i nostri operai, per quanto abbiano risentito della propaganda marxista, non sono insensibili alla voce della Chiesa, specialmente se presi singolarmente. Nei loro cuori la fede è ancora accesa anche se sotto la cenere. Ma se in un domani dovesse anche da noi verificarsi una situazione d’emergenza... ebbene, in quel giorno anche i nostri sacerdoti andranno in fabbrica ».
46 PO, 16 (1296-1297-1298).
47 PO, 16 (1296).
48 PO, 16 (1297).
49 Ibidem.
50 Ibidem.
51 OT, 10 (792).
52 OT, 10 (793).
53 OT, 10 (794).
54 PO, 16 (1298).