L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni su "Cristo Ideale del Sacerdote.
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3. Lo so: io sto prendendomi l’accusa di « candido e di ingenuo » nello scrivere queste cose. Mi sembra di sentire: L’enorme problematica sacerdotale, dove la lascia? Dove i numerosi interrogativi teologici, psicologici e sociologici sul sacerdote? Non sa Ella che la pubblicistica e l’editoria sul Sacerdozio sono irte di punti interrogativi ed esclamativi? Senta: C’è un domani per il prete? Dio ha creato il sacerdote, il diavolo ha creata la casta! (IDOC - Mondadori, 1968); Qu’est qu’un prêtres? (Editions du Seuil, Paris, 1965); Prêtres pourquoi? (Les editions ouvrières, Paris, 1965); Prêtres comment? (ibidem, 1966); Demain, une Eglise sans prêtres? (Paris, 1968); Le prêtre, personne ou personnage? (Bruxelles, 1967); Les prêtres (Ed. du Cerf, Paris 1968); Le prêtre - Foi et contestation (Ed. Duculot, Gembloux et Lethiellieux, Paris, 1970); Prêtres à la manière des Apòtres - pour les hommes du demain (Ed. du Centurion, Paris 1967). Questi sono soltanto titoli di libri, ma provi ad aprire e a leggere! Uno scrive che il sacerdote ha perso la sua immagine e ne va disperatamente in cerca, chiedendosi: Che cosa mi distingue dagli altri? Un altro dice che il sacerdote non si raccapezza più: gli manca la reconnaissance ossia il giusto prestigio sulla gente. Un terzo: Demitizzate il prete, liberatelo dal complesso di inquietudine! Si viene poi a sapere che questa « inquietudine » sarebbe una specie di pelagianesimo, che fa dire al prete: Io, non Dio, devo salvare le anime! Un quarto pone domande a grappolo: Che posto ha la Chiesa nella società tecnica e desacralizzata? Quali i compiti da svolgere nella Chiesa? Come trovare la giusta formazione del sacerdote per la nuova società? Un quinto afferma: in altri tempi il prete, grazie alla sua cultura, era, con pochissimi, al vertice della società... A quei tempi farsi sacerdote aveva grande attrattiva pei giovani: adesso, diffusa la cultura, aumentato il numero degli intellettuali, il sacerdote è, ormai, solamente uno dei tanti! Un sesto: forse è bene che i preti scompaiano del tutto, perché è bene e urgente che nasca una nuova Chiesa. Un altro finalmente conclude: è arrivato il tempo di « fair craquer le personnage sacerdotal tradictionel »! Farlo scoppiate! La frase m’ha fatto venire in mente il Pinocchio nuovo, quello di carne ed ossa, che guarda con occhio di compassione al Pinocchio vero, povero burattino di legno buttato colle braccia a ciondoloni su una vecchia sedia!
In realtà bisogna riconoscere che i tempi non sono facili e che certi problemi non si possono ignorare. La stessa fede dei sacerdoti, ad esempio, è talvolta messa a prova per gli studi fatti troppo superficialmente e per un certo senso di insicurezza, da cui pare a qualcuno di sentirsi circondato. Obbedire diventa più difficile in tempi, in cui molti « contestano ».
D’altra parte, il vescovo Io si vorrebbe più vicino, più fratello, più desideroso di vera collaborazione sacerdotale.
Qualcuno, confrontando il presente col passato, oppure la realtà col sogno, si sente in qualche momento frustrato o sprecato. C’è poi il post-Concilio: la Chiesa si deve rinnovare come una casa, dove certi mobili vanno sostituiti, certe pareti rimbiancate, certi pavimenti puliti. Invece no: qualcuno ha il batticuore solo se si accenna a queste cose; altri, viceversa, vorrebbero addirittura mettere fuoco alla casa senza saperci dire con che cosa la sostituirebbero poi. Tempi di giustizia sociale: sentita quindi più di prima la sperequazione beneficiaria. Tutto questo è vero, ma se alcuni di questi problemi sono nuovi, altri sono antichi: presi nel loro insieme poi, essi sono lontani dal situare la Chiesa nella condizione disastrosa di certi secoli passati. Ho anche l’impressione che alcuni di essi siano acutizzati talvolta fino alla esasperazione; che, in qualche caso, più che della problematica si faccia del problemismo, ponendo problemi e problemi pel gusto di porli e senza risolverne uno, alla maniera della bizzosa mula di Florimonte, che faceva nascere i sassi solo per « urtarvi dentro » (24). E a quale scopo poi? Per amore della Chiesa? Ma la Chiesa da amare è quella presente, coi suoi difetti, mentre talvolta si professa sviscerato amore ad una Chiesa da inventare e si è spietati nei confronti della Chiesa presente e passata. A me interessa vivere il sacerdozio che la Chiesa propone ai preti di oggi, non agitarmi attorno al sacerdozio che, se si verificano certe condizioni, la Chiesa potrà forse proporre ai preti di domani; almeno, se mi propongo di vivere il mio sacerdozio e non solo di arzigogolare e teorizzare sul sacerdozio in genere.
O si insiste sulla problematica per amore di aggiornamento? Ma l’aggiornamento, sia pure non timido, si fa gradualmente, con molti studi e con il tatto necessario per non urtare troppo e dividere. Colin rileva che, in certi casi, certe volontà di rottura possono essere segno di squilibrio personale: un prete, al quale solo il mondo non credente appare carico di prestigio, dimostrerebbe che in realtà egli non ha assunto in pieno la sua appartenenza a una Chiesa che vive nella storia (25).
Ciascuno di noi dovrebbe, con calma e buon senso, fare argine a certe ondate, che portano solo dubbi, disagio, inquietudine. Non è discutendo problemi teorici che ci si fa santi e che si vive, gustandolo e utilizzandolo, il sacerdozio, ma seguendo il consiglio di S. Paolo, che scriveva a Timoteo: « soffri con me per il Vangelo, confidando nella forza di Dio, che ci ha salvati »(26).
Lavorare, confidare, più che discutere continuamente! E se certi problemi sono imposti dalla realtà delle cose, aver fiducia in Dio, cercare di risolverli, ma, intanto, non perdere tempo e pace.
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(24) « Dal più profondo e tenebroso centro, dove Dante ha alloggiato i Bruti e i Cassi, fa, Florimonte mio, nascere i sassi
la vostra mula per urtarvi dentro ».
(F. BERNI, Rime facete, Milano, 1959, p. 110).
(25) P. COLIN, Le prêtre, homme parmi les hommes etc. in Prêtres, comment?, Paris, 1966, p. 125-126.
(26) 2 Tim. 1, 8-9.