L'allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, in alcune riflessioni su "Cristo Ideale del Sacerdote.
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« Incarnazionismo » moderato
2. Ma tentiamo un confronto tra noi e le « immagini ».
— « Il Verbo si è fatto carne », anche il prete deve incarnarsi nel mondo! sento dire.
Un momento. Il sacerdote non è Dio ed è già uomo. La sua può essere « incarnazione nel mondo » soltanto in senso molto improprio.
Ed è senso giusto, se si intende di reagire ad uno spiritualismo disincarnato, irreale, ad un angelismo misticizzante ed eccessivo. E’ senso esagerato o pericoloso, se indica immersione indiscriminata nel « mondo », se fa del sacerdote « l’uomo della presenza e della collaborazione », escludendo, o quasi, il sacerdote « uomo dei Sacramenti ».
La posizione vera dovrebbe essere in mezzo, tra una « destra » e una « sinistra » estreme.
Sono « estrema destra » coloro che soggiacciono ancora all’influenza del Tronson (10) o che attingono alla Scrittura, come da un arsenale, le armi per combattere a difesa della tesi precostituita che il sacerdote deve estraniarsi in modo assoluto da ciò che è politica o terrenità. « Regnum meum non est de hoc mundo » (11). D’accordo, ma Cristo parlava del Regno teocentrico-messianico-politico come inteso dai Giudei. « Haec omnia tibi dabo, si cadens adoraveris me ». « Vade Satana» (12). D’accordo, ancora, ma si tratta di tutti i regni del mondo colla loro gloria, in un quadro strettamente politico. « O homo, quis me constituit judicem super vos? » (13). Il contesto qui dice che il discorso è rivolto a un uomo avido, in baruffa col fratello per ingordigia. « Reddite ergo quae sunt Caesaris, Caesari: et quae sunt Dei, Beo » (14). Cristo dice bensì il dovere dei sudditi verso i governanti, ma s’era in tempi, in cui i diritti dei sudditi erano ben lontani dall’essere copiosamente riconosciuti attraverso il sistema democratico. Oggi Cristo esorterebbe anche a usare bene i propri diritti nei confronti dello Stato.
Sono « estrema sinistra » coloro, che amano parlare di un Cristo duro e rivoluzionario, richiamandosi alle sue invettive contro i Farisei, al titolo di « volpe » inviato a Erode. Secondo questa « estrema », il sacerdote deve « passare ai Barbari », cioè agli operai, ai poveri, facendo blocco con essi in maniera tale da capeggiare la rivoluzione sociale, anche violenta, se necessario. Le «immagini», nel caso, sono il Cristo del «Vangelo secondo S. Matteo » di Pier Paolo Pasolini; Camillo Torres, prete colombiano, caduto nella guerriglia contro il governo; Nicanor Acosta, prete spagnolo che, imprigionato per « propaganda illegale », si dichiara « vittima della connivenza tra la gerarchia ed il cattolico stato spagnolo » ed insieme lieto di « poter pagare in prigione il prezzo iniziale che il popolo esige da noi (preti) per ammetterci nelle sue file» (15); i sacerdoti fratelli Berrigan, statunitensi, che, obiettori di coscienza e contestatori della guerra nel Vietnam, bruciano al naplan le scartofie di un « Ufficio Reclute »; padre Paul Gauthier, che, dopo essere stato prete-scaricatore nel porto di Marsiglia, ospite delle favelas brasiliane, manovale in Palestina prima tra gli arabi e poi in un kibbutz ebraico, fondatore dei « Compagnons de Jésus Charpentier », scrittore, propagandista nei corridoi del Concilio del cosiddetto « Schema 14 », lascia la Chiesa cattolica per entrare nella « grande assemblea di coloro che lottano per la giustizia» (16); l’abbé Gabriele Amblard, che si presenta candidato nella Usta comunista delle prossime elezioni amministrative di Avignone (17).
La verità è nel mezzo. Cristo non è stato un rivoluzionario, sebbene abbia seguito la sua via in piena autonomia, scostandosi con coraggio da tradizioni sorpassate e dichiarando che il cristianesimo era un vino nuovo da non collocarsi in otri vecchi (18). Quanto ai suoi Sacerdoti, non aveva affatto intenzione di farne un « club di Esseni » o qualcosa di simile, ma ha per essi pregato: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li guardi dal male » (19). Ha dato loro, da attuare, un programma immenso che richiede coraggio e lavoro enorme (20). Non ha però voluto che fossero dei Boanérges o « figli del tuono » (21); ha detto: «imparate da me che sono mite » (22); ha spiegato questa mitezza, citando Isaia: « Egli non grida, né alza la voce, ne la fa udire nelle strade. Una canna fessa Egli non spezza e un lucignolo fumigante Egli non spegne » (23).
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(10) « Il prete... deve essere... in una distanza infinita dal mondo. Deve essere in una impossibilità morale d’amare alcunché della creatura, perché il suo stato tutto spirituale e tutto divinizzato Io fa passare nella santità divina e nell’eminenza del suo cuore opposto al mondo. Ed è questo che comporta lo spirito del sacerdozio. Questo stato interiore deve ritirare l'anima del prete dal commercio del mondo e tenerla separata da tutto, ben più che non possano farlo tutti gli stati di mortificazione» TRONSON, Traité de saints ordres, Paris 1953, p. 226.
(11) Giov. 18, 36.
(12) Mt. 4, 9.
(13) Lc. 12, 14.
(14) Mt. 22, 21.
(15) Cfr. Lettere 71, 10, p. 2.
(16) Cfr. Corriere della Sera, 23-2-71, p. 7.
(17) Cfr. Il nostro tempo, 1971, n. 9, p. 1.
(18) Cfr. Mt. 9, 17.
(19) Giov. 17, 15.
(20) Cfr. Mt. 28, 19.
(21) Mc. 3, 17; Lc. 9, 51-56.
(22) Mt. 11, 29.
(23) Is. 42. 2-3.