Lettura del Giorno

Perché i sacerdoti studino [Cap. 2 - 15]

S_E-luciani
Albino Luciani

L'allora Vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul perché i sacerdoti studino.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

15. - Più facile, invece, rispondere all’obbiezione seguente: « Si man­dano parecchi sacerdoti alle università ecclesiastiche: così si divide il clero in due classi! ». Non credo a questo classismo culturale ecclesia­stico. Il sacerdote studente, se le Facoltà e i Collegi ecclesiastici fanno il loro dovere, dovrebbe tornare in Diocesi spiritualmente formato e quindi umile, fraterno, oltreché laureato. D’altra parte, c’è il dettato del Concilio, ci sono le esigenze dell’apostolato (48). Tra queste: « l’inse­gnamento nelle scuole di studi ecclesiastici superiori... lo svolgimento nelle forme più alte di apostolato intellettuale... il dialogo coi fratelli separati e con i non-cristiani... i problemi emergenti dal progresso cul­turale » (49)... «il ricercare modi sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca» (50)... l’impegnarsi, « sotto la vigilanza del Sacro Magistero, a studiare e spiegare con gli opportuni sussidi le divine Lettere, in modo che il più gran numero pos­sibile di ministri della divina parola possano offrire con frutto al popolo di Dio l’alimento della Scrittura » (51). E certe, delicate zone della cura d’anime? « I Parroci delle parrocchie più importanti, i Decani di zona, gli officiali di Curia di parecchi settori, gli Assistenti di alcune organiz­zazioni di apostolato, gli insegnanti di religione nelle scuole Medie su­periori, non possono essere dei puri ripetitori di una manuale di teologia.

Sono chiamati molto spesso ad essere guida, sostegno e consiglieri dei Confratelli; e più spesso sono a contatto con persone e con problemi che richiedono da loro una capacità di pensiero personale, quale nor­malmente si acquista soltanto con qualche serio allenamento allo studio personale in un Istituto di tipo universitario.

Non è tempo sottratto all’attività pastorale quello dedicato ad una maggiore preparazione culturale dei giovani più capaci: è un capitale spirituale che si accumula per un maggior rendimento di tutta la co­munità. Far studiare un numero maggiore di sacerdoti, da destinare alla cura d’anime, è un secondo contributo al miglioramento della cultura teologica del Clero e dei laici » (52).

* * *

Mi sia permesso riprendere l'ultima frase: « miglioramento della cultura teologica del clero »!

Quale compito per me vescovo! E da assolvere sulla linea stessa del grande S. Paolo! Questi ricordava con nostalgia di essere stato allevato a Gerusalemme ed educato ai piedi di Gamaliele (53). Negli ultimi giorni della sua vita, forse dalla prigione, chiedeva a Timoteo, che gli fossero portati, col mantello, i libri e specialmente le pergamene (54). Nel con­tempo, passava la fiaccola del suo amore per gli studi sacri ai discepoli. Lodava, infatti, Timoteo per la diligente applicazione con cui s’era dato, fin da fanciullo, allo studio della S. Scrittura (55). Prima ancora (56) l’aveva incitato a perseverare nella meditazione e nell’insegnamento. « Ciò facendo — concludeva, e noi concludiamo con Lui — salverai te stesso e coloro che ti ascoltano »!

_______________

(48) O T, 18 (812), G E, 11 (847).

(49) G E, 11 (847-848).

(50) G S, 62 (1527).

(51) D V, 23 (906).

(52) Atti dell’Assemblea Generale, Relazione di S. E. CARIO COLOMBO, Roma 4-7 aprile 1967, pp. 228-229.

(53) Cfr. Atti, 22, 3.

(54) Cfr. 2 Tim., 4, 13.

(55) Cfr. 2 Tim., 3, 15.

(56) I Tim., 4, 15-16.