L'allora Vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul perché i sacerdoti studino.
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5. - E si può esagerare, dice, con due eccessi: di pigrizia e di curiosità. Buono a sapersi per i nostri sacerdoti. Può essere pigrizia mascherata, ad esempio, la stessa lettura esagerata di romanzi e di riviste. In realtà con codeste letture si scansano spesso le fatiche più impegnative dello studio severo e produttivo, si resta abbagliati più che illuminati, intossicati invece che nutriti. Agli « eroi » della pigrizia palese sia poi lecito dire con S. Bernardino: ...« tu hai bisogno di esercitare. Se non ti eserciti... diventi come un porco in istia, che pappa, bee e dorme » (39) ! Per combattere la curiosità nello studio, i giovani sacerdoti devono evitare la foga, il voler abbracciare troppo, il trascurare per lo studio i doveri di pietà e di ministero. « Nescire quaedam magna pars sapientiae » diceva Grozio: leggere di tutto, intendersi di tutto, parlare di tutto non è sapienza e cultura vera, ma superficiale dilettantismo. Uno dei 16 Consigli, sopra citati, di s. Tommaso dice: « Voglio che tu scelga di entrare nel mare mediante i ruscelli, non direttamente ». « Mediante i ruscelli » cioè grado grado, facendo il secondo passo dopo aver ben assicurato il primo (il che non succede — di solito — cogli autodidatti). E chi si accorgesse di stare troppo scivolando sul piano inclinato della « curiositas »? Si riprenda energicamente ed imiti a longe il vescovo Carlo Wolmesley, che, Vicario Apostolico di Londra verso il 1750, era anche illustre ed appassionato scienziato. Ma un giorno — raccontano — celebrando la Messa, egli « si perdette colla mente in un quesito di matematica, tanto da non saper più dove fosse e, dimentico affatto del Santo Sacrificio che stava offerendo, prese la patena come se fosse una matita, credette che la tovaglia dell’altare fosse un foglio di carta e tracciò le parole della soluzione del problema. Passati alcuni minuti in profonda meditazione, egli s’accorse dov’era, e sì grande fu il dolore che provò per questa investigazione intempestiva, che, finita la Messa, diede ordine di chiuder via per sempre i suoi libri di matematica» (40)!
6. - Altro problema della « vitalità »: Come trasformare mediante la Teologia la vita dei fedeli? Quando, negli anni 30, fu mandato a esercitare il ministero pastorale in una parrocchia del Tirolo, A.J. Jungmann ebbe questa impressione: la vita cristiana dei fedeli colà era sì di gente « osservante », ma priva di gioia e di entusiasmo; il Cristianesimo non era sentito come « Buona Novella », ma come una legge pesante che si accetta per non andare dannati. Mancava ai fedeli un certo necessario stupore davanti al meraviglioso messaggio della grazia divina: della dottrina cristiana essi ritenevano solo un’enumerazione di dogmi e di precetti morali, di minacce e di promesse, d’usi e di riti, di compiti e di doveri, imposti ai disgraziati cattolici, mentre i non-cattolici godono della libertà (41).
Jungmann si chiedeva: Da che dipende questa religione anemica, frammentaria e triste? E rispondeva: dal modo — credo — con cui viene proposta la fede nell’omelia domenicale e nel catechismo. Ma predicazione e catechismo non sono in questo paese che una volgarizzazione dei trattati teologici. Conclusione: chi predica non volgarizzi teologia, ma proponga il chérigma, faccia l’annuncio della parola di Dio, della Buona Novella, del messaggio della salvezza; non punti sulla mente degli uditori da riempire di nozioni, ma piuttosto sulla loro vita da santificare coll’esercizio delle virtù. Jungmann si fermava qui. Le polemiche su una « teologia della predicazione » distinta dalla « teologia scientifica », vennero dopo e per opera di altri. Oggi — placate le questioni — si è tutti d’accordo nel ritenere che non sia necessario creare una « teologia kerigmatica »; si è abbastanza d’accordo nel dire che ai giovani preti, non destinati agli studi strettamente scientifici o di ricerca, basti ammannire una teologia seria, che li renda però capaci di pensare personalmente con chiarezza, di trovare — all’occasione — le giuste fonti per una ulteriore informazione, di essere allenati ad acquisire facilmente nuove conoscenze ed a proporre la storia della salvezza in modo tale che provochi nei fedeli un ascolto veramente interessato e religioso.
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(39) S. BERNARDINO DA SIENA, Le Prediche volgari inedite, Cantagalli, Siena, 1935, p. 191.
(40) G. GIBBONS, L’Ambasciatore dì Cristo, Torino, 1925, p. 265.
(41) A. J. JUNGMANN, Le problème du message à trasmettre ou le problème kérigmatique, in Lumen vitae, 1950, p. 272.