L'allora Vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul perché i sacerdoti studino.
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II.
QUALCHE RIFLESSIONE
1. - Comincio dai giovani, per i quali auspicherei, se m’è lecito, un nuovo Emilio De Marchi, che riscrivesse — in chiave ecclesiastica e moderna — L’Età preziosa. E che con calore suasivo dicesse: E’ veramente la vostra « età preziosa », questa, che precede i 35. Mai torneranno per voi anni come questi. L’ordinazione è ancora vicina, l’anima è come un campo smosso di fresco, è stata arata, seminata, è ricca di succhi vitali. A metterci impegno, costanza e metodo, ne potete cavare, con l’aiuto del Signore, frutti meravigliosi di santità, di apostolato e di cultura. Ma a condizione che si faccia subito; adesso, infatti, si affondano le radici, da cui si svilupperà la pianta; non essere attivi e produttivi adesso, può voler dire essere sterili o almeno superficiali per tutta la vita; non acquistare una soda cultura teologica adesso, vuol dire non acquistarla mai più e condannarsi o a far prediche e lezioni vuote e mediocri per tutta la vita, oppure a sottomettersi a una fatica eccezionale — per mancanza di basi e di metodo — ogni volta che si prepara una lezione seriamente impostata.
Insomma, un libro che, esprimendo fiducia nei giovani preti, risvegliasse in essi entusiasmo per la cultura ecclesiastica. Che non presentasse lo studio sacerdotale solo come una specie di tassa, che si paga con rassegnazione, ma come una scelta personale per poter andare a Dio con tutto il proprio essere, intelligenza in testa. Che provocasse — almeno in alcuni — una ferma decisione di dedicarsi, pur non trascurando i propri doveri di ministero, ad una seria vita di studio intesa come perfezionamento della propria capacità apostolica e felice complemento della propria personalità ascetica, secondo le parole di Francesco di Sales: « Bisogna studiare per accrescere la propria statura spirituale, bisogna studiare per far di sè un’offerta più scelta e più gradita a Dio! » (30). Che aiutasse queste giovani promesse della Diocesi a superare le innegabili difficoltà e fornisse loro una guida sicura circa il modo di studiare proficuamente.
Vanno infatti benissimo le direttive del Concilio, le iniziative dei vescovi. Ma occorre prima che sia acceso il fuoco dell’amore agli studi ecclesiastici. A noi è giovato leggere, quand’eravamo giovani, la lettera di S. Tommaso e fratel Giovanni (Sedici precetti per acquistare il tesoro della scienza), i dieci capitoli del Card. Gibbons sullo studio sacerdotale (L’Ambasciatore di Cristo), Le Sorgenti del Gratry, La Vita Intellettuale del Sertillanges e il pittoresco Discorso agli studenti di Firenze di S. Bernardino da Siena. O uno di questi autori o qualche altro libro o un insegnante capace di trasfondere nei discepoli la passione per la cultura o il Vescovo stesso riscaldino dunque un po’ i giovani sacerdoti, altrimenti le molteplici iniziative corrono il rischio di rimanere poco efficaci.
2. - Ho parlato di difficoltà. Una può venire dagli stessi studi teologici. L’inchiesta fatta nel 1961 da H. Stenger tra 750 chierici (31) rivela che solo il 40% degli inchiestati si dichiara soddisfatto dell’insegnamento teologico ricevuto. La teologia — com’è insegnata — appare ai giovani qualcosa di troppo astratto, di irreale, di non utile per la santificazione propria e altrui. Inoltre, « noi usciamo di seminario — dicono — con in testa molti buoni frammenti, ma non riusciamo a cucirli in modo di avere una visione unitaria di ciò che abbiamo imparato: tante briciole, ma non un pane che si lasci addentare con gusto »! Nelle scuole teologiche di Germania — informa l’Antweiler — vengono insegnate ben 55 diverse discipline teologiche (32). Si desidera più organicità e più vitalità.
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(30) Citato da AG. GEMELLI in Enciclopedia del Sacerdozio, II Ed. Firenze 1958, p. 185.
(31) Citato in AA. W., Il Decreto sulla formazione sacerdotale, Elle Di Ci, 1967, p. 522.
(32) Ibidem.