Lettura del Giorno

Perché i sacerdoti studino [Cap. 1 - 10-11]

S_E-luciani
Albino Luciani

L'allora Vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul perché i sacerdoti studino.

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10. - La categoria più delicata, tra le sopra recensite, è costituita dai teologi, siano essi veri « ricercatori », semplici insegnanti di semi­nario, scrittori o cultori in materie teologiche. Ne abbiamo di distinti anche in Italia, ma la CEI sceglieva a tema dell’Assemblea 1967 « la cultura del clero e del laicato » appunto per stimolare il risveglio degli studi teologici e per un loro salto in qualità. Con franca umiltà Carlo Colombo diceva nella relazione: « ...la produzione teologica italiana, per quantità e qualità media di livello, appare inferiore a quella di altri paesi... la teologia italiana appare più continuatrice del passato che creatrice e più assimilatrice di lavoro altrui che apportatrice di un proprio originale contributo. Se v’è qualche buon lavoro, stimato al­l’interno e all’estero, esso generalmente appare piuttosto opera isolata di qualche singolo autore che non frutto di una scuola» (Atti, p. 223-224).

« I vescovi — secondo C. Colombo — devono essere vicini ai teologi senza complesso di inferiorità: come maestri della fede... ma anche come padri, che comprendono le loro difficoltà, li guidano e li aiutano » U.c., p. 230).

Facendo eco a queste parole la CEI, in Magistero e Teologia, in­coraggia i teologi per « tutte le iniziative sinora intraprese a vantaggio di una affermazione più piena e originale della teologia anche in Ita­lia »; auspica « una sempre più stretta collaborazione tra Pastori e Teo­logi »; ricorda con simpatia le Associazioni già sorte dei Biblisti, dei Moralisti, dei Dogmatici e « quelle che sorgeranno ».

11. - La CEI, nella seconda parte della lettera « Magistero e Teo­logia» (16-1-1968) ha descritto quasi un «clima» ideale, in cui far avanzare gli studi teologici in Italia. Detto clima è una cosa importante per gli studi sacerdotali: bene o male realizzato, infatti, esso è — per così dire — qualcosa che tutti respirano.

Ecco le componenti del « clima ».

a)      « Spirito di comunione tra tutti i membri della Chiesa »; che « si traduce in rispettoso e fraterno dialogo »; in cui « tutti devono sentirsi responsabili della fede di tutti »; con una « viva partecipazione di tutti all’opera che viene svolta dal Magistero e dalla Teologia ».

b)      Ci si augura che tra i teologi, « la cooperazione e il dialogo si realizzino e si approfondiscano a tutti i livelli: tra clero diocesano e Religiosi... tra scuola e scuola ». Si aggiunge: « nell’ambito di un lavoro anche comune ». Aggiungerei anche: in sede di Istituti, di gruppi or­ganizzati, nei libri, nelle riviste con relative recensioni. Una delle pro­poste fatte all’Assemblea della CEI 1967 chiedeva: « gran parte nell’e­ditoria cattolica e nella cultura teologica è opera degli Ordini religiosi. Conviene prendere decisioni... senza prima avere sentito i Superiori religiosi? ». Detta cooperazione può essere risultato solo di paziente carità e di amore disinteressato alla Chiesa. Esclusioni di teologi dai circoli e dalle équipes dovrebbero verificarsi solo nei casi di incompe­tenza o di posizioni assunte in vero contrasto colla dottrina della fede. I teologi hanno anch’essi cuore e (diciamolo) suscettibilità: una volta esclusi o feriti, andiamo a rischio di vederli o in volontario esilio o in atteggiamento di acerbi antagonismi.

c)       Si raccomandano ai teologi prudenza, senso di responsabilità e umiltà. I « ricercatori » non si facciano « facili divulgatori di opinioni discutibili o controverse... è carità e anche onestà intellettuale non tur­bare la fede dei semplici con delle mere ipotesi ». La giusta e bene intesa « libertà di ricerca non significa automatico possesso o conqui­sta sicura della verità: certe ipotesi di lavoro... si rivelano inconsistenti».

I « divulgatori » (predicatori, scrittori di riviste non specializzate, giornalisti ) siano specialmente prudenti. Tutti cerchino di superare « contrasti e divergenze, che talora danno pretesto all’opinione pub­blica di parlare di teologi integralisti o conservatori in opposizione ai progressisti o novatori, quasi si trattasse di opposte fazioni nella stessa Chiesa ».