L'allora Vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, in alcune riflessioni sul sacerdote diocesano alla luce del Vaticano II
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5. Prima, quasi protestantismum sapiebat parlare di sacerdozio e consecrazione dei laici; oppure si parlava di un sacerdozio laicale metaforico. Di conseguenza grande distanza — in cose di chiesa — era mantenuta tra sacerdoti e laici.
Adesso, in armonia colla Scrittura (14), si dice che ogni cristiano ha il sacerdozio comune a tutti i fedeli per una consacrazione ricevuta nel Battesimo e nella Cresima (15). Tale sacerdozio viene esercitato in vari sacramenti (16); per esso ci si può presentare a Dio con fiducia ed apparire ai Suoi occhi rivestiti di Gesù, il quale (come più volte ripete l’epistola degli Ebrei) è il Pontefice entrato, precursore di tutti noi, una volta per tutte nel Santo dei Santi e continuante il Suo sacerdozio anche nei laici (17). Poiché non si dà sacerdozio senza sacrificio, è detto che il sacrificio offerto dai laici è interiore, spirituale; offrono cioè i laici sé stessi, la loro vita con gioie e dolori; uniti al celebrante, « offrono anche la Vittima divina e sé stessi con Essa » (18). Si tratta di sacerdozio reale, non metaforico, che differisce non solo di grado, ma anche per essenza dal sacerdozio gerarchico (19); vescovi e sacerdoti, infatti, nell'Ordine, ricevono nuova consacrazione e non solo vengono configurati a Cristo, ma a Cristo in quanto Capo della Chiesa (20). Tuttavia rimane e vigoreggia in essi il sacerdozio comune. Anzi, addirittura dal sacerdozio comune prende avvio il Decreto sui sacerdoti, per parlare del sacerdozio ministeriale (21).
« Quantunque alcuni... son costituiti... pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e azione comune di tutti i fedeli » (22).
« I Laici... come per degnazione divina hanno per fratello Cristo... così anche hanno per fratelli coloro che, posti nel sacro ministero... pascono la famiglia di Dio » (23).
« I Presbiteri devono riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici nonché il loro? ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa... non esitino ad affidare ai laici degli incarichi a servizio della Chiesa, lasciando loro libertà di azione ed il conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli a intraprendere con piena libertà anche iniziative per proprio conto » (24).
« In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati... i Presbiteri sono fratelli » (25).
« Da questi familiari rapporti tra i laici e i Pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa » (26).
Siamo vescovi, siamo sacerdoti, siamo maestri, ma, prima di tutto, siamo e restiamo dei discepoli (27), dei fedeli, che devono credere, sperare, amare Dio e il prossimo, fare penitenza, offrire sè stessi, la propria vita e salvare la propria povera anima.
Il Concilio riporta S. Agostino: « Se mi atterrisce l’essere per voi, mi consola l’essere con voi. Perché per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza» (28). Molto bello: io sono dunque, insieme, al di sopra dei fedeli e in mezzo: essere sopra, aver responsabilità, in certi momenti specialmente, fa paura: essere in mezzo, solidale coi fedeli, fa coraggio e dà speranza.
Diceva l’Olier: « Dopo aver fatto opera di prete all’altare. torna a fonderti in certo qual modo nel corpo dei laici! ».
Diceva l’abate Huvelin: « Hai spiegato la parabola del seminatore; bene, ma rientra adesso nell’uditorio, riascolta la parola e chiediti: la mia anima è dissipata come ima strada? piena di sassi? di spine? Impartì pure la benedizione col SS. Sacramento, ma, dopo, mettiti a fianco di quelli che hai benedetto e chiedi: Per carità, Signore, dà un po' di benedizione anche a me! ».
6. Prima, non pochi avevano l’aria di dire: il « ministero » di vescovi e sacerdoti non solo è stato istituito da Gesù Cristo, non solo è importante per la Chiesa, ma talmente importante che nella Chiesa tutto deve passare per il « ministero », e niente si può fare senza di esso. Nei primi tempi della Chiesa accanto al « ministero » hanno funzionato, è vero, i carismi concessi anche a semplici fedeli; ma perché la Chiesa,, come organismo, non s’era ancora fatte le ossa. Ora è diverso; non è più Fora dei carismi, ma della Gerarchia. Cristo non solo si serve della Gerarchia, ma della sola Gerarchia per far progredire la Chiesa e deve — in qualche modo — a sé stesso di non usare altre vie o canali.
Adesso si dice: per aiutare il cammino del Popolo di Dio, Cristo utilizza soprattutto il « servizio » dei vescovi e dei sacerdoti. Soprattutto, ma non esclusivamente. Egli infatti non può rinunciare alla libertà del proprio agire divino. Si riserva di « saltare », quando crede, i Suoi rappresentanti ufficiali e di muovere direttamente le anime per il bene della Chiesa. Anche per far capire ai Suoi rappresentanti, che essi sono soltanto dei « rappresentanti ». Parla la storia; alla base di parecchi « movimenti », che hanno dato slancio alla vita della Chiesa, ci sono spessissimo dei semplici laici, delle donne. Francesco d’Assisi era semplice laico, quando iniziò; così parecchi fondatori e tutte ..le fondatrici di Ordini religiosi.
« Nelle battaglie decisive è spesso dal fronte che partono le iniziative più indovinate » (29).
Lo Spirito Santo « istruisce e dirige (la Chiesa) con doni gerarchici e carismatici » (30). I fedeli onorati di « carismi, anche i più semplici, hanno il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa »... « i sacerdoti devono scoprirli con senso di fede... ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza » (31).
Certo, « fra i doni eccelle quello degli Apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette i carismatici » (32). « I Pastori hanno il compito di « giudicare sulla genuinità e retto uso dei carismi » (33); quindi, se sono « saltati » dallo Spirito, ciò è solo in un primo tempo. Viene il secondo tempo, in cui il dono venuto da Dio, deve venire, come « dono da Dio », proclamato dai Pastori stessi.
7. Prima aveva preso piede la seguente opinione. D’accordo, che il sacerdote deve predicare, ma a quelli che sono già cristiani. I primi contatti, invece, con chi ancora non crede o ha perduto la fede, devono avvenire per mezzo dei laici. La storia di S. Cecilia indica l’iter giusto. Essa, una laica, con la condotta santa e la parola fa intravvedere a Valeriano, lo sposo, e a Tiburzio, il cognato, il « mistero cristiano », fa la preevangelizzazione e annuncia il cherigma; per una catechesi più rifinita e « mistagogica », — se così si può dire — porta, invece, entrambi a Papa Urbano. Missionari propriamente detti dovrebbero per sé essere (coi vescovi) i laici cattolici. I sacerdoti sono missionari in supplenza di laici che mancano e indirettamente, in quanto preparano i laici impegnati all’evangelizzazione dei non credenti.
L’opinione si era rivelata eccitante per i laici « impegnati », ma deprimente sul morale di qualche sacerdote, che cominciava ad avere questo dubbio: Se le cose stanno così, non è meglio esser laici-missionari autentici piuttosto che preti-missionari supplenti o per procura? Oppure, se si abbraccia il sacerdozio, non è meglio lasciare un po’ in disparte il ministero sacramentale e dedicarsi intéri alla « pastorale di avvicinamento del popolo », cercando, incarnandosi in qualche modo in esso, di portarlo da uno stato di paganesimo postcristiano a esperienze almeno di consonanza spirituale e di carità cristiana?
Adesso, i due dubbi sono chiariti.
Il secondo dubbio è dissipato da quanto detto sopra ai n. 4 e dalla recente precisazione di Paolo VI. Il Papa accennava a una « ondata di dubbio, di disagio e di inquietudine » « negli animi di molti sacerdoti »; « ad una problematica molto varia e complessa e disordinata, che facilmente ripudia rispettabilissime abitudini della pietà e del costume ecclesiastico e pone questioni conturbanti sia, di confronto fra lo stato laicale e la vocazione presbiterale... sia di fondo nella finalità primaria del sacerdozio ».
Di fronte a tutto questo è importante « che il clero ritrovi la sua lucidità e il suo equilibrio ». diceva il Papa. E continuava: « bisogna che si accosti con fiducia ai documenti conciliari e alla ” buona tradizione teologica, spirituale e canonica ” dove tutti potranno trovare ” ampia e tranquillante risposta” (34).
Al primo dubbio il Concilio toglie ogni fondamento proclamando la piena « missionarietà » del sacerdote. Il compito missionario che è di tutta la. Chiesa (35). incombe prima di tutto sull’ordine episcopale (36); ora. i sacerdoti,, inseriti nel Collegio Episcopale in un modo loro proprio (vedi sotto n. 10) e partecipi a raggio intero della missione episcopale, non possono non essere missionari. « Siano dunque profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata anche per il servizio delle Missioni »... « organizzeranno la cura pastorale, in modo tale che giovi alla espansione del Vangelo presso i non cristiani » (37).
« Verso tutti, pertanto, sono debitori i Presbiteri, nel senso che a. tutti devono comunicare la verità del Vangelo, la quale posseggono nel Signore. Quindi sia che annuncino il Mistero di Cristo ai non credenti con la predicazione esplicita... in qualunque caso, il loro compito non è dì insegnare una propria sapienza, bensì di insegnare la Parola dì Dio e di invitare tutti insistentemente alla conversione e alla santità » (38)„
« Nelle regioni o negli ambienti non cristiani per mezzo del messaggio evangelico (bandito dai Presbiteri) gli uomini vengono attratti alla fede e ai sacramenti della salvezza » ( 39 ).
« Il dono spirituale che i Presbiteri hanno ricevuto nell’Ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra »... ...ricordino quindi i Presbiteri che ad essi incombe la sollecitudine di tutte le chiese. Pertanto, i Presbiteri di quelle diocesi che hanno maggior abbondanza di vocazioni, si mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il consenso o l’invito del proprio Ordinario, in quelle regioni, missioni o opere che soffrano la scarsezza di clero » (40).
« I sacerdoti indigeni attendano con molto zelo all’opera di evangelizzazione nelle nuove chiese, ciò non solo per pascere i propri fedeli e per celebrare il culto divino, ma anche per predicare il Vangelo a coloro che ne stanno fuori. Perciò dimostrino prontezza e, all’occasione, si offrano generosamente al proprio Vescovo, per iniziare l’attività missionaria nelle zone più lontane ed abbandonate della propria diocesi o anche in altre diocesi » (41).
8. Prima si era molto insistito sul sacerdote messo a parte (« segregatus ») alla maniera degli antichi leviti. Funzionava un concetto abissale della Maestà divina e il sacerdote vi si prostrava avanti. Prevaleva, altissimo, il teocentrismo e il sacerdote vi veniva quasi assorbito.
Parecchi di Voi hanno presente la seguente descrizione di Tronson: « Nel cielo Egli (Dio) ha collocato gli Angeli, perché si tengano in riverenza, in rispetto, in lodi'continue davanti la Sua grandezza; loro cura principale è di adorare Dio in sé stesso, senza considerare i grandi beni eh’essi ricevono da Lui.
Il medesimo posto che gli Angeli occupano nel rendere culto a Dio nel cielo, gli ecclesiastici l’occupano nel culto di Gesù Cristo sulla terra... per questo essi sono disimpegnati da ogni altra occupazione e runico impiego che si dà loro sono i voti, le adorazioni, i sacrifici e le lodi... Il chierico deve esser cieco nei confronti di questo mondo, senza perder tempo a considerarne le bellezze e rarità; egli deve esser sordo alle notizie del mondo, pestandone coi piedi tutte le pompe, condannandone tutti gli artifici » (42).
Adesso il sacerdote è visto volentieri, l’abbiamo già visto, vicino ai fedeli. La maestà di Dio e il Teocentrismo restano verissimi, ma si guarda anche a Gesù Cristo esemplare del sacerdote come Salvatore Pastore, Pedagogo delle anime. Segregati in seno al Popolo di Dio? Si, in certo qual modo… « ma non per rimanere separati da questo stesso Popolo o da qualsiasi uomo, bensì per consacrarsi interamente all’opera per la quale li ha assunti il Signore » (43).
Viene citata la lettera agli Ebrei (44) per concludere: (i Presbiteri) « vivono quindi in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli » (45). Gesù « dimorò presso di noi e volle in ogni cosa essere uguale ai suoi fratelli, eccetto che per il peccato »; così devono fare i Presbiteri (46). «Paolo... dichiara di essersi fatto tutto per tutti, allo scopo di salvare tutti» (47). Così dovrebbero dichiarare i Presbiteri... «Da una parte essi non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena: ma. d’altra parte, non potrebbero nemmeno servire gli uomini, se si estraniassero dalla loro vita e dai loro ambiente » (48). « I Pastori tutti... con lo studio assiduo si rendano abili a sostenere la loro parte nel dialogo col mondo e con gli uomini di qualsiasi opinione » (49).
« E’ compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita familiare e coniugale con i vari mezzi pastorali... perché si formino famiglie risplendenti dì serenità luminosa » (50).
Il succo di tutto questo non è solo: « Vivete a contatto degli uomini », ma « vivete vicini agli uomini per poter adempiere bene il vostro- ministero ».
Si indica ai sacerdoti la via dell’ottimismo piuttosto che del pessimismo: « grazie ai rapporti di amicizia e di fraternità fra di loro e con gli altri uomini,, i Presbiteri sono in grado di imparare ad avere stima per i valori umani e di apprezzare i beni creati come doni di Dio » (51).
Questa visione umana e ottimistica guida anche la educazione dei futuri sacerdoti.
Nei Seminari minori gli alunni « conducano un tenore di vita conveniente all’età, allo spirito e allo sviluppo degli adolescenti, e in piena armonia con le norme della sana psicologia, senza trascurare una congrua esperienza delle cose umane ed i rapporti colla propria famiglia » (52)... « si coltivi anche la necessaria maturità umana... imparino a stimare quelle virtù che sono tenute in gran conto fra gli uomini e rendono accetto il ministero di Cristo » (53)... « le discipline filosofiche si insegnino in maniera che gli alunni siano anzitutto guidati all’acquisto di una solida ed armonica conoscenza dell'uomo, del mondo e di Dio... in modo che, provvisti di una adeguata conoscenza della mentalità moderna, essi possano opportunamente prepararsi al dialogo con gli uomini del loro tempo » (54).
Tutti dunque d’accordo che il sacerdote deve incontrare gli uomini. Tutti d’accordo che li deve incontrare da sacerdote, cioè con limiti, entro certi confini.
Ma dov’è il limite, il confine giusto, davanti a cui fermarsi? Difficile fissarlo, in tanta varietà di bisogni, di situazioni, di circostanze storiche e ambientali.
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(14) 1 Petr. 2, 5-10; Avoc, L 5-6.
(15) LG, 10 (312).
(16) LG, 11 (313-314).
(17) LG, 34 (372); AA, 3 (918); AG, 15 (1126); PO, 2, (1244).
(18) LG, 11 (313).
(19) LG, 10 (312).
(20) LG, 28 ( 354); PO, 2 (1246), 6 (1257) e 12 (1282).
(21) PO, 2 (1247).
(22) LG, 32 (366).
(23) LG, 32 (367).
(24) PO, 9 (1272).
(25) PO, 9 (1271).
(26) LG, 37 (385).
(27) PO, 9 (1271).
(28) LG, 32 (387).
(29) PIO XII citato in LG, 37 nota 7.
(30) LG, 4 (287).
(31) AA, 3 (921).
(32) LG, 7 (298).
(33) AA, 3 (921).
(34) Osservatore Romano, 10-9-1966.
(35) AG, 5 (1096) e 21 (1167).
(36) AG, 6 (1098),
(37) AG, 39 (1227-1228),
(38) PO, 4 (1250),
(39) PO, 4 (1251).
(40) PO, 10 (1277).
(41) AG, 20 (1157).
(42) TRONSON, Traité des saints ordres, publié par Monsieur Tronson, selon les écrits et l’esprit de Jean - Jacques Olier, Paris, La Colombe, 1953, p. 119.
(43) PO, 3 (1249).
(44) Hebr5, 1.
(45) PO, 3' (1249).
(46) PO, 3 (1249),
(47) PO, 3 (1249).
(48) PO, 3 (1249).
(49) GS, 43 (1458)
(50) GS, 52 (1489).
(51) PO, 17 (1299).
(52) OT, 3 (778).
(53) OT, 11 (795).
(54) OT, 15 (802).