Il lebbroso era considerato praticamente un bambino nato morto dice il libro dei Numeri o il Secondo dei Re. Nel Midrash halachico, la lebbra è presentata come castigo della giustizia di Dio, conseguenza di un peccato che solo tale punizione poteva soddisfare. E che poteva riferirsi a moltissime generazioni indietro.
Questo lebbroso viene verso Gesù rischiando la morte. Invece di gridare di allontanarsi perché è impuro, come prescriveva la legge, lui chiede di essere reso mondo. Certamente ha la certezza che se vuole può guarirlo e che “Tu padrone della forza giudichi con mitezza, ci governi con molta indulgenza perché il poter fare è alla tua portata quando vuoi” (Sap 12,18).
Sa molto bene dall’Antico Testamento che quando Dio stende la sua destra colpisce, ma nella sua mitezza può usare il suo braccio per purificarlo, anche se si trova fuori dalla legge. E Cristo risponde: “Sì, lo voglio” (Mc 1,41). Cosa vuole Cristo? Che nessuno di questi sia perduto, vuole attirare tutti a sé. E poi fa un gesto che di per sé non era necessario, perché Lui ha guarito spesso solo con la parola. Qui lo tocca, in una evidente provocazione, adesso anche lui è impuro (cf Lv 5).
Ma Lui lo tocca perché la distanza che si era creata era assoluta (cf 2Re 5; Lv 13,45), e il fatto di toccarlo lo rende già condannato dalla legge. Ed è infatti per la legge – da cui è venuto a riscattarci (cf Gal 4,5) - che lui dovrà morire (cf Gv 19,7). Lui ha preso il posto del peccatore, si trova nei luoghi deserti, lontano dalla gente, proprio come i lebbrosi e succede che tutti vanno da Lui nel luogo del peccato, dove sono i peccatori. Ma quando Cristo prende il posto del peccato e del peccatore attira tutti a sé: “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Lui che non conosceva peccato Dio lo trattò da peccato in nostro favore perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio (cf 2Cor 5,21). Un capovolgimento totale, non è il peccatore che con la sua malattia soddisfa la giustizia di Dio, ma è Dio che assume il peccato dell’uomo e la sua condizione per unirlo a sé.
Manda il lebbroso a dare testimonianza ai sacerdoti (cf Mc 1,44) innanzitutto perché come tali dovrebbero dedurre che siccome la lebbra è guarita solo da Dio, allora Cristo che lo ha guarito è Dio. E poi per dire che Dio non è affatto così come loro insegnano: Dio non mette addosso pesi per fare stare uno peggio di come sta.
Da questo lui chiede la purificazione, cioè chiede di essere ammesso alla presenza di Dio, di essere guarito ovvero che gli sia tolto il peccato che sta a monte del disastro nel quale si trova a vivere secondo la loro convinzione religiosa.
E non può tacere, Cristo si agita – embrimesamenos in greco – dicendogli di non dirlo a nessuno perché sa che non comprenderanno e fraintenderanno prendendolo per un taumaturgo, ma il lebbroso non può non proclamare ton logon, cioè, in questo caso, il messaggio di questo evento che è successo. Non può non dire che Dio agisce secondo un verbo importante, splagchnizomai (cf Mc 1,41), che rimanda alle viscere/splagchnon. Chi è fragile, è debole, è escluso, su di lui si versa un amore viscerale, un amore passionale di Dio. Cioè questo è il messaggio: Dio è vicino a tutti quelli che stanno male. Non solo è vicino, ma ha un amore passionale, viscerale, simile ad una madre che si commuove per il male in cui si può trovare il figlio.
E siccome Lui è il Figlio di Dio fattosi uomo, tutti quelli che desiderano Lui li accoglie come se fosse una forza che li risucchia. Nell’accoglienza del peccato, lì si compie la divinoumanità di Cristo. Lì si arriva a questa dinamica di adesione, dove Lui abita il peccatore. È la divinità che accoglie l’umanità ferita, cioè messa male come un lebbroso ma desiderosa di essere purificata. L’umanità che non deve essere già a posto per avvicinarsi a Dio ma che desidera che il Signore la accolga, che desidera poterlo accogliere. È semplicemente una invocazione, noi siamo sotto una pioggia di questo amore viscerale di Dio.
In tutto il vangelo si oppongono quelli che pensano che ce la fanno e in tutto il vangelo Cristo è circondato da quelli che non ce la fanno e ammettono che non ce la possono fare e che sono a terra.
E allora è veramente un capovolgimento all’inizio del vangelo di Marco per fare vedere che il regno di Dio è vicino.
P. Marko Ivan Rupnik