Solennità del Natale del Signore - Messa della Notte

Lc 2, 1-14

Congregatio pro Clericis

Il Vangelo di Luca, che leggiamo questa notte, ci introduce storicamente nella nascita di Cristo. Il primo nome menzionato è quello di Cesare Augusto, la persona più importante di quel tempo, che si faceva chiamare divino e addirittura soter tou kosmou, salvatore del mondo. Ma l’elenco dei personaggi, in Luca, finisce con il Bambino Gesù, in un posto sperduto e insignificante del mondo. Qui si nasconde un profondo significato spirituale e teologico. Un mondo antico sta morendo, sta con la mentalità generata dal peccato che induce l’uomo a volersi fare grande e potente secondo le categorie di questo mondo, cioè del dominio. L’uomo vuole farsi come Dio, già che di Lui ha una idea di dominatore onnipotente. A chi ha grandi possibilità, viene più facile pensare alla propria riuscita nell’ottica della potenza, ma, anche nel piccolo, ogni uomo vede questa mentalità far breccia. Ma è totalmente inutile che l’uomo faccia assalto a Dio, alla sua gloria. È autodistruttivo pensare di diventare come Dio, di salvare se stessi e il mondo. Perché mai nessun uomo si è fatto Dio. Dio, invece, si è fatto uomo e si è fatto uomo in un Bambino, in un luogo appartato e povero, proprio per cominciare un’era nuova dell’umanità vissuta da Dio. Non più l’io che vuole affermarsi ma un uomo che è Figlio di Dio. Comincia lì, in quella notte, in quella precarietà umana una nuova umanità secondo Dio. E questo Bambino è veramente di Dio e Salvatore del mondo.

I primi testimoni, anzi destinatari di questa buona notizia del mondo nuovo, della vita nuova sono i pastori che in quel tempo erano la parte più disprezzata della società, chiamati uomini con voce di cane, il nulla che appare nel deserto; essi erano considerati una specie di bestiame, perciò incapaci di vivere la Torah e dunque fuori dalle promesse. Perciò quando sentono l’annuncio che è nato il Messia sentono un un grande spavento – perché secondo i profeti quello sarà un giorno grande e terribile tanto più per quelli che non vivono la legge di Mosè – ma la prima grande scoperta è che proprio per loro è nato il Messia. E che non fa paura ma tenerezza, è un Bambino.

Israele ormai si vergogna della propria storia, quando molti erano pastori, ma Dio proprio con quel popolo di pastori ha fatto l’alleanza. A questo patto Egli è fedele e perciò i primi ad accogliere il Messia sono proprio i pastori. Spiritualmente è importante sapere quali erano le prime ispirazioni nei nostri cuori perché Dio rimane fedele alle origini.

Luca in questo secondo capitolo chiama il Bambino in tre modi diversi: al v. 12 si parla di un neonato, brefos; al v. 27 di paidion che è già un fanciullo; e al v. 43 di pais,  o ragazzo che può essere inteso anche servo. Infatti si tratta di Dio che nasce, che vive da Figlio rivelando il Padre, ci consegna l’immagine del Servo di Yahweh come Salvatore e all’ora della morte un pagano lo ha riconosciuto Figlio di Dio. In questa notte si toccano due grandi misteri, che riguardano l’uomo e Dio, che riguardano ognuno di noi. Il Natale e la Pasqua.  Non è secondo la natura di Dio nascere come un bambino umano e non è secondo la natura umana risuscitare dai morti. Questo è il dono come reale possibilità per ognuno di noi, il dono del Padre nella Persona di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.

di P. Marko Ivan Rupnik S.I.