Mentre nelle donne che hanno accolto e riconosciuto il Signore si compie un'accoglienza che rimane anche dopo la Sua morte, quelli che hanno sempre resistito – e tutto il vangelo ci parla di loro –continuano a resistere anche dopo la sua morte: l’accoglienza arriva al compimento della vita eterna, la resistenza rimane nella solitudine della tomba e porta a ragionare solo su come custodire la morte.
Oggi vediamo Tommaso che a prima vista sembra resistere ma non è affatto vero, altrimenti questo vangelo non sarebbe letto all’ottavo giorno dell’ottavo giorno, giornata in cui per la prima volta i catecumeni partecipavano alla santa eucarestia. Questo costato di Cristo davanti a Tommaso è come il parto dell’umanità nuova. Come una volta dal costato di Adamo fu creata Eva, così ora dal costato di Cristo la nuova umanità, la Chiesa. Gregorio di Nissa in una sua Omelia pasquale dice che qui è apparsa un’altra generazione, un’altra vita, un’altra maniera di vivere la nostra natura. Proprio qui si inserisce Tommaso che non è una figura strana, ma piuttosto una figura straordinaria. Lui amava così tanto il Signore da esprimere il desiderio di morire non per il Signore ma con il Signore (cf Gv 11,16). Lui certamente non era uno spaventato, tanto è vero che se questi sono chiusi per la paura lui era assente, era fuori. E se la comunità ripeteva “Abbiamo visto il Signore!” (Gv 20, 25), Tommaso alla fine dirà “Mio Signore”.
Tommaso, come dicono alcuni esegeti non era incredulo nel senso del non credente, ma quello che era successo gli sembrava troppo grande. Per lui amore era partecipare con l'altro nella morte e non gli pareva possibile che amare l'altro significasse passare la morte. Questo è quello che vuole verificare, se davvero l’amore passa la morte. Questa è l'esperienza che vuole fare. Che la mano di Colui che ha detto che nessuno mai gli sarà strappato è quella stessa mano inchiodata, trafitta. Che quella è la mano di Colui che rimane fedele. Che la mano che lui ha visto fare del bene agli uomini, il costato che testimonia il dono di sé, sono proprio del Signore. Quando sente la voce che gli parla non ha più bisogno di alcuna verifica. Confessa la sua adesione. E completa così il cammino della fede nel Vangelo di Giovanni “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28).
La confessione di Tommaso fa vedere l'unità tra il corpo di morte e il corpo di gloria. Qui la confessione di Tommaso si congiunge con l'accoglienza delle donne. Il mistero della vera accoglienza è che ogni accoglienza rimanda oltre se stessa. Con l'accoglienza si entra nel mondo relazionale che non finisce nell'accoglienza del Figlio, ma si dischiude allo stupore dell'amore del Padre che non lascia putrefare nella morte.
P. Marko Ivan Rupnik