Quarta Domenica di Avvento - Anno A

Congregatio pro Clericis

La profezia che Isaia fa sul re Acaz va a colpire la sua ambizione, il suo desiderio di gloria, di un'alleanza potente che lo renderebbe capo indiscusso del suo popolo. Acaz non vuole entrare nell'alleanza contro gli Assiri insieme ai popoli vicini come il Regno del Nord, perché ha già patteggiato di nascosto con loro, per un suo tornaconto. Davanti ai calcoli che Acaz fa senza considerare Dio, la parola del profeta è molto chiara: gli dice di chiedere un segno perché Dio sta per intervenire. Ma proprio di questo il re ha paura, e risponde religiosamente di non voler tentare Dio; in realtà quel segno non lo vuole perché è certo che non avallerebbe il suo piano, i suoi progetti. Teme di dover rinunciare agli accordi già fatti, di vedere che i suoi pensieri sono resi vani, e che non si realizzerà nulla di ciò che la sua mente ha tessuto. Appare  immediatamente che Acaz sta in lotta con Dio, che lo percepisce come un rivale, come colui che impedirà che si realizzi quanto lui desidera. Un’aperta conflittualità tra la mentalità del re e quella di Dio che arriva fino a rendere evidente che difendendo se stesso, non aprendosi a Lui e intestardendosi nelle proprie posizioni, finirà per provocare un male anche per quelli che stanno intorno. E per Acaz questo significherà una grande sofferenza inflitta al popolo.

Ma la mentalità del re è legata all'amore per la propria volontà, la mentalità di Dio alla relazione che apre e salva. È più facile legarsi a una religione di sacrifici che gestisco io - e Acaz è arrivato a sacrificare il suo stesso figlio - piuttosto che a un Dio che entra nella storia, che è il Dio con noi. È proprio questo “Dio con noi” che Acaz non vuole. E qui continua la profezia di Isaia, che proclama che il segno sarà proprio quello della Vergine che partorirà un figlio e sarà chiamato Emmanuele, “Dio con noi”. Dio dell’unità, dell’unione, dell’amore tra Dio e l'uomo e non la conflittualità di letture della storia, tra quella che faccio io e l’altra che io dovrei “subire” da Dio. Ma il Signore della storia è Dio!

Qui si innesta la storia di Giuseppe. Anche lui ha un progetto. Con Maria erano già verso la seconda fase del matrimonio ebraico, nell'anno che preparava al momento in cui l'uomo metteva il mantello della preghiera sopra la Sposa e la prendeva con sé, a casa sua. In questo anno avvengono dei fatti che contrastano totalmente con quello che Giuseppe poteva avere in mente. E poi avvengono altri eventi che ancora contrastano con quello che gli viene in mente di fare per risolvere la situazione. Ma lui accoglie…

In dialogo, con un'apertura docile che sarà motivo di salvezza per lui e per molti. La parola del Signore, che gli dice di non temere, la legge nella chiave della relazione con Maria; l'amore dunque come chiave della conoscenza di Dio, che si rivela come salvezza. Dio si fa sentire e si spiega. La storia si spiega perché viene vissuta passo per passo in dialogo all’interno dell’amore, della relazione. Lui non va a cercare altrove le soluzioni, non cerca aiuti umani come Acaz. Perciò il vero frutto è veramente Dio che salva: Gesù Cristo. La relazione tra Maria e il suo sposo diventa luogo della manifestazione di Cristo anche grazie a Giuseppe. E lui sarà il primo che darà il nome al Figlio di Dio: “Tu lo chiamerai Gesù".

di P. Marko Ivan Rupnik S.I.