Domenica di Pasqua – Anno A

Congregatio pro Clericis

Secondo l’evangelista Giovanni è Maria di Magdala la prima a scoprire che la tomba è aperta. Non c’è più logica conclusione, se non quella di pensare che qualcuno sia venuto e abbia portato via il corpo. Maria corre da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, designato dalla tradizione come San Giovanni, per informarli. I due senza indugio corrono verso la tomba. A questo punto la nostra attenzione si sposta sui verbi che l’evangelista usa per indicare il “vedere”.

Maria guarda la tomba ed è usato blepo. Cioè guardare e constatare. Stesso termine anche per Giovanni quando arriva al sepolcro e si china per vedere. Maria ha constatato che la pietra è rotolata via e Giovanni che nella tomba non c’è più il corpo. Arriva Pietro, entra nella tomba e osserva. E questo è il termine theoreo che indica il contemplare, ossia considerare fino a dedurre con chiarezza un fatto. È il riconoscimento che le cose o le persone rivelano qualcosa, dicono un messaggio. Cosa ha concluso Pietro? Che non è possibile che qualcuno abbia portato via il corpo. Perché le bende, che Pietro certamente riconosce appartenenti alla persona che vi era stata avvolta, sono lì tutte sistemate. Questo fatto faceva spiegare già a Crisostomo che si sarebbe dovuto trattare di ladri molto particolari per sciogliere il corpo dalle bende e rimetterle di nuovo in ordine.

A questo punto entra anche Giovanni e lui “vide e credette”.  Qui il verbo è orao. E questo è vedere il senso, vedere oltre il fatto. Vedere il contenuto, l’evento. Per questo si aggiunge il verbo credere. Vide e credette perché lui coglie che sta davanti a un grande mistero. È il mistero dello stesso Signore che fu avvolto in quelle bende. Il Signore non è stato portato via perché le bende sono rimaste come quando avvolgevano il corpo, ma afflosciate. Il mistero poteva indicare o alludere a una grossa trasformazione del corpo, come se passasse da una fisicità voluminosa a un altro modo di esistere.

L’antica tradizione insisteva molto, sant’Efrem il Siro ad esempio, sul fatto che Cristo non era uscito dalla tomba: l’angelo aveva rotolato via la pietra per gli uomini, affinché fosse per noi chiaro che Cristo era entrato nella tomba - perché quello era per lui l’ingresso nell’impero dei morti – per recuperare Adamo morto e portarlo nel santuario vero, dove dimora il Padre. La morte era per lui un passaggio, attraverso il velo che fu squarciato. Lui si è donato con la sua morte perché ha compiuto la volontà del Padre. Per questo il Padre lo ha risuscitato e con questo si è aperta per l’umanità la via nel santuario. Solo l’umanità di Cristo risorto può entrare nel vero santuario. Cristo è entrato nel mondo verginalmente e verginalmente è passato da questo mondo al Santuario del Padre. Infatti si parlerà delle apparizioni di Cristo risorto e Luca negli Atti precisa che appare vivo e parla con loro del Regno di Dio dove lui ha portato l’umanità risorta. Spiritualmente questo è estremamente importante, sapere che l’umanità vissuta da figlio di Dio, vissuta come dono dell’amore vive la morte come una specie di parto, come il vero passaggio nel Regno. Non immaginiamo più un Cristo che si innalza dalla tomba uscendo dalla tomba, ma contempliamo la nostra umanità che nella pasqua di Cristo passa al Padre. La nostra vita, vissuta qui, ha comunque il suo epicentro nell’umanità di Cristo risorto. Per questo il cristiano è attento a vivere nell’amore, avvolgere con amore l’umanità, per custodirla in Cristo Gesù, il Risorto.

 

P. Marko Ivan Rupnik