Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria

Sir 3, 2-6. 12-14; Sal.127; Col 3, 12-21; Mt 2, 13-15. 19-23.

Congregatio pro Clericis

«L’ombra delle tue mani,

padre,

è come una nave

che transita sul mio corpo,

che è terra,

terra sfinita».

Alda Merini

 

Gratuità e distanza

Diventare genitore non è mai stato facile. Significa lasciarsi espropriare dalla propria esistenza, non essere più centrati su se stessi. Si diventa genitori quando si è capaci di donare la vita a qualcuno, senza pretendere di diventarne padroni. È lo spazio della gratuità. Per questo si diventa genitori non soltanto o non semplicemente quando si concepisce un figlio, ma si diventa genitori quando si dà la vita per qualcuno, lasciando che scelga la strada da percorrere. Si diventa genitori quando si è disposti a vedere un figlio, mentre percorre una strada che non è quella immaginata.

Genitore è chi non è ossessionato dal tentativo di produrre una propria fotocopia che si distenda nel tempo. Non è genitore chi pretende di manipolare la vita affinché gli dia soddisfazione. Come Maria, ogni genitore viene attraversato da una spada, quella spada che chiede di mettere una distanza. La relazione tra un genitore e un figlio è sana quando non diventa fusione, ma accetta la separazione inevitabile. Quella separazione necessaria, che avviene nel taglio del cordone ombelicale, si deve poi realizzare nuovamente nello sviluppo della vita.

 

La crisi della paternità

La nostra cultura, lo sappiamo, attraversa una crisi di paternità. Non ci sono più padri. Non ci sono più coloro che accettano di morire affinché il figlio possa vivere. Se i padri sono aggrappati alla loro giovinezza, diventano come quel Re Laio che impediva a Edipo, non riconosciuto come figlio, di passare nella strettoia della strada prima di lui. Oggi ci sono sempre più padri adolescenti, che subiscono il ricatto affettivo dei figli: hanno non la tentazione di abbandonare, ma la paura di essere abbandonati. Ci sono padri che occupano tutta la scena, relegando i figli a figure di contorno o trofei da esibire.

 

Giuseppe, padre che ascolta Dio

Il Vangelo di Matteo ci presenta invece la figura di Giuseppe come colui che è pienamente coinvolto nel compito di proteggere e difendere la vita del figlio. In pochi versetti, Matteo rievoca tre appelli che Dio rivolge a Giuseppe nel sogno. È il segno di una relazione profonda tra Dio e quest’uomo. Giuseppe è continuamente in ascolto di Dio. Non interpreta il figlio come sua proprietà, ma se ne prende cura come un dono che Dio ha consegnato nelle sue mani. Giuseppe è talmente preoccupato di ascoltare Dio che nel Vangelo non parla mai. Ascolta Dio e agisce.

 

Il Salvatore salvato

Giuseppe si alza nella notte, sa che deve affrontare l’oscurità della vita del figlio. C’è un futuro sempre incerto, una vita da costruire. Non ci sono garanzie o certezze. Si diventa genitori quando non si fanno più calcoli, si dona la vita e basta, perché è proprio in quell’atto di generosità che si incontra la pienezza. Anche Giuseppe deve affrontare la notte della vita di Gesù, non sa dove porterà quella strada, ma per ora l’unica cosa che conta è difendere la vita del Figlio. Attraverso Giuseppe, Dio ci fa incontrare il paradosso del Salvatore salvato: nella sua umiltà e nel suo amore per l’umanità, Dio si lascia salvare dall’uomo per preparare la salvezza dell’uomo da parte di Dio.

 

Le paure di un padre

Giuseppe è raccontato da Matteo anche con le sue paure: torna nella terra di Israele, come Dio gli ha indicato, ma viene a sapere che il figlio di Erode ha preso il posto del padre. Anche il potere si riproduce. Giuseppe non è né ingenuo né idealista, vede la realtà e si interroga. Solo il dialogo e la fiducia in Dio gli permettono di affrontare una realtà che non sembra rassicurante.

 

Modi diversi di essere padre

Così come Giuseppe è modello del padre, Erode è il modello di colui che non riesce a diventare adulto. Erode cerca il bambino per ucciderlo. Erode vede nel bambino l’antagonista, colui che può portargli via il potere. L’interesse di Erode è una finzione, vuole manipolare la realtà solo per assicurarsi il suo potere.

Anche nel nostro tempo l’antitesi tra Giuseppe ed Erode si ripropone, sono modelli diversi e antagonisti di essere padre. Uno dei grandi passaggi che stiamo vivendo si gioca oggi su questa alternativa. Si tratta di scegliere quale modello di adulto vogliamo proporre, ma si tratta anche di decidere quale modello formativo, sia nella vita ecclesiale, ma anche nella realtà politica e sociale, vogliamo presentare: quello del padre adulto come Giuseppe o quella del potente adolescente manipolatore come Erode. E la risposta non è così scontata.

 

Leggersi dentro

- La famiglia è spesso luogo di tensioni e di conflitti: cosa stai facendo per prenderti curare delle relazioni familiari?

- In che modo tieni conto del tuo dialogo con Dio nell’educazione di tuo figlio?

 

P. Gaetano Piccolo S.I.

Compagnia di Gesù (Societas Iesu)