III Domenica di Quaresima – Anno A

Gv 4,5-42

Congregatio pro Clericis

In un testo multistrato come quello del vangelo di oggi, pieno di rimandi e significati, tra le varie possibilità di lettura scegliamo l’approccio sponsale, di Cristo come vero sposo, come lo presenta il Battista subito all’inizio del Vangelo di Giovanni.

Si dice qui che Cristo “doveva” passare per la Samaria: perchè? Qui certamente c'è il pozzo di Giacobbe, Sichem, in aramaico Sicar; qui c'è la tomba di Giuseppe, il figlio più amato; ma la strada non passava necessariamente di là perché poteva attraversare, invece, la valle del Giordano. Il “doveva” rimanda perciò, piuttosto, a un suo progetto, a una intenzione precisa. E lo stesso per la donna che va a prendere l'acqua a un'ora improbabile e in un posto che la costringe a bypassare altri due pozzi, peraltro famosissimi e ancora esistenti, dove avrebbe potuto attingere con più facilità.

In tutto ciò, l’evangelista ci fa vedere che quello che doveva succedere era esattamente l'incontro tra il vero Sposo e la sua Sposa. Cristo è stanco, è assetato e ci ricorda Mosè al quale il popolo chiede da bere (Es 17,2). Adesso è Dio a essere “stanco”, stanco delle idolatrie dell'uomo, delle sue fissazioni, del suo arrangiarsi. Non ce la fa più e chiede ospitalità, accoglienza. E allora vediamo proprio ciò che constata Giovanni all’inizio del suo vangelo: l’Incarnazione del Verbo, del Logos, del Figlio di Dio.  “È venuto tra i suoi e non l’hanno accolto” (Gv 1,11).

Gesù al pozzo di Giacobbe chiede accoglienza a una samaritana, appartenente perciò a un popolo disprezzato, totalmente reietto dal Regno di Giuda. E lo chiede a mezzogiorno, che nel vangelo di Giovanni è il momento in cui Pilato presenta Cristo: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5.14). È proprio questo rapporto divino-umano che si sta compiendo in questo passaggio. Dio non ce la fa più senza l’uomo, l’uomo si crea i suoi dei ma Dio si rivolge agli erranti, ai peccatori, rifiutati, adulteri, ai samaritani. Dio ama l’umanità così come è, adultera, rifiutata, Dio si manifesta come questo amore, perciò sta lì.

Quando Gesù dice alla donna di tornare con il suo sposo lei deve ammettere di non averlo. E Gesù le conferma di sapere bene che ha avuto cinque amanti ma non ha uno sposo. Lo Sposo sta lì, ora, davanti a lei. 

E questo non ci rimanda a un giudizio morale su questa donna, ma, piuttosto a 2Re 17, 24ss dove si legge che gli israeliti si sono messi  ad adorare le divinità di cinque popoli e che il re di Assiria ha mandato ad occupare le città di Samaria. Ecco il significato di aver avuto cinque amanti: è il popolo che si è prostituito, ha tradito Dio cinque volte con cinque diversi dei. È infedele. Continuamente qualcosa sostituisce il Dio vero, qualche cosa diventa più importante di Dio. E spesso non per una esplicita volontà, ma semplicemente non ci si accorge quando si diventa simili agli altri, perché è la condivisione del vissuto che opera questo scambio. Il lavoro, le vacanze, le cose che si leggono, che si ascoltano, tutto è fatto come lo fa il mondo e non ci si accorge di quanto Dio non è più al primo posto, ad un tratto la fede è una cosa decorativa, non è più il perno portante nella vita. Ad un tratto cominciamo a pensare in modo idolatra, pensano cioè che qualche altra cosa è più importante, qualche altro amore è al primo posto.

Ma in Gesù Cristo l’umanità ha trovato l’unione definitiva, l’umano e il divino sono uniti in un amore definitivo nel Figlio di Dio.

Il vangelo di oggi ci fa vedere in che cosa noi possiamo veramente vivere questa apertura dell’umano a Dio in Gesù Cristo, l’apertura a Dio di tutto ciò che è l’uomo. Noi cerchiamo lo Sposo, noi cerchiamo l’altro del nostro amore. E Dio non tarda mai al pozzo, è già lì ad aspettare, vuole andare lì e fermarsi per incontrarci. La sua fedeltà è la sete inesauribile della nostra accoglienza.

 

P. Marko Ivan Rupnik