Eminenza, Eccellenze,
Distinti e cari partecipanti a questo Convegno Internazionale,
permettetemi anzitutto di esprimere la mia gratitudine per la possibilità di partecipare e di condividere con voi questo momento; vorrei farlo con tanta modestia: solamente da un anno servo come vescovo e la riflessione sul tema richiestomi - i “Compiti vocazionali dei Pastori” – mi sembra tanto alta, e io inadeguato.
Tutti noi ben conosciamo il nostro dovere al riguardo, ma è forse utile in questa occasione ricordare ciò che è già conosciuto e ci viene richiesto, per interiorizzarlo e confermarci nella nostra missione.
Vorrei soffermarmi anzitutto sui vescovi, in quanto primi responsabili della pastorale vocazionale e in seguito in particolare sui presbiteri.
1. Il Vescovo pastore delle vocazioni
L’immagine biblica di Cristo, buon pastore che conosce le sue pecore, le chiama una per una, le guida verso i pascoli verdi con lo sguardo vigile su chi c’è nell’ovile e si preoccupa per chi manca, ci ricorda il dovere di confermare nella fede i fratelli per diverse strade.[1]
L’animazione della pastorale che si dedica alle vocazioni sacerdotali compete al vescovo, che è chiamato a suscitare e a coordinare la collaborazione di tutta la Chiesa che gli è stata affidata.[2] Da quest’affermazione di Pastores Dabo Vobis deriva che la prima preoccupazione del vescovo deve essere quella di integrare pienamente la dimensione vocazionale nella vita della Chiesa, poiché è da questa che nascono e maturano le vocazioni sacerdotali.
Guardando al suo gregge come a una famiglia, il vescovo è un padre che la segue e si preoccupa per la sua esistenza, per garantire un numero sufficiente di pastori e ministri. Per ottenere un numero adeguato di vocazioni al ministero sacerdotale occorre “istruire tutti i fedeli circa l’importanza del sacro ministero”,[3] indispensabile per il servizio necessario a edificare il Popolo di Dio.
Nello svolgere il compito di pastore, il vescovo non è ovviamente solo e i suoi collaboratori più diretti sono i sacerdoti, i religiosi, i laici, anzitutto i genitori, i maestri, i movimenti o le associazioni dei fedeli.[4] Tutti devono fare la loro parte, ma è ovvio che difficilmente ciò avverrà se il vescovo, per primo, non farà la sua. Di questo siamo tutti profondamente convinti, perché la comunità cristiana, che oggi si trova spesso perplessa o rassegnata riguardo alle vocazioni, attende soprattutto dal vescovo idee chiare, ma ancor prima esempio di vita, stimolo e sostegno che scaturiscono da una reale paternità pastorale.
[1] Cf. Gv 10,16.
[2] Cf. Pastores dabo vobis, 41.
[3] Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, 91.
[4] Cf. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 8.